La comunicazione nel periodo d’emergenza tra smart working e recovery fund

La nota di riflessione di questo numero richiama fortemente la necessità ed il desiderio di comunicare ai lettori una corretta ed aggiornata informazione, su aspetti del quotidiano, che ha subìto un radicale cambiamento. Lo stravolgimento delle abitudini con cui conviviamo da mesi e le diverse modalità esistenziali, adottate sia nel privato che nel pubblico, tramite regole e prassi governative condivise con gli organismi coinvolti alla gestione della pandemia, a cui ci siamo adeguati, necessita comunque di un continuo stimolo e controllo da parte delle istituzioni per monitorare l’evoluzione, l’efficacia degli accorgimenti e l’auspicabile e possibile risoluzione. Le strategie di comunicazione, quindi, in un periodo di emergenza sono fondamentali, soprattutto per le istituzioni che devono svolgere attività e adempimenti sostanziali per la cittadinanza e la collettività, definendo con metodo una serie di passaggi attraverso la previsione, la programmazione, la reazione e gestione e la valutazione dei risultati. Certo non è facile, quando ci si trova in una situazione straordinaria, imprevista che presenta caratteri di eccezionalità, come quella del Covid-19, ma è obbligatoria e necessaria al fine di conseguire una conduzione dei compiti attribuiti, in modo organizzato e consapevole per garantire agli utenti un servizio adeguato, tempestivo, puntuale e concreto.

Lo scorso mese di luglio al Forum PA 2020, negli “Scenari” andati in onda ci sono stati momenti di confronto con tavole rotonde, speech di grandi personaggi italiani ed internazionali, punti di vista delle aziende ICT, comunicazioni e prospettive del Governo centrale, testimonianze dei governi regionali e delle amministrazioni locali, in cui il tema guida è stato l’innovazione per la resilienza, alla luce dell’esperienza emergenziale e con lo sguardo rivolto al futuro, con l’insegnamento di trasformare questo periodo di crisi emergenziale in un’opportunità, considerando la centralità del valore delle persone, che hanno consentito di rispondere all’emergenza e da cui si deve ripartire sia nelle amministrazioni che nelle altre realtà sociali. Che la comunicazione sia radicalmente mutata a causa del digitale è noto. Tuttavia, è la prima volta che il nostro Paese si è trovato ad affrontare un’emergenza sanitaria di tali dimensioni in un contesto di disintermediazione delle informazioni, di eccesso e rapidità di condivisione delle notizie, di difficoltà a verificare adeguatamente la veridicità delle fonti. La portata del fenomeno ha spinto il Governo ad istituire una task force con il ruolo di analizzare le modalità con le quali si generano false notizie e supportare le Amministrazioni per evitare che le fake news diventassero un ulteriore ostacolo al contenimento del contagio. Quanto avvenuto ha sollecitato dei punti di riflessione, in cui sono cointeressati rappresentanti delle Istituzioni, associazioni dei professionisti della comunicazione, studiosi e operatori dell’informazione, in particolare dell’esigenza di rilanciare il ruolo del giornalismo per un’informazione di qualità, opportunità per le istituzioni di rimodulare e presidiare i social network in modo più sistematico ed efficace, dovere di separare più incisivamente la comunicazione politica da quella istituzionale, che ha la competenza di elaborare e divulgare messaggi chiari, semplici e non contraddittori nel tempo. In questa situazione contingente abbiamo bisogno più che mai di un’amministrazione pubblica più semplice, vicina e veloce, che superi le difficoltà dall’emanazione di un provvedimento all’effettiva erogazione di prestazioni e servizi a sostegno di imprese e cittadini, eliminando lungaggini procedurali percepite dagli utenti come accanimento burocratico. La drammatica epidemia che ha colpito il mondo ha evidenziato due esigenze fondamentali per la nostra comunità nazionale: l’urgenza di una continua e consapevole coesione sociale realizzata attraverso il confronto, la collaborazione e la condivisione e contemporaneamente di basare lo sviluppo equo e sostenibile su un’innovazione tecnologica per una trasformazione digitale inclusiva, democratica e partecipata. Siamo tutti in rete, ma dobbiamo ancora imparare ad essere una rete, che sia in grado di usare la trasformazione digitale per la resilienza del Paese, anche per uscire dalla crisi con una reale trasformazione individuale. Una dichiarazione che è riportata nell’introduzione del piano di Governo “2025”: “L’innovazione e la digitalizzazione devono far parte di una riforma strutturale dello Stato che promuova più democrazia, uguaglianza, etica, giustizia e inclusione e generi una crescita sostenibile nel rispetto dell’essere umano e del nostro pianeta”. L’impatto delle tecnologie digitali sul lavoro è stato oggetto di analisi diverse. La rivoluzione tecnologica presenta molte opportunità, ma mette in risalto anche due gravi problemi: da una parte il rischio di uno sviluppo senza incremento dell’occupazione e dall’altra la carenza di competenze spendibili sul mercato del lavoro da parte di molti giovani disoccupati o di lavoratori che restano senza lavoro, cosiddetti “di ritorno”, perché non riescono a cogliere positivamente le occasioni proposte dalla trasformazione digitale. Il lockdown che ha investito tutto il mondo ha costretto oggi tutti noi a usare la tecnologia digitale, come unico strumento in grado di farci continuare a lavorare, anche se in un telelavoro che sembra poco un reale e flessibile smart working. Che lezioni abbiamo imparato? Quale bagaglio ci porteremo dopo aver superato questa esperienza?

Interrogativi ai quali si dovrà e potrà dare una risposta, ma la stagione estiva offre anche la possibilità di fare una pausa di relax attraverso brevi aggiornamenti informativi e brani di lettura.

Buone vacanze!

di Patrizia D’Attanasio