Antropocene. La terra a ferro e a fuoco

Nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della fondazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, è stata allestita a Venezia, presso la Palazzina Canonica, sede storica dell’Istituto di Scienze Marine, la mostra “Antropocene. La terra a ferro e fuoco”.

Nel 2000 il premio Nobel per la chimica Paul Crutzen propose di introdurre nella scala geocronologica un nuovo periodo geologico, definito Antropocene, secondo una denominazione già proposta da Eugene Stoermer negli anni ’80.

 L’Antropocene è l’attuale periodo della storia della Terra, che ha avuto inizio con la Rivoluzione industriale in Europa, nel quale gli esseri umani hanno un’influenza decisiva sullo stato, le dinamiche e il futuro del sistema Terra.

Si vuole dimostrare in tal modo l’unicità e la pervasività dell’intervento umano, ormai equiparato dagli studiosi agli effetti prodotti dalle grandi forze della natura, che ha alterato la composizione chimica dell’atmosfera, degli oceani e dei suoli, significative perturbazioni nel ciclo di elementi come il carbonio, il fosforo e altri composti. Tutto questo ci dà il senso di una crescente attenzione e preoccupazione che la comunità scientifica sottopone alla nostra riflessione anche per il timore che si possa giungere in diverse aree del pianeta al cosiddetto tipping point, il punto critico, la soglia oltrepassata la quale il verificarsi anche di una piccola perturbazione può qualitativamente alterare lo stato o lo sviluppo di un sistema, provocando a cascata, impatti ad ampia scala sui sistemi umani ed ecologici.

Le attività umane hanno infatti ampiamente dimostrato di avere la potenzialità di far transitare i sistemi naturali verso altri stati, che potrebbero produrre effetti negativi per le società umane stesse.

L’uomo ha messo a “ferro e fuoco” il pianeta fin dalla sua comparsa sulla Terra. Alla lenta colonizzazione di tutti i continenti è seguito il recente e rapidissimo aumento della popolazione, unitamente allo sviluppo tecnologico e alla globalizzazione. Con la Grande Accelerazione degli ultimi 70 anni, l’uomo è diventato il principale fattore di modifica della superficie del pianeta e dei suoli, oltre il principale responsabile del riscaldamento globale in corso e dell’impoverimento della biodiversità e degli ecosistemi.

 L’esposizione è visitabile gratuitamente fino al 5 luglio ed è stata curata dal Dipartimento scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente e dall’Unità comunicazione del CNR. Attraverso immagini, filmati, infografiche e istallazioni interattive, la mostra vuole mettere in luce questa situazione e soprattutto l’ Antropocene invisibile cioè l’insieme degli impatti antropici che non sono sotto i nostri occhi, ma non per questo meno preoccupanti: nanoparticelle, contaminanti emergenti, impatti sui fondali marini, fino all’inquinamento acustico della colonna d’acqua, sul quale è stato proposto ai partecipanti nella giornata di inaugurazione un concerto basato sui rumori.

In occasione dell’apertura dell’evento è stata firmata una intesa di cooperazione tra la l’International Seabed Authority (ISA) e il CNR, che fornisce un quadro istituzionale per futuri accordi cooperativi tra i due enti su temi quali: la ricerca scientifica marina, il diritto internazionale del mare e l’economia blu sostenibile.

Suggestivo il particolare concerto proposto “Different Waves” del Ground- to-Sea Sound Collective che ha eseguito una sinfonia di suoni del mare. Questo progetto artistico è stato prodotto dalla Fondazione Cetacea all’interno del progetto Italia- Croazia Soundscape, attraverso il cofinanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale. I suoni subacquei del Mare Adriatico del Nord, registrati durante il progetto europeo tramite particolari idrofoni in punti specifici delle coste italiane e croate, vengono elaborati in una composizione musicale originale, che evidenzia i “canti” degli abitanti del mare e i rumori subacquei prodotti dall’uomo.

 La mostra, che ha ispirato anche creazioni artistiche da parte degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, si conclude in una stanza di riflessione sulla speranza: è possibile ancora “cambiare rotta”? A quali condizioni può salvarsi la nostra società globale? Quali comportanti di produzione e consumo possono essere scardinati? Il pubblico potrà attivamente intervenire con commenti, brevi composizioni e suggerimenti, che saranno riverberati sui social alimentando interesse e partecipazione al tema.

di Rosaria Russo