Il G7 di Hiroshima: parliamo ancora dei grandi del mondo?

Il G7 è un summit intergovernativo che riunisce i capi di stato e/o di governo delle sette economie più industrializzate del pianeta.

Dobbiamo dire fin da subito che è discussa la validità stessa di questa classifica, tenuto conto che oramai è un dato inconfutabile come la Cina, per PIL prodotto, sia di gran lunga la seconda economia del pianeta[1]. Il primo incontro si tenne in Francia, precisamente a Rambouillet, nel 1975 su iniziativa dell’allora presidente Valery Giscard d’Estaing, che invitò per una sorta di assise internazionale informale i leader politici di Germania (ovest), Regno Unito, Italia, Stati Uniti e Giappone: all’ordine del giorno la grave crisi economica finanziaria internazionale. L’anno dopo un analogo incontro venne indetto dal presidente americano Gerald Ford, con sede a Portorico; in tale occasione fu invitato anche il Canada. Da quel momento in poi si decise per una riunione fissa con cadenza annuale, convocata e presieduta a turno da ciascun paese membro: nel 2024 toccherà all’Italia, già si parla della Puglia come possibile sede del meeting. Alla fine del secolo scorso il G7 divenne G8, con l’inclusione della Federazione russa, che però ne uscì definitivamente vent’anni dopo, dopo esserne stata esclusa (nel linguaggio diplomatico “sospesa”) a partire dal 2014, come ritorsione per l’annessione della Crimea. L’agenda dei lavori si è progressivamente estesa, passando dagli iniziali temi economici a molti altri, come ambiente e cambiamento climatico, istruzione, sanità, criminalità transnazionale, nuove tecnologie. Col nuovo millennio il forum si è dato una vera e propria struttura organizzativa, che prevede anche riunioni tematiche; sul finire del primo decennio si è dato vita al G20, una sorta di meeting allargato a molte delle nascenti potenze politiche ed economiche del pianeta, come Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Cina,  India, Indonesia, Messico, Repubblica di Corea (del sud), Russia, Sud Africa, Turchia; alle riunioni dei due forum partecipa anche l’Unione europea, rappresentata dal presidente della Commissione e da quello del Consiglio. L’ultima riunione si è tenuta nei giorni scorsi a Hiroshima (19-21 maggio), in Giappone, città teatro della prima esplosione nucleare della storia: la scelta della città ha voluto essere, con ogni probabilità, un segnale delle possibili conseguenze provocate da un’escalation nucleare[2]. Tra i punti principali in agenda le relazioni con la Cina popolare, ispirate, stando alle dichiarazioni dei partecipanti, a stabilità e costruttività; si è parlato anche di collaborazione in materia ambientale, intelligenza artificiale, sostegno alle nazioni in via di sviluppo. A tal proposito, un segnale inclusivo sembra giungere dalla decisione di invitare i leader di diversi paesi non facenti parte del G7, come India, Brasile, Corea del Sud, Australia, Vietnam, Isole Cook, nonché Isole Comore e Indonesia (in rappresentanza rispettivamente di Unione Africana e ASEAN), nella consapevolezza della sempre maggiore importanze di questi attori ma, soprattutto, del sempre maggiore appeal esercitato nei loro riguardi da Russia e Cina, certificato dalle numerose richieste di adesione ai BRICS[3]. Nonostante i toni concilianti verso Pechino, non è mancata la condanna nei confronti della Repubblica Popolare per via delle “sue attività di coercizione economica e di militarizzazione del Mar Cinese Orientale e Meridionale”, oltre che per “l’interferenza negli affari interni volta a minare la sicurezza e l’incolumità delle nostre comunità”[4] [5]. Non si è fatta attendere la replica del gigante asiatico, che ha accusato a sua volta i paesi del G7 di voler diffamare e attaccare la Cina, nonché di “ostacolare la pace internazionale, minare la stabilità regionale e frenare lo sviluppo degli altri paesi”. Non esattamente quello che si potrebbe definire uno scambio cordiale. Ulteriori frizioni ci sono state tra Tokyo e Pechino, le cui relazioni storicamente non sono mai state delle migliori: la dirigenza cinese, che di sicuro non ha gradito la presa di posizione dei sette sull’Indo Pacifico, circa il quale è stata rimarcata la volontà di salvaguardare la libertà e l’indipendenza (non riconosciuta) di Taiwan, ha gradito ancora meno l’annunciato programma di riarmo dell’impero del Sol levante e i nuovi accordi militari siglati col Regno Unito.  Non a caso, l’ambasciatore nipponico a Pechino è stato convocato dal ministero degli Esteri per una protesta ufficiale[6], mentre a rincarare la dose ci ha pensato il premier britannico Rishi Sunak, che ha definito la Cina “la più grande sfida mondiale alla sicurezza e alla prosperità”. Per una volta, si è mostrato più conciliante il leader della nazione rivale per eccellenza, gli Stati Uniti: il presidente Joe Biden ha manifestato maggiori aperture, pur esortando Pechino verso una strategia di dialogo con l’amica “senza limiti” Mosca (con la quale si è registrata una notevole crescita dell’interscambio commerciale nell’ultimo anno[7]), per una risoluzione della questione ucraina. Sul versante strettamente economico, il G7 non ha sposato il cosiddetto disaccoppiamento da Pechino, vale a dire l’interruzione dell’integrazione economica con la Cina, giudicata evidentemente troppo importante per gli interessi in gioco: in altri termini, si è optato per una riduzione, nei limiti