A proposito del “Green Deal”

Il Green Deal europeo è un pacchetto di iniziative strategiche che mira ad avviare l’Unione Europea sulla strada di una transizione verde.

È un momento complicato per il Green Deal, e lo sarà ancora di più nei mesi a venire. A maggio la Presidenza svedese ha annunciato che le elezioni europee si svolgeranno dal 7 al 9 giugno 2024, lasciando così un anno alle istituzioni europee per affrontare i (diversi) elementi incompiuti del cosiddetto “Fit for 55”. Mentre un’accelerazione si era verificata tra la fine del 2022 e l’inizio di questo anno, negli ultimi tre mesi la Commissione ha dovuto rinnovare i suoi sforzi di fronte agli ostacoli politici frapposti ad alcune delle sue più importanti proposte, in particolare: la nuova Direttiva Rinnovabili (cosiddetta RED III), la Riforma del Mercato Elettrico e la Legge sul ripristino della natura. Le discussioni a Bruxelles e negli Stati membri sui temi del clima e dell’energia si sono fatte particolarmente accese, in quanto la questione climatica è soggetta a una crescente politicizzazione con l’agenda verde che sta guadagnando un’attenzione senza precedenti in vista delle prossime elezioni, anche a livello nazionale. Uno spostamento a destra nell’asse del Parlamento, causato dall’indebolimento dei Verdi e delle componenti progressiste dei liberal socialisti, potrebbe avere un impatto sugli sviluppi delle politiche climatiche dell’UE.

L’ultimo anno che la Commissione von der Leyen ha davanti sarà, quindi, testimone non solo dei tentativi di portare a termine il nucleo dei dossier “Fit for 55”, ma anche di costruire una cornice che vada oltre il ciclo politico, data l’incertezza che circonda le elezioni del prossimo anno. L’approvazione formale della RED III doveva infatti seguire tempestivamente l’accordo politico del 30 marzo, giunto dopo trattative molto intense durate mesi. Tuttavia, la Francia ha sollevato un’obiezione dell’ultimo minuto sperando di andare oltre concessioni sull’idrogeno prodotto dal nucleare. In un recente discorso, il Commissario Simson ha dichiarato che “l’ultimo ostacolo in sospeso” sul RED III era stato risolto e il compromesso raggiunto, per superare il blocco della Francia, è stato quello di scontare, a determinate condizioni, la quota di idrogeno rinnovabile per la produzione di ammoniaca, creando più spazio per l’idrogeno prodotto dal nucleare. La Francia ha sostanzialmente replicato lo stesso schema utilizzato dalla Germania all’inizio dell’anno per la graduale eliminazione del motore a combustione interna, ovvero un’inversione a U dell’ultimo minuto dopo il raggiungimento di un accordo politico, cosa mai vista prima nell’iter legislativo dell’UE. L’opposizione francese ha causato una serie di ritardi ad altri atti legislativi ed è stata criticata perché tali metodi insoliti, utilizzati da importanti Stati membri potrebbero, in futuro, paralizzare il progresso sulle politiche verdi più cruciali, perché i dossier potrebbero dover tornare in Parlamento rallentando le procedure normative. La Francia ha, inoltre, avviato una discussione informale sull’opportunità di sospendere l’adozione di ulteriori normative ambientali. E poi il dibattito sulla riforma del mercato elettrico è lontano dall’essersi concluso, mentre  la discussione più feroce ha circondato un atto legislativo piuttosto inaspettato: la Nature Restoration Law, legge sul ripristino della natura. L’ambizioso piano della Commissione per arrestare il declino degli ecosistemi europei ha incontrato l’opposizione di diversi Stati membri, in particolare quelli che ritengono che i processi di rinaturalizzazione si scontrino con la produzione agricola (Paesi Bassi e Italia in particolare) – infatti, uno degli ecosistemi chiave da ripristinare sono le torbiere prosciugate in passato per fare spazio all’agricoltura. Inoltre, paesi densamente boscosi come i Paesi baltici e la Polonia hanno espresso preoccupazione, temendo che la legge imponga ulteriori limitazioni alle pratiche forestali che sono spesso considerate insostenibili o distruttive. A tale proposito va detto che il 12 luglio 2023 il Parlamento europeo ha approvato con 336 voti favorevoli, 300 contrari e 13 astenuti, tale Nature restoration law, la prima legge sulla natura proposta e approvata dal continente europeo. La legge prevede il ripristino del 20 per cento degli ecosistemi naturali entro il 2030, con l’obiettivo a lungo termine di eliminare i sistemi naturali degradati prima del 2050. Un obiettivo ambizioso, a cui si è opposta la destra europea e diversi paesi membri. Il Parlamento è ora pronto ad avviare i negoziati con il Consiglio sulla forma finale della legislazione. Dibattiti così intensi mostrano quanto il Green Deal sia cresciuto in rilevanza dal 2019 e la Commissione ha capito chiaramente che, solo un’azione ambientale completa e multisettoriale, è veramente efficace. Un compromesso complesso sta emergendo tra perseguire la decarbonizzazione, l’autonomia strategica nelle filiere verdi e il mantenimento della disciplina fiscale: tutte cose che dovranno essere affrontate dalla prossima Commissione. Una riarticolazione della decarbonizzazione attorno alle catene di approvvigionamento nazionali – come sostenuto nella proposta Net-Zero Industry Act (NZIA) della Commissione e, più in generale, dalla recente Strategia europea di sicurezza economica in  risposta ai quasi monopoli cinesi nelle filiere verdi comporterebbe un aumento dei costi e dei tempi per la transizione che sarebbe difficile da affrontare senza un intervento pubblico significativo. L’annuncio di una nuova piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (STEP), precedentemente nota come Fondo sovrano dell’UE, ad esempio, non è stato affiancato da un nuovo e ambizioso piano finanziario, così che il bilancio dell’UE rischia di sembrare miserabile rispetto alle centinaia di miliardi proposti da Stati Uniti e Cina. Tale complesso puzzle di sfide potrebbe essere una questione difficile da gestire per la Commissione, insieme alle future fasi del Green Deal.

di Carlo Marino

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