Una cronaca dal futuro : Preghiera per Černobil di Svetlana Aleksievič

Una ruota panoramica ancora gialla mai inaugurata, edifici in disfacimento, oggetti abbandonati in fretta per ogni dove, come ben si conviene ad un paesaggio post apocalittico per decenni immaginato e temuto.

Il silenzio è solo quello umano. Il vento stormisce tra il fogliame rigoglioso. I richiami dei lupi, lo scalpiccio degli zoccoli degli alci. I colori non sono tutti grigi o sbiaditi, c’è il verde dei larici, il rosso del mantello delle volpi che guizzano da un punto all’altro. Gli uccelli cantano nelle loro mille voci, mentre gli orsi bruni si grattano il manto sulle cortecce delle conifere.

Cartoline dalle aree limitrofe a Černobyl, da Pripyat anzitutto, la città nuova e modello nata a ridosso della centrale nucleare più famosa, ferma al momento fatale della fine del sogno dell’energia più pericolosa, che credevamo di poter controllare.

A questi colori rinnovati della natura, che si beffa delle certezze dei sapiens e che nascondono alterazioni nel suo nucleo vitale più profondo, si sovrappongono le immagini dalle sfumature cupe di trentaquattro anni fa.

Elicotteri in volo sul reattore esploso, fumo velenoso che si leva in aria, giovani soldati che si affannano intorno ad un enorme edificio.

Di Černobyl oggi restano le ferite inferte nei corpi di chi ancora si ammala, nell’anima di chi ha perso i propri cari e la propria storia. Anonimi abitanti si aggirano in questa area, clandestini nostalgici di quella che era la loro vita. E poi ci sono turisti forse alla ricerca delle emozioni che si sentono, quando si ferma il tempo e degli uomini non restano che brandelli del loro passaggio.

Vale davvero la pena per dare vita a quel mondo e per onorare le sue vittime, addentrarci nella lettura di un testo polifonico, che fa parlare le persone che hanno toccato l’ignoto.

“Preghiera per Černobyl” di Svetlana Aleksievič racconta indirettamente l’accaduto, raccogliendo i sentimenti delle persone che ha incontrato. È un mosaico che mette insieme la voce di residenti non autorizzati, che si sono sottratti all’esodo dal territorio, di cineoperatori, medici inascoltati, insegnanti, professionisti, operai, vecchi, i liquidatori addetti alle operazioni più pericolose. Contadini ed intellettuali, credenti ed atei hanno consegnato alla scrittrice emozioni e domande, rivolte a tutti gli abitatori del futuro.

Quest’anno l’anniversario forse passerà inosservato, preoccupati come tutti siamo per il confrontarci con un evento inedito eppure non imprevisto, quale la pandemia che oscura i nostri giorni. Soffermiamoci a pensare invece alle conseguenze delle nostre azioni sulle nostre vite e sulla nostra casa, un pianeta meraviglioso.

Rosaria Russo