Claudia Goldin e le donne nel mercato del lavoro

Premio Nobel Claudia Goldin (foto Wikipedia)

Il 9 ottobre 2023 il Premio Nobel per l’Economia è stato conferito alla professoressa di Economia ad Harvard Claudia Goldin ed è la terza volta che tale riconoscimento viene attribuito ad una donna. Nel 2009 la prima fu Elinor Ostrom, economista dell’Università Bloomington dell’Indiana, per i suoi studi sulla governance dei beni comuni mentre nel 2019 fu la volta di Esther Duflo, economista francese, per i suoi studi sui problemi del sottosviluppo e delle diseguaglianze economiche, con un approccio sperimentale finalizzato alla lotta contro la povertà globale. Sia Elinor Ostrom che Esther Duflo hanno però condiviso il premio con colleghi uomini, mentre Claudia Goldin è stata premiata da sola ed è la prima volta per una donna in tale ambito di studi.

 L’Accademia Reale Svedese delle Scienze ha motivato il conferimento del Premio Nobel “per aver migliorato la comprensione del mercato del lavoro femminile”, in virtù delle sue ricerche, capaci di unire conoscenze economiche a competenze storiche, sociologiche e demografiche.  Il presidente del comitato del Premio per le scienze economiche, Jacob Svensson, ha spiegato che “comprendere il ruolo delle donne nel mondo del lavoro è importante per la società. Grazie alla ricerca innovativa di Claudia Goldin ora sappiamo molto di più sui fattori sottostanti e su quali ostacoli potrebbe essere necessario affrontare in futuro”.

Partita dagli studi sull’organizzazione aziendale, Goldin si è inoltrata sempre più nella storia dell’economia, seguendo come un detective, come ama definirsi, il processo che ha visto le donne conquistare con fatica sempre più un ruolo pubblico, nel mondo del lavoro e nel godimento di diritti civili e sociali. La studiosa ha fornito il primo resoconto completo sui guadagni delle donne e della loro partecipazione al mercato del lavoro nel corso dei secoli. La sua ricerca ne ha studiato ogni dettaglio, individuando anche le cause principali del divario di genere ancora esistente. Scorrendo i titoli dei suoi testi più famosi, i contributi di Claudia Goldin hanno riguardato la storia delle donne tra carriera e famiglia, la coeducazione nell’istruzione superiore, l’impatto della pillola contraccettiva sulla carriera delle donne e sulle decisioni matrimoniali, il nuovo ciclo dell’occupazione femminile, la presenza maggioritaria delle donne tra gli studenti universitari, cui non corrisponde ugual peso nella società. Claudia Goldin è stata una delle prime studiose a parlare di divario di genere in ambito lavorativo e a coniare il concetto di “economia di genere”.

 Il suo primo e pioneristico studio del 1991, Understanding the gender gap: an economic history of America Women, abbraccia due secoli di storia americana, tracciando l’evoluzione storica della forza lavoro femminile. Secondo la studiosa l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro non è stato l’esito di una rivoluzione sociale, ma una risposta al progresso economico. Già in questo primo importante saggio, Claudia Goldin osserva che, malgrado la condizione economica delle donne sia migliorata nel corso dei secoli  (naturalmente ciò riguarda solo una parte della realtà mondiale), persistono delle differenze sostanziali e una discriminazione della donna lavoratrice, testimoniata dai dati occupazionali e dalle differenze di retribuzione. In un corposo saggio del 2021, Career and Family: Women Century-Long Journey Toward Equity, Goldin ha rilevato come la partecipazione delle donne sposate sia diminuita con la transizione da una società agricola ad una industriale nell’Ottocento, per poi gradualmente aumentare all’inizio del Novecento, con la crescita del settore terziario, con un andamento quindi a curva U. Il livello di istruzione delle donne è aumentato nei paesi ad alto reddito e spesso è persino più alto di quello degli uomini. Sebbene le donne abbiano iniziato a lavorare di più, le differenze non sono diminuite, ma anzi le donne con figli hanno ricevuto trattamenti salariali non solo inferiori a quelli degli uomini, a parità di mansioni, ma anche rispetto a donne senza figli. Ancora oggi, osserva, Claudia Goldin, il lavoro di cura e di accudimento dei figli e dei familiari più fragili ricade sulle spalle della donna, provocando inevitabili ripercussioni sulla sua carriera professionale. Sono sempre le donne ad abbandonare il lavoro per potersi dedicare alla famiglia, spesso condizionate da retaggi e ragioni culturali.

In una intervista rilasciata dopo la vincita del Premio Nobel, Claudia Goldin ha spiegato che ciò che dovrebbe attrarre nello studio dell’Economia è che non si tratta, come erroneamente si tende a credere, di occuparsi di Finanza, che ne costituisce una branca, ma sostanzialmente della gente, delle loro relazioni, delle relazioni con la società nella sua complessità e articolazioni. Si tratta quindi di occuparsi di disuguaglianze, salute, cultura e lavoro. Nei suoi studi Goldin ha tracciato la storia della disparità di genere, quale naturale conseguenza e riflesso della diseguaglianza nella coppia, nelle famiglie, traendo la conclusione che non si giungerà mai all’uguaglianza di genere, finché non si avrà anche l’equità di coppia. Per Claudia Goldin ciò può avvenire con una “rivoluzione silenziosa” (The Quiet Revolution, titolo di un suo saggio), che faccia superare i vecchi modelli sociali e culturali e imponga un nuovo ruolo femminile, liberato dai tradizionali compiti di cura, per il quale la dimensione lavorativa faccia parte del patrimonio identitario delle donne così come degli uomini.  Più le donne investono in istruzione, assumendo un orizzonte di carriera a lungo termine, più assumono la professionalità e il lavoro come parte della loro identità e del loro patrimonio personale, non alternativo alla formazione di una famiglia, come già avviene da sempre per gli uomini, più possono assumere un ruolo nell’economia e nella politica non di secondo piano. Non si tratta solo di equità ma anche di prosperità, progresso ed efficienza dell’intera società, poiché la mancata partecipazione femminile al mercato del lavoro comporta perdita di talenti, competenze e sensibilità rilevanti.

di Rosaria Russo