del possibile, della dipendenza economica dalla Cina, senza spingersi troppo oltre. Più o meno la stessa posizione che è stata assunta riguardo la riduzione dei combustibili fossili, per la quale non vengono fissati termini certi[8]. In merito alle dichiarazioni finali del G7 riguardo i rapporti coi cinesi, il giornalista Pierre Haski ha scritto quanto sia “difficile tendere la mano e al contempo aumentare la pressione. Se nelle prossime settimane non riprenderà il dialogo tra Pechino e Washington, è probabile che la guerra fredda in Asia durerà a lungo”[9]: insomma esitazioni e/o incoerenze che non fanno bene agli equilibri internazionali, ancor meno a quegli interessi che, a parole, si dice di voler tutelare. Si tratta di un atteggiamento che il giurista Fabio Marcelli definisce apertamente arrogante, del tutto in contrasto con quelli che dovrebbero guidare i rapporti col dragone [10]. Naturalmente si è parlato anche del conflitto in Ucraina, vista la presenza a Hiroshima del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, invitato per l’occasione, che ha ottenuto tra l’altro il via libera di Washington per la fornitura dei caccia F-16, prodotti negli States (ma che non saranno gli americani a fornire direttamente[11]), e per l’addestramento dei piloti per l’utilizzo dei jet; peraltro non sono stati chiariti tempi e modalità delle nuove forniture. Immancabile la ferma condanna della guerra, che nella dichiarazione finale viene definita come una” aggressione illegale, ingiustificabile e non provocata”, imputabile esclusivamente alla Russia, che viene esortata al ritiro immediato e a una pace giusta, sulla base dei cosiddetti dieci punti di Zelensky. Non si è fatta attendere la reazione di Mosca: il viceministro degli Esteri Aleksandr Grusko ha parlato di gravi rischi e pericoli di una escalation a causa della decisione di fornite nuovi armamenti a Kiev[12]. Fatta la premessa storica e un breve sunto dei contenuti della riunione, la domanda che vorremmo proporre è un’altra: questo summit, nato come abbiamo visto negli anni Settanta, ha ancora il senso e l’importanza di un tempo? Chiaramente parliamo pur sempre di molte delle maggiori potenze politiche ed economiche del pianeta, ma è innegabile che molti equilibri si siano modificati rispetto a mezzo secolo fa: del resto, la stessa emersione nel panorama internazionale di nuovi attori, come dicevamo, è stata consacrata con la nascita del G20. Prima di trarre qualunque conclusione, esaminiamo alcuni dati macroeconomici, visto che lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha rilevato come molti dei Paesi del G7 stiano perdendo terreno sul piano economico internazionale.  Solo il 30 per cento circa del PIL globale viene oramai prodotto dai cosiddetti sette grandi, che hanno perso un buon 20 per cento rispetto agli anni Novanta del secolo scorso: nell’ultimo decennio il loro contributo alla crescita della produzione globale viene stimato intorno al 15 per cento. Inoltre, gli autoproclamatisi i grandi della Terra hanno perso il primato anche nella quota di commercio mondiale[13], passando dal 52 per cento del 1990 all’attuale 27, senza dimenticare il processo di riduzione dell’impiego del dollaro come valuta di riferimento negli scambi internazionali, attestato nella dichiarazione del giugno scorso a Pechino, in occasione del XIV Summit dei BRICS [14]. Nel frattempo, l’Italia, ligia alle sue “alleanze”[15], si avvia a non rinnovare l’intesa del 2019 con la Cina per la via della seta[16], e già si profila la nuova guerra dei chip tra Cina e USA[17]. Anche sul versante del conflitto ucraino, a parte le dichiarazioni di principio a sostegno dei diritti umani e della carta delle Nazioni Uniti, emergono le fratture, visto che perfino il Washington Post ha messo in discussione la strategia del presidente ucraino della difesa a oltranza dell’oramai perduta Bakhmut, specie in termini di tributo di vite umane[18]. Impietoso L’Antidiplomatico, quando scrive che la resistenza nella città sia il frutto della volontà di “non dover ammettere che le forze ucraine sono state mandate al macello per niente, perché, come sapeva perfettamente il Pentagono, che lo aveva comunicato a Zelensky, la città sarebbe stata persa.”[19]. La stessa decisione di trasferire jet militari, se o quando la stessa divenisse effettiva, si scontrerà coi tempi tecnici di trasporto e addestramento, che sollevano già molte riserve[20], mentre lo stesso rinnovo degli aiuti militari da parte degli americani non sono così scontati, specie di fronte alla più volte annunziata (e finora non concretizzata) controffensiva di Kiev[21]. Ai problemi internazionali, si aggiungono quelli interni: molti dei leader delle grandi democrazie, stando alle più recenti rilevazioni, sarebbero in crisi di consenso interno[22]. La premier italiana Meloni tutto sommato conserva un dignitoso 49 per cento di gradimento, ma per i suoi colleghi le cose non vanno altrettanto bene: Biden è al 42, il premier canadese Justin Trudeau al 39, il tedesco Olaf Scholz si ferma al 34, il britannico Sunak al 33 e quello giapponese Kishida al 31; chiude Macron con un misero 25. Giunti a questo punto, visto che siamo in regime democratico, sarebbe forse il caso di porsi (e di porre) qualche dubbio circa la linea politica fin qui seguita, magari con qualche “aggiornamento” che tenga conto dei tanti (forse troppi) cambiamenti intervenuti.

