Van Gogh

La mostra a Roma, a Palazzo Bonaparte, sarà aperta fino al 23 marzo 2023.

Con il mese di dicembre si conclude un anno complicato a livello mondiale. Il 2022 doveva prevedere una ripresa, l’uscita dall’incubo della pandemia e dalle conseguenze e ricadute sulla vita quotidiana con le difficoltà lavorative, economiche, sanitarie e quant’altro. Invece, come un’incombente minaccia  e purtroppo terribile realtà l’umanità sta affrontando tutte le  problematiche, le devastazioni ed i massacri di una guerra, che non sembra volgere al termine.  L’auspicio è di superare al più presto ogni ostacolo per un inizio di rinascita concreta. Nel frattempo, è reale l’esigenza di trascorrere qualche momento di serenità e di pace in compagnia o in solitudine per cogliere gli aspetti esistenziali migliori, lasciando spazio e tempo all’immaginazione ed alla fantasia nella contemplazione di opere espresse e realizzate da artisti, che risvegliano la necessità di comprendere il mondo interiore attraverso l’emozione del colore, dell’immagine, della parola. Buon Natale! (La Redazione)

Van Gogh

La mostra a Roma, a Palazzo Bonaparte, sarà aperta fino al 23 marzo 2023.

Van Gogh, Autoritratto. Foto da Google Art Project

Seguire la strada artistica di Vincent Willem Van Gogh significa davvero camminare al suo fianco, respirare quasi con lui, anche grazie alla dovizia di lettere che ci ha lasciato.

Nella sua breve vita egli scrisse centinaia di lettere, specialmente al fratello Theo, suo mentore, suo supporto, suo vero amico e pigmalione.

Oltre alle sue opere artistiche, abbiamo dunque un vero patrimonio epistolare a corredo della vita di Vincent.

Emergono qui abbondantemente i moti della sua anima, si dischiudono le pieghe più profonde del suo pensiero e della sua vita interiore.

Due segmenti

La biografia di Van Gogh, nato nel 1853 a Zundert, in Olanda e morto suicida a soli 37 anni, nel 1890 ad Auvers sur Oise, vicino a Parigi, si può dividere in due segmenti.

Il primo segmento, lungo ben 27 anni, costituisce l’humus, la terra feconda su cui sbocciò la sua arte rivoluzionaria.

La sua produzione artistica si concentrò nel secondo segmento, in soli 10 anni di fervida e instancabile attività.

In così pochi anni Vincent realizzò circa 900 dipinti, più di 1000 disegni e ancora schizzi, appunti… una vera miniera.

Il successo arrivò solo dopo la sua morte

La sua arte, incompresa o quasi ignorata durante la sua vita, ebbe uno straordinario successo dopo la morte, grazie alla sagacia e allo spirito imprenditoriale della cognata Johanna, che ne determinò la fortuna.

Dopo il suicidio di Vincent, in sei mesi morì di dolore anche l’amato fratello Theo e la moglie si ritrovò a Parigi da sola, con un bimbo piccolo che portava il nome dello zio e una casa stracolma di quadri, disegni e pile di lettere.

Johanna Bonger comprese il valore enorme di tale patrimonio ed ebbe la forza di trasferirsi in Olanda, dove con grande intelligenza riuscì a far conoscere le opere del cognato alle persone giuste, realizzando poi una serie di mostre di sempre più grande richiamo.

Van Gogh, Interno di un ristorante. Foto da L’arte di guardare l’arte

L’impatto rivoluzionario

Artisti, collezionisti, critici d’arte compresero ben presto che con Van Gogh era davvero successo qualcosa di originale e rivoluzionario nella pittura occidentale.

Lo dice lo stesso Vincent in alcune sue lettere: con i suoi dipinti egli vuole entrare nella realtà, catturarne i guizzi che fanno vibrare la vita vera.

Con lui la pittura smette di essere solo una copia del reale, assumendo essa stessa una vitalità allo stato puro, grazie alla sacralità delle sue composizioni, all’uso del colore e dei contrasti sempre più vitali e assoluti, all’amore per la luce che tutto permea.

Figure, oggetti, paesaggi, ogni soggetto della sua pittura assume una sua sacra dignità.

I quadri di Van Gogh esprimono così il suo mondo interiore, che riconosciamo come nostro.

Ed è così che le sue opere ci guardano dentro.

Si apre per la pittura occidentale una nuova strada, che porterà all’Espressionismo.

Tormento e infelicità

La vita di Van Gogh appare, specie nella prima parte, una collezione di fallimenti, frustrazioni, quadro di una perenne infelicità.

Nella sua famiglia egli era il primogenito di sei figli.

Nacque però dopo la morte di un primo bambino, di cui ereditò il nome, quasi come un segno luttuoso originario.

Il padre, pastore protestante e la madre gli trasmisero a più riprese la loro disapprovazione.

Dal suo scarso rendimento negli studi, per giungere a una serie di scelte e comportamenti estremi, dovette scontrarsi con un mondo familiare che lo faceva sentire isolato e non accettava la sua indole “diversa” e i chiari segni di un equilibrio psicologico assai labile.

Grazie allo zio, ancora molto giovane fece una ricca esperienza di lavoro presso una casa d’arte a L’Aja e potè viaggiare, conoscere quel mondo di artisti e collezionisti.

Ma giunsero presto i primi tormentati rapporti con donne che respingevano le sue insistenze.

La ferita del rifiuto lo sconvolse e dirottò la sua attenzione verso la religione.

Voleva predicare, seguendo le orme del padre.

Ma anche questa strada si rivelò fallimentare, per i suoi atti eccessivi, per i disperati tentativi di esprimere e incanalare in qualche modo la sua profonda voglia di sostenere, di confortare, quasi di redimere il mondo degli umili, di uomini e donne dimenticati, intrappolati in un destino ineluttabile di povertà.

Theo

Fu il fratello Theo, terzogenito della famiglia, mercante d’arte, a raccogliere l’animo in frantumi di Vincent e a dirottarlo, ventisettenne ormai, verso il disegno e la pittura e dandogli il necessario sostegno economico.

Da allora Van Gogh non si fermò più.

Cominciò in Olanda con disegni e colori bruni, con soggetti del mondo contadino, dei minatori, descrivendo la sacralità del lavoro di un’umanità umile e reietta.

Passò presto alla pittura a olio.

A Parigi, il frizzante ambiente fin de siecle  lo portò a innamorarsi del colore.

Visse con Theo, studiò i grandi artisti, frequentò i pittori neo-impressionisti, sperimentò con animo libero.

Cambiò la sua tavolozza, cambiarono i suoi soggetti.

Venne poi attratto dai colori caldi della Francia meridionale e si trasferì ad Arles, dove conobbe la potenza della luce trasferendola nelle sue pennellate più rivoluzionarie e pure, quasi spremendo il colore dal tubetto sulla tela.

Giunse poi il periodo della malattia mentale, il ricovero presso l’ospedale S. Paul de Mausole, a S. Remy de Provence.

Infine Vincent concluse la sua vita a Auvers sur Oise, dove il 27 luglio 1890 si sparò, morendo dopo un’agonia trascorsa quasi serenamente con il fratello Theo accanto a lui.

Ancora oggi i suoi quadri ci scrutano e ci descrivono dentro.

E’ quello che proviamo davanti agli astri luminosi della Notte Stellata, che ci guardano come occhi accesi nell’universo, solo per noi.

Installazione La Notte Stellata. Foto da The experience

di Maria Cristina Zitelli