SPENDING REVIEW ?

“Spending review” è l’abusato termine inglese che accentra l’attenzione di quanti si cimentano a dissertare sui programmi di contenimento della spesa.
La traduzione in italiano di tale termine è “Revisione della spesa”, ma nel nostro caso manca la specifica di ”spesa pubblica” per indicare il processo di revisione dei capitoli di spesa del bilancio dello Stato, al fine di individuare possibili interventi di riduzione dei costi, mirati anche e soprattutto all’eliminazione di inefficienze e sprechi.
Dunque, una operazione meritoria ed auspicabile da parte di chi si trova al timone del Governo, in una situazione di obiettiva difficoltà e nel bel mezzo di una “bufera” economica con il Paese a rischio di collasso.
Eppure le criticità recentemente esplose con virulenza covavano già da diverso tempo ed erano state perfino tentate sommarie strategie di contenimento. In un primo tempo per cercare di mettere un freno ad una spesa pubblica in vertiginosa crescita; successivamente per fronteggiare una situazione progressivamente non più sostenibile.
La prima strategia adottata fu quella di porre un limite al lievitare della spesa, programmando di contenerla entro una misura percentuale di crescita; successivamente si ricorse ai famigerati ed indiscriminati tagli lineari.
L’una e l’altra manovra avevano però un “vizio” di fondo: contenere e tagliare la spesa, indipendentemente dalla sua natura, dalla sua efficacia e dalla destinazione di utilizzo.
In tutta sostanza si è intervenuto acriticamente su spese produttive, improduttive e sprechi senza distinzione alcuna. Eppure il semplice buon senso suggeriva di distinguere e scegliere interventi mirati al conseguimento di un livello accettabile del rapporto spesa/risultato.
Dunque non solo tagli, ma interventi mirati e razionalizzazione delle voci di spesa.
Allo scoppiare dell’emergenza, alimentata anche da concause esterne ai confini nazionali, si è fatto brutalmente ricorso al “rigore” e al “portafoglio” degli italiani. In estrema sintesi: meno servizi e più tasse, con buona pace di “crescita”, “competitività”, “ripresa” e quanto altro fiorisce sulla bocca dei “notabili” del “Bel paese”.
Allora vorrei sommessamente rammentare quanto sostenuto dalla nostra organizzazione sindacale CISAL in sede di tavolo tecnico, poco più di un anno e mezzo fa, ancor prima dell’arrivo del Governo di “Tecnici” non eletti, ma sostenuti dalle maggiori forze politiche se pur con tanti “se” ed altrettanti “ma”.
Queste le proposte formulate:
– Strategia di contrapposizione di interesse tra chi presta beni e servizi e chi li riceve, per tentare un freno all’evasione diffusa.
– Riduzione delle “spese della politica”, delle “abitudini della politica” e delle “pertinenze della politica”. Quanto meno per dare un credibile segnale di credibilità ai sacrifici dei “soliti noti”.
– Dimagrimento dello Stato e delle sue “propaggini”: responsabilità, trasparenza ed efficienza delle sue strutture.
– Oculata politica di dismissioni del patrimonio pubblico per fronteggiare il gravame del debito pubblico.
Ovviamente oggi non si discute nemmeno più. Basta informare le parti sociali e, se dicono qualcosa, hanno in risposta ”per piacere lasciateci lavorare” !
Ebbene, ancora una volta, sotto la spinta dell’emergenza, si è scelta la più agevole strada dei tagli indiscriminati e la ulteriore “spremitura” dei cittadini.
Naturalmente di quelli che le tasse le pagavano già.
E che avessimo ragione, lo denuncia il recente scandalo della Regione Lazio. Al di là delle sceneggiate e della strategie in difesa di tutti i soggetti esposti, avevamo intuito le occasioni di sperpero.
Certo ne ignoravamo l’entità e la rete di complicità e di silenzio.