Scontri in Kazakistan un paese importante per la geopolitica

Il Kazakistan, ufficialmente Repubblica del Kazakistan è uno Stato dell’Asia. La sua capitale è Nur-Sultan, precedentemente nota come Astana. Il 25 ottobre del 1990 il Kazakistan proclamò la sua sovranità e si dichiarò indipendente dall’Unione Sovietica il 16 dicembre 1991, aderendo alla Comunità Stati Indipendenti (CSI).

 Con i suoi 2,7 milioni di km², il Kazakistan è al nono posto tra i più vasti paesi del mondo e ha una superficie pari circa a quella dell’Europa occidentale. È ampio circa nove volte l’Italia. Il Kazakistan è un importante fornitore di petrolio per la Repubblica Popolare Cinese, alla quale fornisce almeno il 5% delle importazioni cinesi di gas naturale e costituisce un alleato strategico chiave per Mosca.

Il territorio del Kazakistan è stato storicamente abitato da gruppi e nomadi, gli sciti nomadi, ed anche l’Impero persiano achemenide si espanse verso la sua parte meridionale.

 I nomadi turchi, che fanno risalire i loro antenati al Khaganato turco, hanno abitato il Paese nel corso della sua storia. Nel XIII secolo il territorio fu soggiogato dall’Impero mongolo sotto Gengis Khan.

Il Kazakistan, ex repubblica dell’Unione Sovietica, è stato l’ultimo a dichiarare l’indipendenza durante lo scioglimento dell’Unione Sovietica nel 1991. Esso confina a est con la Cina, a ovest e nord con la Russia e a sud con alcuni paesi dell’Asia centrale, ovvero il Kirghizistan, l’Uzbekistan e il Turkmenistan. Inoltre, a ovest è delimitato per un tratto dalle coste del mar Caspio. Il Kazakistan è il più grande Stato del mondo senza accesso al mare, in quanto il Mar Caspio è considerato un lago (dato che non permette l’accesso al commercio marittimo).

Nel mese di gennaio 2022 il Kazakhstan si è dibattuto tra le conseguenze dell’insurrezione scoppiata il 2 gennaio per il rincaro dei prezzi del carburante  e l’intervento militare delle truppe del CSTO (Trattato di sicurezza collettiva) invocato dal presidente Kassym-Jomart Tokayev. Almeno quattromila persone sono state arrestate, i morti negli scontri sono stati un numero imprecisato, dato che la polizia aveva l’ordine di sparare per uccidere. Anche internet era stata oscurata nella sterminata ex repubblica sovietica, scrigno di materie prime minerarie e crocevia delle rotte del mercato globale e della Nuova Via della Seta.

I disordini del 2022 sono stati tra i più violenti dall’indipendenza del Kazakistan più di 30 anni fa ed il suo presidente ha descritto le proteste come un “tentativo di colpo di stato” mentre la Russia ha rivendicato la vittoria nella difesa del suo vicino dell’Asia centrale. Parlando a una riunione online dell’Organizzazione del Trattato per la sicurezza collettiva (CSTO) a guida russa, Kassym-Jomart Tokayev ha affermato che l’ordine è stato ristabilito nella vasta nazione dell’Asia centrale, aggiungendo che le operazioni di sicurezza continueranno “fino alla totale distruzione dei militanti”.

È stato arrestato per alto tradimento Kárim Másimov, ex primo ministro kazako: a Másimov è stato imputato dal regime un presunto piano organizzato per scatenare la sommossa che ha percorso il Paese con la complicità di entità straniere.

L’aeroporto di Almaty, l’ex capitale, è attualmente controllato dai russi che, con gli alleati del CSTO, gestiscono il ponte aereo che alimenta il contingente, mentre c’è stata la ritirata del personale non indispensabile del consolato degli Usa.

Sulla crisi si staglia la figura di Nur-Sultan Nazarbayev, potente ex Presidente dato in un primo momento in fuga dal Paese: il suo portavoce, però, ha smentito. Nazarbayev sarebbe in continuo contatto con il suo successore ed appoggerebbe il suo operato. Le proteste kazake, iniziate per l’aumento del prezzo del carburante, si sono poi trasformate in rivolte antigovernative più ampie, guidate dal malcontento per l’influenza politica esercitata dall’ex presidente di lunga data, Nursultan Nazarbayev, 81 anni, ma il presidente kazako Tokayev, come detto in precedenza, ha imputato i disordini a  “banditi e terroristi” addestrati all’estero ed ha affermato che presto si concluderà un’operazione di “antiterrorismo” su larga scala, insieme al dispiegamento della CSTO.

Nazarbayev — ha specificato il portavoce — avrebbe invitato «tutti a radunarsi attorno al presidente del Kazakhstan per superare l’attuale sfida e garantire l’integrità del Paese». Dall’inizio delle sommosse, l’ottantunenne ex capo di stato non è mai stato visto in pubblico. Ed era stato proprio lui l’oggetto principale delle contestazioni delle persone che hanno circondato i palazzi istituzionali.

Bandiera della Repubblica del Kazakistan

I video ampiamente condivisi sui social media hanno mostrato migliaia di persone scendere in strada, un raro focolaio di dissenso in Kazakistan, dove le proteste sono strettamente controllate. Le forze di sicurezza hanno lottato per sedare la folla, che ha iniziato a prendere d’assalto gli uffici pubblici e ad appiccare il fuoco agli edifici.

Le proteste sono cominciate nella provincia occidentale di Mangistau, nota per essere una regione produttrice di petrolio, il 2 gennaio. Poi, l’epicentro delle contestazioni si è spostato ad Almaty, la città più grande del Kazakistan, dove i manifestanti si sono radunati per tre giorni consecutivi. Quella che era iniziata come una protesta pacifica si è trasformata in un vero e proprio conflitto quando i dimostranti hanno affrontato le forze di sicurezza. La polizia ha tentato di controllare la folla con gas lacrimogeni, granate assordanti e blocchi.

Il presidente Kassym-Jomart Tokayev ha anche difeso la sua decisione di invitare le truppe a guida russa nel paese e ha affermato che i dubbi sulla legittimità di quella missione derivavano dalla mancanza di informazioni. Parlando al fianco di Tokayev, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che l’alleanza militare degli ex stati sovietici ha impedito a “terroristi, criminali, saccheggiatori e altri elementi criminali” di minare le basi del potere in Kazakistan e ha affermato che le sue truppe sarebbero state ritirate una volta completata la mission .

Putin ha detto che il CTSO non avrebbe permesso che si svolgessero “rivoluzioni colorate”, un riferimento a diverse rivoluzioni popolari nei paesi ex sovietici negli ultimi due decenni, tra cui Ucraina e Georgia.

In Kazakistan stanno operando anche militari, inviati, oltre che da Mosca, dagli altri alleati riuniti nella CSTO, ovvero Armenia, Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan. Una presenza armata – definita “forza di pace” – che viene monitorata costantemente dall’Unione Europea.

di Carlo Marino

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