Democratizing Work

Durante il terribile dispiegarsi della pandemia da Covid-19, le crisi che attanagliano a livello globale i nostri paesi, in ambito sanitario, nel clima, nell’economia e nella vita politica hanno spinto a maggio tre accademiche a dar vita ad una iniziativa, che si è via via allargata a molti studiosi ed università.

Sul tema sensibile ed essenziale del lavoro, Isabelle Ferreras, Dominique Méda e Julie Battilana hanno sentito l’esigenza di condividere non solo con la comunità scientifica, ma anche con un pubblico più vasto e attraverso il contributo essenziale della stampa, ciò che la crisi sanitaria sta facendo emergere.

Esiste un’urgenza non meno incombente della ricerca di un vaccino, che coinvolge in questo momento laboratori e aziende in tutto il mondo: è tempo di democratizzare le industrie, de-mercificare il lavoro e risanare l’ambiente.

L’appello ha visto l’adesione di oltre 6.000 firmatari provenienti da 700 università di ogni continente, tra questi Thomas Piketty, Saskia Sassen, Nadia Urbinati, Rahel Jaeggi, James K. Galbraith, con una straordinaria convergenza di intenti e di idee di tanti studiosi e ricercatori.

Questa lettera appello è stata pubblicata in simultanea il 16 maggio scorso su 43 testate internazionali, tra le quali El Comercio, Boston Globe, Guardian, Le Monde, South China Morning Post, Die Zeit, Le Temps, El Diario, Il Manifesto e tradotta in 27 lingue, con un grande sforzo di diffusione, a testimonianza di quanto sia sentita la responsabilità da parte della comunità scientifica di aiutare le nostre comunità ad intraprendere un effettivo percorso verso una economia, che sia al contempo sostenibile e democratica.

La crisi del coronavirus ha evidenziato, se non fosse già ormai un dato acquisito, in maniera cogente e traumatica quanto il mondo del lavoro contemporaneo sia attraversato da aporie e problemi che ogni shock, di natura economica come la crisi del 2008 o sanitaria come nella situazione attuale, non fa che aggravare.

Si pone allora pressante l’esigenza di rilanciare la spinosa questione del lavoro, nel momento in cui si perdono posti di lavoro e la qualità stessa del lavoro degrada, come una possibilità da cogliere per riconsiderare il valore del lavoro e dei lavoratori.

Come sottolineano i relatori di democratizing work la vita durante la pandemia è stata resa possibile da tutti i lavoratori dei vari ambiti e filiere, che hanno consentito di proseguire cure, sicurezza, istruzione, alimentazione, smaltimento rifiuti, produzione di beni essenziali ed erogazione di servizi necessari alla continuità di tutti gli aspetti della vita sociale.

Chi lavora allora non è una semplice risorsa ed il lavoro non può essere ridotto a mera merce. Non si può affidare solo al mercato e alle sue leggi la salute delle persone e la cura di chi è più vulnerabile, poiché si rischia di esacerbare diseguaglianze e mettere a repentaglio molte vite. È una riflessione che ci restituisce, ad esempio, l’analisi di come hanno reagito, nei diversi paesi, i sistemi pubblici alla pressione esercitata dalla pandemia e le conseguenze sui vari strati della popolazione.

Democratizzazione è il primo obiettivo che deve investire le imprese e tutte le varie forme di lavoro. Non basta agire sulle disuguaglianze di diritti e salari ed assicurare l’aumento dei più bassi. Il contributo dei lavoratori deve condurre al riconoscimento dei diritti di cittadinanza all’interno delle imprese, rendere cioè partecipi i lavoratori alle decisioni, relative alle loro vite e al loro futuro, assicurando così una migliore gestione.

De-mercificazione è un ulteriore passaggio necessario e si tratta di non lasciare le scelte, che incidono più profondamente sulle nostre comunità in mano interamente ai meccanismi di mercato. La pandemia e il crescente numero di morti per il Covid in tutto il mondo ci hanno rivelato, che il solo criterio dell’analisi costi-benefici non può essere la scelta per alcuni bisogni fondamentali e collettivi. Per i firmatari dell’appello de-mercificare il lavoro significa proteggere alcuni settori dalla legge del cosiddetto “libero mercato”, assicurando che tutti abbiano accesso al lavoro ed alla dignità che esso conferisce. Un possibile modo per pervenire a tale risultato sarebbe creare una Garanzia di Impiego. Portato su scala mondiale tale principio darebbe non solo attuazione all’art.23 della Dichiarazione dei Diritti Umani, che afferma che ogni persona ha diritto al lavoro, ma al contempo rinforzerebbe la resilienza delle comunità, aumentando la nostra capacità collettiva di far fronte alle tante sfide sociali ed ambientali che ci troviamo davanti. Una Garanzia di Impiego permetterebbe ai governi, in collaborazione con le comunità locali, di creare lavoro degno e contribuire agli sforzi per evitare il collasso ambientale. Davanti ad una crescente ed inevitabile disoccupazione, si potrebbe con tale programma aiutare ad assicurare la stabilità sociale, economica ed ambientale delle nostre società democratiche e per quanto riguarda l’Europa, quest’ultima potrebbe adottarlo come parte del suo Green Deal.

Risanamento Ambientale è il terzo punto di riflessione e proposte trattato. Nel sistema attuale quando il lavoro, il pianeta e i guadagni si scontrano, ne escono perdenti i primi due. È possibile, come ci dicono anche le ricerche del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Cambridge, che cambiamenti di progettazione realizzabili possano ridurre il consumo globale di energia del 73%, ma essi richiedono molta forza lavoro e scelte, che nell’immediato implicano costi elevati. Nonostante le sfide che tale transizione comporta, imprese sociali e cooperative, guidate da obiettivi, che contemplano tanto considerazioni finanziarie quanto sociali ed ambientali e che danno spazio alla democrazia interna, mostrano il loro potenziale come agenti dei cambiamenti desiderati.

Curare la dignità dei lavoratori e farsi carico di combattere la catastrofe ambientale auspichiamo possano essere punti decisivi nell’agenda dei governi nelle prossime necessarie azioni, che questa crisi senza precedenti reclama da tutti i soggetti coinvolti.

di Rosaria Russo