Nota redazionale

Il mese di dicembre ha sempre rappresentato nell’immaginario collettivo un periodo di preparazione alle festività natalizie, con tutte le implicazioni sia spirituali che materiali, quest’ultime spesso troppo prevalenti nella nostra società consumistica, dove l’apparire è più importante dell’essere, il virtuale dominante sul reale. Doveva arrivare una pandemia, un nemico subdolo e nascosto come un virus, per farci rientrare nella condizione, nello status dell’umanità, dando un grande scossone per far comprendere il vero valore della vita, l’essenza della nostra quotidianità, la forza della famiglia e la grandezza della solitudine. Trascorrere momenti di festa con i propri familiari o pochi congiunti ed amici sarà sicuramente un’occasione per ripensare alle relazioni interpersonali ed all’importanza della condivisione e del dialogo. Per questo motivo e non solo apriamo questo numero con alcune riflessioni sulla gentilezza un atteggiamento, che comporta ascolto, comprensione, rispetto e fiducia verso gli altri, una qualità che sembra essere quasi svanita, espressione dell’Amore universale, di cui abbiamo tutti un estremo bisogno, particolarmente nei momenti di difficoltà e precarietà, come questi che stiamo vivendo. Un Sereno Natale di speranza, una sfida da vincere, un futuro di svolta e rinascita.

Tanti Auguri dalla Redazione

La gentilezza al tempo del Covid

Il 13 novembre si è celebrata la Giornata Mondiale della Gentilezza che dal 1998 coinvolge un sempre maggior numero di paesi. Il World Kindness Movement si è costituito come organizzazione non profit alla conferenza di Tokyo del 20 settembre 1997, che ha unificato tutti i movimenti nazionali animati dal medesimo principio.

Il gelsomino è il fiore che rappresenta la gentilezza

La missione che si pone il WKM è ispirare le persone ad una sempre maggiore gentilezza, collegando le nazioni per creare un mondo più gentile e conseguentemente più pacifico. Si è raccolta in quella occasione l’eredità del Japan Small Kindness Movement, che aveva alle spalle una tradizione trentennale. “Desidero che siate coraggiosi nel praticare piccoli atti di cortesia, creando così un’ondata di gentilezza che un giorno pervaderà tutta la società giapponese”. Seiji Kaya, Rettore dell’Università di Tokyo, salutando i neolaureati, nel marzo del 1963 rivolse loro queste parole, in un discorso che ebbe vasta eco su stampa e Tv, segnando l’avvio dell’onda lunga di un movimento che aveva un semplice ma denso messaggio “Sii gentile con gli altri”. Seiji Kaya è stato il primo presidente del Movimento della Piccola Gentilezza, che vuole promuovere una società della cura, dove le persone siano cortesi e attente le une verso le altre, comportamento essenziale in un’epoca in cui gli atteggiamenti di umanità tendono a declinare.

Se questa esigenza era vera negli anni ’60, non meno forte è adesso nel nostro tempo frastornato e smarrito dalla crisi sanitaria e da quella economica e sociale che ne consegue, dove assistiamo a comportamenti astiosi, irascibili, rancorosi, invidiosi e spesso anche molto cattivi. Odiatori sul web, persone arrabbiate anche contro chi si prodiga per il bene comune, come attualmente i sanitari, politici sempre livorosi. Abbiamo bisogno di buone maniere? Sembra proprio di sì, visto che viene sempre meno il rispetto verso gli altri, la gratitudine e la riconoscenza, che si manifestano con gesti e parole, come “scusa, “permesso”, “grazie”, sintesi non di un puro formalismo, ma di un umanesimo che si libera dalla crudeltà, dalla ansietà, dal mito del più forte e del vincente, che restituisce valore a tutti, aprendo uno spazio di contatto e di ascolto in mezzo a tanta indifferenza.

In Italia il Movimento per la Gentilezza ha mosso i suoi primi passi nel 2000 a Parma, cercando di diffondere il più possibile il principio ispiratore, che vuole in ognuno di noi la disponibilità a comprendere i problemi del nostro prossimo, prodigandosi anche per risolverli, ricevendone in cambio la preziosa ed appagante soddisfazione intima di aver aiutato qualcuno. Concretamente nella nostra società, che vive una sorta di barbarie evoluta, che usa sistemi sofisticati, ma non si ferma a soccorrere un ferito ed è impaziente con i più lenti e fragili, la gentilezza si afferma sempre più come la base di ogni sana interazione umana, essenziale per la gestione di ogni genere di conflitto e persino per la salute. Molteplici sono, infatti, gli studi che hanno dimostrato gli effetti positivi di gesti di gentilezza sulla salute sia fisica che mentale di chi li compie, alleviando depressione e senso di solitudine, con conseguenze favorevoli per uno stile di vita sano.

Non ultimo nel mondo del lavoro, la gentilezza come pratica relazionale quotidiana è un atout vincente nelle relazioni sia di tipo orizzontale che verticale. Una leadership che si fondi su di essa aiuterà a creare gruppi di lavoro più coesi e sereni, contribuendo a raggiungere più facilmente gli obiettivi. Avere o essere colleghi gentili, scambiarsi aiuto ed attenzioni, nel lavoro come nel mondo dello studio, rende tutti più soddisfatti.

Il tempo della pandemia è un buon banco di prova per verificare quanto questa virtù sia necessaria per ricostruire il nostro tessuto sociale messo così a dura prova.

di Eleonora Marino