Visite fiscali nella P.A.: il Tar riduce le fasce di reperibilità

«Un evento come la malattia non può essere trattato diversamente a seconda del rapporto di lavoro intrattenuto dal personale che ne viene colpito».

Lo afferma il TAR del Lazio nella sentenza n. 16305/23 con cui dispone l’annullamento di quella parte del Decreto Ministeriale n. 206/17 che prevede fasce orarie di reperibilità differenziate per la visita fiscale di dipendenti di Amministrazioni pubbliche e di soggetti privati.

L’art. 3 di tale Decreto, infatti, individua – in caso di malattia – le seguenti fasce di reperibilità per i dipendenti pubblici: 9.00 -13.00 e 15.00 -18.00, con obbligo di reperibilità anche nei giorni non lavorativi e festivi. Nel settore privato, invece, le finestre sono più brevi: 10.00 -12.00 e 17.00 -19.00.

La durata complessiva per il settore pubblico risulta, così, quasi doppia rispetto a quella del settore privato (7 ore a fronte di 4 nell’arco di una giornata).

Anche se può sembrare paradossale il Decreto in questione doveva essere adottato proprio «al fine di armonizzare la disciplina dei settori pubblico e privato» in materia di visite fiscali ed accertamenti (art.55 septies, comma 5 bis, d.lgs. 165/01) ma, ad ogni evidenza, tale armonizzazione non è stata assicurata.

D’altra parte già il Consiglio di Stato, nel parere reso sul Decreto e con specifico riferimento all’art. 3 dello stesso, evidenziava che nell’individuare le fasce di reperibilità si lasciava «immutata la differenziazione tra dipendenti pubblici e privati, in relazione ai quali sono previste fasce orarie di reperibilità più brevi».

L’Amministrazione motivava in merito affermando che «l’armonizzazione alla disciplina prevista per i lavoratori privati avrebbe comportato (per i dipendenti pubblici) […] una minore incisività della disciplina dei controlli», ma il Consiglio di Stato rilevava «che la motivazione esplicitata dall’Amministrazione, basandosi su una nozione di controllo prettamente quantitativa›› rischiava di non essere ‹‹conforme al criterio di delega recato dall’art. 55 septies, comma 5 bis del d. lgs. n. 165 del 2001».  Per questo si invitava «l’Amministrazione a procedere, con le modalità ritenute più opportune, all’armonizzazione della disciplina delle fasce orarie di reperibilità fra dipendenti pubblici e dipendenti del settore privato».

L’invito, purtroppo, è rimasto del tutto inascoltato e nella recente sentenza del TAR del Lazio i giudici affermano che la differenziazione delle fasce orarie di reperibilità operata nel Decreto è indicativa «di uno sviamento di potere: la stessa motivazione addotta dall’Amministrazione nell’interlocuzione con il Consiglio di Stato (il mancato allineamento delle fasce di reperibilità per il settore pubblico a quelle del privato è dovuto ad una minore incisività della disciplina dei controlli) è una dimostrazione del fatto che si parte dall’idea che per il settore pubblico servano controlli rafforzati›› che ‹‹sembrano piuttosto diretti a dissuadere dal ricorso al congedo per malattia, in contrasto con la tutela sancita dalla Carta costituzionale dall’art. 32.».

Ma soprattutto risulta evidente, secondo i giudici, la disparità di trattamento tra settore pubblico e privato. Disparità «del tutto ingiustificata» e da cui deriva la violazione dell’art. 3 della Costituzione, non essendo stato rispettato il principio di uguaglianza.

di M. Davide Sartori