Editoriale

Pubblichiamo di seguito un articolo sulla violenza domestica, ma individuando il fenomeno dal punto di vista della vittima maschile. Sembra paradossale, eppure, la violenza domestica viene in alcuni casi perpetrata nei riguardi degli uomini, per quanto i numeri siano più circoscritti, il fenomeno esiste ed è giusto parlarne. In questo numero di inizio anno, abbiamo voluto affrontare argomenti diversi, di attualità e di specifiche tematiche, che potranno suscitare interesse e stimolare il desiderio di affrontare al meglio quest’anno, che ci auguriamo sia di rinascita e rinnovamento. (La Redazione)

Violenza domestica: quando è l’uomo ad essere la vittima

Facendo un bilancio sull’anno appena concluso non possiamo limitarci agli effetti devastanti della pandemia sulla collettività da un punto di vista sanitario ed economico, a questi dobbiamo aggiungere le disastrose conseguenze sugli aspetti sociali e relazionali che hanno impattato violentemente sulle nostre vite.

I mesi del primo lockdown in primavera, hanno senza dubbio portato a maggiori difficoltà nei contesti familiari con convivenze forzate spesso in spazi ridotti e in condizioni di grande preoccupazione sul futuro incerto. Tutto questo ha certamente esasperato situazioni di convivenza già complicate con la conseguenza di aver determinato una crescita delle violenze domestiche.

Dal VII Rapporto Eures sul “Femminicidio in Italia”, che mette in relazione i numeri dei primi 10 mesi del 2020 con lo stesso periodo del 2019 emerge che durante i mesi del primo lockdown, l’80,8% delle vittime viveva con il proprio assassino, con una donna uccisa ogni tre giorni. Allo stesso modo sono aumentati i delitti consumati nella coppia, arrivati fino al 69,1%, conto il 65,8% nell’anno precedente.

Ma la violenza non è solo una questione femminile, occorre fare indagini su entrambi i generi, distinguendo tra violenza di genere (o femminicidio) e violenza domestica che include anche quella commessa dalle donne su altri componenti familiari.

Nonostante l’impegno dei media e delle istituzioni nel condannare la violenza, la stessa viene tuttavia etichettata come violenza di genere, dimenticando che la violenza è un costrutto ampio che non prevede distinzioni di sesso.

Tutti, senza distinzione alcuna, come sancito dal principio di uguaglianza dall’articolo 3 della nostra Costituzione, hanno il diritto di essere tutelati, lo prevede anche la Convenzione di Istanbul che riconosce gli uomini come possibili vittime di violenza domestica.

La violenza dunque, non ha genere e quando è l’uomo ad esserne vittima da parte delle donne, il fenomeno è più difficile da rilevare. A farlo, in Italia, ci ha pensato l’Istat, che nel 2018, ha condotto un’indagine per censire le molestie sugli uomini, di ogni tipo, anche quelle sessuali. I dati parlano di 3 milioni e 574 mila uomini che hanno subito molestie almeno una volta nella vita e gli autori sono uomini, sia per il 97% dei casi di vittime donne, sia per l’ 85,4% di vittime uomini.

Analizzando nello specifico i casi di violenza sugli uomini, la forma di molestia più diffusa, secondo l’Istat, è quella verbale, seguita da pedinamenti e, infine, molestie fisiche, mentre il luogo in cui si consuma la maggior parte dei casi di violenza è ancora una volta l’ambiente domestico. Proprio tra congiunti si verificano i casi più gravi: gli uomini manifestano la rabbia dal punto di vista fisico, mentre le donne agiscono sulla psiche dell’uomo.

Sebbene i numeri siano contenuti rispetto a quelli relativi alle donne, non si può sottovalutare il fenomeno. Uno studio condotto nel 2012 dall’Università di Siena aveva cercato di analizzare i dati sulle violenze sugli uomini e i risultati emersi sono stati allarmanti: 5 milioni di uomini vittime degli stessi tipi di violenza che subiscono le donne. Il problema relativo a questi fenomeni però è che la maggior parte delle vittime di genere maschile non denuncia, per vergogna, anche a causa dello stereotipo di virilità che li accompagna, e anche per il timore di non essere creduti. I numeri rilevati, quindi, sono più bassi di quelli relativi alle violenze sulle donne, ma trattandosi di dati ufficiali, sono sicuramente sottostimati rispetto alla realtà. Nella ricerca effettuata dall’Università di Siena emerge che il 60,5% degli uomini intervistati, ha dichiarato di aver subito dalle donne spinte, graffi, morsi, capelli strappati, il 51% lancio di oggetti e, in misura minore, folgorazione con la corrente elettrica o dita schiacciate con la porta, investimenti con auto e spinta dalle scale. Per quanto attiene la violenza psicologica ed economica, dall’analisi dei dati emerge con chiarezza che, pur sotto molteplici aspetti, in generale si tratta del tipo di violenza più diffusamente subita dagli uomini. Trattandosi di una violenza meno evidente di quella fisica, le vittime stesse spesso non la riconoscono, soprattutto se diventa la modalità relazionale più usata in famiglia. Significativo notare come diverse forme di umiliazione utilizzino l’aspetto economico quali: critiche a causa di un impiego poco remunerato (50.8%); denigrazioni a causa della vita modesta consentita alla partner (50, 2%). La denigrazione, oltre all’aspetto economico, assume diverse altre sfaccettature: umiliazioni, ridicolizzazioni ed offese in pubblico (66,1%), critiche ed offese ai parenti (72,4%), critiche per la gestione della casa e dei figli (61,4%).

Risulta essere particolarmente elevata, interessando oltre i tre quarti del campione intervistato, la percentuale di donne che insultano, umiliano, provocano sofferenza con le parole (75,4%). Le varie forme di controllo esercitato dalle donne sugli uomini, previste nel questionario, hanno registrato percentuali sensibilmente diverse tra loro: impedimenti o limitazioni agli incontri con i figli o la famiglia d’origine (68,8%), impedimenti o limitazioni per attività esterne: sport, hobby, amicizie (44,5%), sincerità e fedeltà messe insistentemente in dubbio (60,3%), pedinamenti, controllo degli spostamenti (36,7%). Inoltre la separazione e cessazione di convivenza, specialmente in presenza di figli, sono risultate un terreno particolarmente fertile per comportamenti che implicano una violenza psicologica quali: la minaccia di chiedere la separazione, togliere casa e risorse, ridurre in rovina (68,4%), la minaccia di portare via i figli (58,2%).

Dall’indagine dell’Università emerge pertanto la considerazione che anche un soggetto di genere femminile sia in grado di mettere in atto una gamma estesa di violenze fisiche, sessuali e psicologiche e che di conseguenza un soggetto di genere maschile possa esserne vittima. Il fenomeno della violenza, anche quando ne siano vittime soggetti di sesso maschile, si può manifestare con modalità aggressive che non trovano limiti nella prestanza fisica, per cui anche un soggetto apparentemente più fragile della propria vittima è in grado di compiere gravi atti di violenza.

Dalla rilevazione di tale fenomeno non si può non intervenire con adeguate misure istituzionali, affinché la tutela della vittima sia garantita indipendentemente dal genere, poiché è la persona che va messa al centro. In conclusione, la violenza, in una società civile, deve essere condannata sempre, a prescindere da chi ne sia l’autore o la vittima.

di Franca Terra