Il Mediterraneo orientale e la Turchia: Energia o geopolitica?

Dopo la vittoria elettorale di Recep Tayyip Erdogan in un ballottaggio pericolosissimo è interessante analizzare la posizione della Turchia in un quadrante strategico quale è il Mediterraneo orientale.

Per Ankara la parte orientale del Mediterraneo non ha mai rappresentato soltanto una questione di energia o di gas ma è sempre stata collegata a diverse dispute marittime con i suoi vicini, tra cui la Grecia e, soprattutto, alla natura irrisolta della questione cipriota. I limiti della zona marittima hanno costituito da sempre il problema primario ovvero la fonte di conflitto nella regione. Ankara, che possiede la costa continentale più lunga del Mediterraneo orientale, ha respinto le rivendicazioni sui confini marittimi avanzate dalla Grecia e dall’amministrazione greco-cipriota, sottolineando che tali eccessive rivendicazioni violano i diritti sovrani sia della Turchia che della TRNC. A questo, si vanno ad aggiungere le divergenze sui confini delle acque territoriali greche e sulla proprietà di particolari isole o isolotti del Mar Egeo. Oltre a tali questioni, la Turchia sostiene anche che molte altre questioni correlate, che rimangono irrisolte, come la sovranità o lo status smilitarizzato di alcune isole greche debbano essere affrontate. Al di là di tali contrasti, rimangono da definire le questioni concernenti le zone economiche esclusive (ZEE) nel Mediterraneo Orientale. Per la Turchia sono in gioco i diritti di sovranità sulla sua piattaforma continentale e la salvaguardia di pari diritti dei turco-ciprioti.

Tale prospettiva rimanda al concetto di Blue Homeland o Mavi Vatan. Mavi Vatan è un slogan che definisce l’attuale strategia marittima di Ankara, intrapresa fin dal 2006,  in particolare per il Mar Mediterraneo. Coniato inizialmente dall’Ammiraglio Cem Gürdeniz, “Patria Blu” costituisce, oltre che uno slogan, anche un concetto, un simbolo e una dottrina. L’ammiraglio Gürdeniz lo considerava un concetto che designava tutte le zone di giurisdizione marittima (acque interne, acque territoriali, piattaforma continentale, zona economica esclusiva), dichiarata o non dichiarata, nonché fiumi e laghi. Da tale prospettiva, la Blue Homeland diventava un’estensione nella zona del mare e del fondo marino della patria turca situata tra 26-45 gradi di longitudine est e 36-42 di latitudine nord.

 Blue Homeland è diventato, quindi, anche il nome della zona di interesse e di giurisdizione della Turchia sulle acque salate e dolci situate tra 25-45 gradi di longitudine est e 33-43 gradi di latitudine nord e simboleggia la “marittimizzazione” come suo grande obiettivo strategico sia per lo Stato che per il suo popolo nel XXI secolo e, inoltre, il reindirizzamento della mentalità prettamente terrestre della sua gente verso i mari.

In quanto dottrina, “Mavi Vatan” rappresenta una tabella di marcia finalizzata alla tutela dei diritti e degli interessi nei mari che circondano l’Anatolia così come sui mari e sugli oceani oltre la sua periferia. Inoltre, tale concetto è servito come dottrina secondaria per aspetti come il dispiegamento della marina, lo sviluppo dell’industria della difesa, l’uso di navi per la ricerca sismica e per i diritti di perforazione, per lo sviluppo di basi di appoggio per le flotte nazionali e straniere, come strumento legale e come motivazione per firmare accordi di confine con altri stati con cui il paese anatolico condivide i confini marittimi.

Così il concetto di “Patria Blu”, nell’attuale competitivo Mediterraneo orientale, si è rivelato come un piano che poggia su pilastri atti a definire, salvaguardare e sviluppare i diritti marittimi e gli interessi nazionali della Turchia nel XXI secolo per quanto riguarda le aree di giurisdizione marittima, comprese le acque territoriali, la piattaforma continentale e le ZEE.

La “Blue Homeland” è definita e considerata da molti altri concorrenti, soprattutto dai rivali, come un piano ambizioso di Ankara per la supremazia geopolitica nel Mediterraneo orientale.

Tuttavia, tale concetto è stato accolto dai politici turchi come una sorta di tabella di marcia illuminante atta a definire le zone di influenza e di difesa dell’asse geopolitico del proprio paese. In particolare, l’istituzione dell’East Med Gas Forum è stata vista come l’emergere di una sorta di “club anti-Turchia” nella regione, e ciò ha costretto i decisori politici turchi ad aggiungere la diplomazia delle cannoniere alla loro agenda.

Il governo turco soffre da tempo di una mentalità da assedio cronico, reputando di essere circondato da forze ostili che minacciano i suoi interessi fondamentali e in ciò ha dalla sua parte un forte sostegno dell’opinione pubblica. L’attuale, drammatica trasformazione politica delle zone immediatamente vicine all’area anatolica è stata un catalizzatore. L’élite turca ha percepito le crescenti sfide alla sicurezza come una minaccia alla sovranità del paese ed alla sua integrità territoriale. I problemi esistenti sono diventati più acuti a mano a mano che nuove variabili sono entrate nell’equazione, come la scoperta di ulteriori riserve di idrocarburi o la guerra civile in Siria. L’istituzione dell’East Med Gas Forum è sembrato un indicatore tangibile atto a comprovare tali timori. La maggiore cooperazione tra Grecia, Cipro, Israele ed Egitto e la presenza delle principali società energetiche italiane e francesi si è accresciuta fino a comprendere oltre all’Italia stessa, la Giordania e la Palestina, con l’istituzione dell’East Med Gas Forum nel quale l’assente di rilievo è rimasta Ankara.

Tali sviluppi hanno influito negativamente sulla politica energetica turca, che è sempre stata considerata parte integrante e fattore determinante della politica estera e di sicurezza.

L’alleanza energetica che si sta sviluppando nel Mediterraneo orientale minaccia di ribaltare la politica energetica di Ankara, il cui obiettivo principale è stato quello di conservare la propria posizione come hub energetico tra i corridoi est-ovest e nord-sud. La persuasione che non ci fosse alternativa alla rotta turca nel trasporto del gas del Mediterraneo orientale via gasdotto verso il mercato europeo è stata messa in pericolo. Inoltre, tale realtà ha costretto i decisori politici a riconsiderare una soluzione per Cipro e per i diritti e gli interessi fondamentali della TRNC.

A questo punto, il fronte costituito da Repubblica di Cipro -Egitto-Israele-Grecia ha lasciato in disparte  dal punto di vista  diplomatico il paese anatolico e,  nonostante l’aumentato livello della sua retorica, gli attori minori della regione, con il sostegno di Francia, Italia e Stati Uniti, si sono uniti al fronte contrario ad Ankara, anche se con motivazioni diverse.

L’assenza della Turchia resta, comunque, una delle principali preoccupazioni per la regione a causa delle sue rivendicazioni marittime, del vasto mercato interno e del suo potenziale come via di transito per le esportazioni di gas del Mediterraneo orientale.

 L’East Med Gas Forum ha ricevuto il sostegno degli Stati Uniti e dell’UE, le cui relazioni con la Turchia rimangono tese a causa di divergenze su un numero crescente di questioni. Di conseguenza, la politica estera turca, che ha cercato di affidarsi maggiormente al soft power negli anni 2000, si è spostata radicalmente in una posizione più aggressiva, anche con l’invio di truppe in Siria e Libia e con la diplomazia delle cannoniere nel Mediterraneo.

di Carlo Marino

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