E RIPRENDIAMO A VIVERE…

Appena dopo queste feste decimate, appena più vivibili di quelle dell’anno scorso, ci risvegliamo dalla magica notte ancora un poco assonnati e incredibilmente piombiamo nel clima teatrale dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Non giova, a mio avviso, partecipare troppo, come inutili comparse, alla quadriglia in cui i “comandi” del maestro del ballo fanno emergere e sparire nomi, strategie, teorie che ci accompagneranno fino all’epilogo.

Gradiremmo, questo sì, che coloro che sono chiamati all’onorevole, alto compito, esprimessero davvero le nostre istanze di popolo italiano: tutti vorremo come Presidente una figura rappresentativa, dignitosa, saggia, magari carismatica…

Nel desiderio di attenuare l’impatto con queste e mille altre questioni che prima o poi dovremo abbracciare in questo 2022 appena iniziato, vi invito a fermarvi un po’ con me, a trovare un po’ di distanza e di ironia rievocando qualche aspetto della vita quotidiana nella Roma dei primi secoli dopo Cristo.

Ritroveremo sensazioni assai familiari, questo è certo… 

Già: pensate che in epoca imperiale Roma era una città…  affollata e sporca, multirazziale e caotica, sfarzosa, ma poco raccomandabile, ricca e monumentale.

Aggettivi familiari?

– De ppiù! -(come si dice a Roma)

Vi invito a chiudere gli occhi ed entrare per pochi minuti in quest’Urbe di circa 2.000 anni fa, dalle mille facce: frenetica ma anche assai pigra, austera e tollerante, nobile e corrotta, sobria e gaudente. Troviamo gli stessi contrasti di una moderna megalopoli e ne faremo solo un piccolo assaggio.

Un milione e mezzo di abitanti brulica tra i monumenti pubblici e le grandi dimore private, in mezzo ad un mare di casupole affacciate su strade anguste e maleodoranti, gremite e chiassose di giorno ma semideserte e pericolose di notte.

Tutto sembra privo di criterio urbanistico e in questo disordine si affaccendano non solo tantissimi Romani. E’ notevole nella popolazione la componente etrusca, sannitica, italica in generale.

Ma non mancano Galli, Iberi, Africani, Greci, Siriani, Egizi, Ebrei, Cilici, Traci, Sarmati, Germani, Etiopi.

Roma, meta di migliaia di viaggiatori e migranti, vero e proprio mito per molte popolazioni dell’Impero, non conosce il concetto di discriminazione razziale!

Ricchezza ed esuberanza trasudano dagli spazi pubblici: i Fori e i Templi.

Le grandiose piazze che sorgono al centro della città sono non solo la sede del governo e della giustizia, ma anche i luoghi in cui si concludono gli affari, si acquistano merci e generi alimentari, si incontrano amici, si discute, si partecipa a cerimonie e manifestazioni.

Accanto alle piazze sorgono le basiliche, imponenti edifici con decine di ambienti, dove si tengono comizi, letture, processi, ma anche dove trovano riparo migliaia di nullatenenti.

(Il nostro termine basilica deriva da questi edifici e ha assunto per noi una connotazione prettamente religiosa).

Continuando a passeggiare notiamo come abbondino i templi, dai quali le divinità pagane dominano e tutelano la più popolosa Metropoli della Terra: la Roma imperiale!

 

Per immaginare l’aspetto dei Romani che danno vita a questo andirivieni cittadino, ci aiuta Pompei, sepolta dall’eruzione del 79 d.C. con tutti i suoi abitanti, con resti, affreschi e raffigurazioni.

Uomini e donne sono bassini, gli uni alti in media 1,66 metri e le altre 1,54.

I primi pesavano intorno ai 65 kg, le seconde circa 49. L’età media era di circa 40 anni…

Le donne si sposavano molto giovani, anche a 13-14 anni.

Torniamo alla folla: vogliamo sentire “realmente” la sua pressione?

Ci aiuta Giovenale, in una delle sue Satire:

“L’onda di gente che mi sta avanti mi ostacola, quella che mi sta dietro, mi preme alle spalle come una falange serrata” …

“qua uno mi dà di gomito, là mi colpisce duramente la stanga di una lettiga, uno mi sbatte in testa una trave…”.

Marziale poi ci rivela che a Roma gli inquilini possono quasi darsi la mano da un palazzo all’altro. E non ci è difficile immaginare questa situazione tra le “insulae”, veri e propri condomini a più piani, da cui derivano i nostri “isolati”.

In realtà si tratta di instabili alveari di 4 o 5 piani.

Al pianterreno ci sono le botteghe, con un soppalco per l’abitazione del commerciante; sopra gli appartamenti, di 2 o 3 locali.

Sono costruzioni prive di ogni comfort, calde d’estate e fredde d’inverno, ma costano un occhio della testa, anche in affitto…

Frutto delle speculazioni delle classi agiate, le insulae sono costruite in prevalenza in legno e non di rado vengono divorate dalle fiamme, insieme ai loro occupanti.

Una caratteristica evidente della città, ieri come oggi, è il rumore, il frastuono…

Seneca, abitando sopra una struttura termale, ci fa arrivare il suo lamento:

”Mi circonda un chiasso, un gridare in tutti i toni che ti fa desiderare di essere sordo. Sento il mugolio di coloro che si esercitano affaticandosi con i pesi di piombo…. Quando poi arriva uno di quelli che non sanno giocare a palla senza gridare, e comincia a contare i punti fatti ad alta voce, allora è finita.

C’è il venditore di bibite, il salsicciaio, il pasticcere e tutti gli inservienti delle bettole, ognuno dei quali va in giro offrendo la sua merce con una speciale e unica modulazione di voce”.

E di notte le cose non migliorano: ai mezzi che riforniscono la Roma dell’Impero è infatti vietato circolare di giorno (con rare eccezioni) per non rendere ancora più caotica la situazione.

Così al calare del buio, la città, quasi del tutto priva di illuminazione, si riempie di carri e carretti.

Come spesso accade, Marziale ci fa ridere:

”A Roma la maggior parte dei malati muore di insonnia, perché quale casa in affitto consente di dormire?”.

Noi, invece, auguriamoci bei sonni ristoratori e tutte le energie che ci servono per questo nuovo anno.

Buon anno nuovo!

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di Maria Cristina Zitelli