COVID-19 riflessioni sulla “ripartenza”

Già in occasione del primo numero di lancio, Il Direttore Responsabile, Patrizia D’Attanasio, ha avuto modo di illustrare, le caratteristiche strutturali di questo giornale web che, del resto, possono sinteticamente riscontrarsi nel titolo stesso della sua testata. Il Nuovo Panorama Sindacale, infatti – del quale, sono “editore” in quanto Segretario Generale pro tempore della Federazione Autonoma, la FIALP, che l’ha fondato nel lontano 1957 – intende riprendere le sue pubblicazioni, dopo una pausa forzata, proponendo ai lettori un ampio spazio di riflessione, confronto, approfondimento assolutamente libero e aperto.

Un “PANORAMA”, appunto, certamente “SINDACALE” ma anche e soprattutto “NUOVO” perché dichiaratamente impegnato a cogliere, stimolare, dibattere e rappresentare sensibilità e bisogni del lavoratore. Del lavoratore nell’esercizio della sua attività, ovviamente, ma anche del “lavoratore-persona” e perciò stesso interessato e partecipe del mondo che lo circonda (economia, previdenza, salute, sicurezza sul lavoro, cultura, arte, sport) e dei profondi cambiamenti che lo stanno attraversando. Nel confermare, quindi, la linea editoriale tracciata, non posso non soffermarmi sull’argomento del giorno, il coronavirus e la cosiddetta FASE 2, la RIPARTENZA, appena iniziata.

La lunga quarantena e le tante emergenze, prima fra tutte quella sanitaria, sono state vissute faticosamente, purtroppo, in tutti i settori lavorativi, produttivi, economico/sociali, familiari e individuali. In tanti, durante l’isolamento, in particolare nel mondo del lavoro e dei servizi, hanno maturato la convinzione che, alla fine del tunnel, “nulla sarebbe stato come prima”. Una convinzione del tutto condivisibile e che anzi mi dà lo spunto per una serie di riflessioni che, per il momento, provo soltanto ad enunciare, ma con il dichiarato intento di suscitare fra i lettori interesse, dibattito, confronto di idee e di opinioni che il giornale sarebbe ben lieto di ospitare, peraltro, magari in una apposita “rubrica delle idee” che fin da ora suggerisco di istituire.

La pandemia ha indubbiamente imposto una forte accelerazione ad alcuni dei processi di cambiamento già in atto. Valga come esempio il “forzato” ricorso allo smart working o lavoro agile, che prevedibilmente entrerà a far parte integrante, alla ripresa dopo le varie fasi di emergenza, delle modalità ordinarie di lavoro. In proposito, è bene ricordare che i fattori ritenuti essenziali per valorizzarlo e renderne ottimali i risultati per il lavoratore e per il datore di lavorosono quattro: la libertà, l’autonomia, la fiducia e la responsabilità.

E’ bene altresì ricordare che, forse, era inevitabile e comunque comprensibile che la situazione d’emergenza comportasse soluzioni “affrettate”, con poche formalità e con molti problemi logistici, organizzativi e non solo. Ma oggi, o meglio, in vista della definitiva uscita dall’emergenza, è del tutto legittimo chiedersi se la nuova organizzazione del lavoro sarà frutto di un produttivo lavoro di mutuo interesse e di altrettanto reciproca responsabilità in sede di contrattazione sindacale, nel pubblico come nel privato, ovvero ci si ostini a ritenerla, di fatto, di esclusiva competenza datoriale, con buona pace, quindi, dei suddetti quattro fattori di successo.

La domanda non vuole essere né retorica né tanto meno provocatoria, ma soltanto indicativa del fatto che lo smart working, proprio per le sue intrinseche caratteristiche, comporti automaticamente una serie di sostanziali cambiamenti. Tutti, ovviamente, a valle di un’attenta riflessione, ad esempio, sulle comuni e consolidate differenze, in dottrina ma soprattutto nella pratica, tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Mi riferisco ai fattori tradizionalmente ritenuti diversi, tipo orario, luogo, mezzi, produttività, sicurezza e salute. Ed ancora, responsabilità, controllo, pause, ferie, strumenti di sostegno psicologico, valutazioni. Senza dimenticare le prevedibili conseguenze dell’ingresso dirompente nel mondo del lavoro dell’intelligenza artificiale e dell’aumento esponenziale d’imprese tendenzialmente virtuali.

Il tutto, ovviamente, da raccordare e coordinare con l’importantissimo capitolo del welfare aziendale (previdenza, assistenza, sanità integrativa, famiglia) che va rielaborato e modernizzato, anche rispetto a bisogni non solo diversi ma nuovi, soprattutto in ragione della crescente sensibilità verso obiettivi di benessere ambientale, individuale e sociale.

Fin qui le mie prime riflessioni che non mancherò di integrare ed arricchire nei prossimi numeri del Nuovo Panorama Sindacale, augurandomi di poterlo fare con il prezioso contributo dei lettori.

Aldo Urbini