L’Ascolto e la Visione: Don Nicola Jobbi e l’Appennino Centrale del xx secolo

Presso l’ex Chiesa delle Zitelle a Roma, spazio espositivo dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, ha avuto luogo una importante mostra fotografica e multimediale, dedicata all’archivio e alle attività del parroco Don Nicola Jobbi nella montagna teramana a partire dalla fine degli anni Cinquanta del Novecento.

Don Nicola Jobbi è stato uno straordinario precursore nel campo della ricerca etnomusicologia e antropologica, documentando la cultura orale di numerose comunità dell’area del Gran Sasso e dei Monti della Laga, con un approccio intensivo favorito dalla sua permanenza stabile in montagna.

Dopo l’ordinazione sacerdotale, dalla fine del 1963 Jobbi si trasferì con gli anziani genitori presso la comunità di Cerqueto di Fano Adriano, piccolo paese di pastori sul costone roccioso del fianco meridionale dell’Alta Valle del Vomano. In questi luoghi egli avviò una indagine multiforme, appassionata e al contempo istintiva, che oggi ci restituisce un mondo lontano, largamente sconosciuto.

In una vita dedicata all’ascolto delle persone, Don Jobbi produce documenti che testimoniano una sperimentazione culturale, sociale e politica, frutto dell’incontro umano tra il parroco e le sue comunità, da quelle più vicine a quelle più lontane ed isolate.

 La mostra, allestita per la prima volta nel 2008 a Teramo e a Montorio al Vomano, è stata ripensata e rinnovata nell’attuale riproposizione ed andrà a costituire un allestimento permanente del Centro Studi Don Nicola Jobbi, attualmente ospitato presso la Facoltà di Scienza della Comunicazione dell’Università degli Studi di Teramo.

La mostra è articolata in quattro sezioni tematiche: Una formazione multipla; La scoperta della montagna; Don Nicola in azione; Ascolti e visioni.

In successione narrativa, fotografie, documenti sonori, video ed istallazioni sonore (accessibili attraverso QRcode) raccontano un percorso formativo, una rete di incontri che danno voce a storie, vite semplici e locali. L’esposizione è accompagnata da un omonimo catalogo/libro che è pensato anche come strumento di ricerca, il quale raccoglie e riproduce tra l’altro 143 documenti fotografici, largamente inediti.

Gianfranco Spitilli, ricercato in etnomusicologia e antropologia dell’Università di Teramo, definisce Don Jobbi, figlio di contadini, originario delle campagne di Mosciano Sant’Angelo a ridosso del mare, un salvatore culturale.  Era un giovane parroco, pieno di energie ed entusiasmo per la sua prima nomina, che arrivò in lambretta in una terra di montagna difficile e che passò i primi mesi a cercare di capire l’ambiente, visitando famiglie e case. Per Spitilli egli aveva un progetto mentale, istintivo, spontaneo, che lentamente prese forma. La vita in quei luoghi era semplice ma anche molto misera: a Cerqueto vi era un solo rubinetto d’acqua per tutto il paese, mancavano le fognature e l’energia elettrica. Tra quelle montagne la vita era dura, sofferta, difficile anche per la mancanza di agevoli vie di comunicazione.

Dell’impegno solitario e pioneristico di Don Jobbi nel raccogliere e salvare i segni della vita e del lavoro contadino nella Valle del Vomano, furono interessati anche personaggi come Annabella Rossi, antropologa, fotografa, accademica e documentarista, e Roberto Leydi, etnomusicologo che ha svolto una funzione decisiva nella ricerca della musica popolare italiana.

Don Nicola Jobbi, appartato dal mondo accademico e istituzionale, ha realizzato un lavoro unico e straordinario, in quanto egli non ha raccolto solo oggetti, manufatti della vita dei contadini, ma anche le loro storie e i loro canti, nella consapevolezza di voler trattenere un mondo che era già in profonda trasformazione. Il nuovo sistema economico, culturale e sociale che si stava affacciando avrebbe presto travolto e cancellato gesti, consuetudini, attrezzi, musiche, parole, che egli andava raccogliendo e proteggendo dall’oblio totale.

di Rosaria Russo