di Paolo Arigotti

FONTI

www.g7italy.it/it/storia/index.html

www.ilpost.it/2014/03/24/esclusione-russia-g8/

www.finanze.it/it/Fiscalita-dellUnione-europea-e-internazionale/organizzazioni-internazionali/g7-g8-g20-e-altri-gruppi-intergovernativi/

www.limesonline.com/notizie-mondo-oggi-22-maggio-guerra-ucraina-russia-bakhmut-g7-cina-usa-meta/132270

www.aljazeera.com/news/liveblog/2023/5/21/g7-summit-live-news-zelenskyy-seeks-diplomatic-military-support

www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2023/05/22/g7-pechino-guerra-fredda

www.ft.com/content/042d43dd-01db-48cc-9448-b6fd6e774dca

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www.remocontro.it/2023/05/13/g7-o-g20-vecchie-sigle-occidentali-i-brics-crescono-e-sfidano-il-pensiero-unico/

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[1] www.creditnews.it/nazioni-mondo-economia/

[2] www.lantidiplomatico.it/dettnews-memoriale_di_hiroshima_il_piccolo_particolare_omesso_nel_ricordo_di_ursula/39602_49710/

[3] www.remocontro.it/2023/05/13/g7-o-g20-vecchie-sigle-occidentali-i-brics-crescono-e-sfidano-il-pensiero-unico/

[4] www.ft.com/content/042d43dd-01db-48cc-9448-b6fd6e774dca

[5] www.politico.eu/article/g7-vs-china-us-europe-unite-tough-message-summit-statement/

[6] www.theguardian.com/world/2023/may/22/china-summons-japanese-ambassador-over-smears-at-g7-summit

[7] www.caixinglobal.com/2023-05-20/china-russia-trade-dominates-european-rail-freight-as-ukraine-war-drags-on-102057574.html

[8] www.lindipendente.online/2023/04/18/i-g7-annunciano-laccelerazione-verso-la-fine-dellera-fossile-ma-senza-scadenze/

[9] www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2023/05/22/g7-pechino-guerra-fredda

[10] www.ilfattoquotidiano.it/2023/05/22/dal-g7-di-hiroshima-emerge-arroganza-contro-la-cina-il-contrario-di-cio-che-servirebbe/7169096/

[11] www.remocontro.it/2023/05/21/colpo-doppio-f16-usa-allucraina-in-conto-e-grane-tutte-europee/

[12] edition.cnn.com/2023/05/21/asia/g7-summit-china-russia-reaction-intl-hnk/index.html

[13] www.lindipendente.online/2023/05/22/il-g7-incorona-zelensky-ma-sulla-cina-mostra-delle-crepe/

[14] www.lindipendente.online/2022/06/24/il-xiv-vertice-dei-brics-annuncia-lintenzione-di-ridefinire-lordine-mondiale/

[15] formiche.net/gallerie/giorgia-meloni-al-g7-di-hiroshima-le-foto/

[16] it.euronews.com/2023/05/11/litalia-abbandona-la-via-della-seta

[17] www.bloomberg.com/news/articles/2023-05-21/china-says-micron-products-failed-in-its-cybersecurity-review

[18] www.washingtonpost.com/world/2023/04/20/bakhmut-ukraine-war-leaked-documents/

[19] www.lantidiplomatico.it/dettnews-bakhmut_f16_e_g7_loccidente_mente_per_lucrare/45289_49741/

[20] www.analisidifesa.it/2023/05/f-16-allucraina-lennesimo-autogol-delleuropa-e-il-possibile-ruolo-dellitalia/

[21] www.lantidiplomatico.it/dettnews-gli_aiuti_militari_approvati_dagli_stati_uniti_allucraina_saranno_presto_sfruttati/45289_49745/

[22] giubberosse.news/2023/05/21/nyt-il-g7-di-questanno-e-il-summit-dei-leader-poco-amati/