Un articolo del prof. Bizzarri sulle vaccinazioni anti-covid

Il prof. Mariano Bizzarri, come si legge nella sua pagina Wikipedia (it.wikipedia.org/wiki/Mariano_Bizzarri), “è un oncologo e saggista italiano, professore associato presso il dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università La Sapienza di Roma. È Direttore del laboratorio di Biologia dei Sistemi presso il medesimo dipartimento. Sull’approccio sistemico alla biologia è stato il curatore di Systems Biology (2018). È stato presidente del Consiglio tecnico Scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Autore di pubblicazioni scientifiche internazionali e di saggi divulgativi”. In un recente pezzo pubblicato sulla testata IlSussidiario.net (link articolo: www.ilsussidiario.net/news/covid-i-vaccinati-si-ammalano-piu-degli-altri-cosa-cambia-con-la-scoperta-delliss/2361389/), facendo seguito a numerosi e recenti interventi del medico in diverse sedi istituzionali (compreso il Senato della Repubblica, ad esempio: www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/421/377/prof._Bizzarri.pdf), si leggono dati e riflessioni interessanti sulla questione vaccinazione anti-Covid. Il docente universitario parte da alcuni importanti interrogativi: “Ci sarà una recrudescenza della pandemia? Quali vaccini dovremo utilizzare? Non dovremmo sviluppare una strategia diversificata? È pronto il nostro sistema sanitario a farvi fronte?”, criticando quelle che il professore qualifica “le esternazioni […] di un manipolo di esperti, invero conosciuti ormai più per le loro intemerate televisive che per le ricerche che realmente conducono in laboratorio o nei reparti.” Dati incoraggianti, secondo l’analisi del medico, arriverebbero dall’impatto sul sistema sanitario, una delle maggiori preoccupazioni ai tempi dell’esplosione della pandemia (forse anche per via dei tagli alla sanità?), visto che pur permanendo un elevato numero di positivi, il dato non si accompagna ad incrementi di decessi e/o ricoveri in terapia intensiva (e non), mentre la cosiddetta variante Omicron è oramai nettamente prevalente. Un dato, però, andrebbe sottolineato per il prof. Bizzarri, autore, tra l’altro, di un recente saggio intitolato “Covid-19. Un’epidemia da decodificare. Tra realtà e disinformazione” (marzo 2022): “…questo cambiamento (la minore gravità e incidenza della patologia, NdA) non ha niente a che vedere con la vaccinazione (in questo caso lo si sarebbe dovuto rilevare ben prima) e va ascritto unicamente al fatto che la variante Omicron ha preso il sopravvento sulla precedente Delta.” La protezione vaccinale afferma il medico, citando recenti studi (pubblicati su riviste scientifiche come New England Journal of Medicine, JAMA e BMJ), andrebbe progressivamente a scemare, fino ad annullarsi: intorno alla 15esima settimana dalla somministrazione si attesterebbe sul 50 per cento, arrivando addirittura ad invertirsi tra il settimo e il nono mese, vale a dire che il vaccinato sarebbe più soggetto a contrarre l’infezione e la malattia. Lo stesso Istituto Superiore di Sanità (ISS), ricorda il professore, parla di efficacia vaccinale sotto il 50 per cento dopo la 22esima settimana, con un progressivo incremento della percentuale di contagio – in particolare per i cosiddetti soggetti fragili – dalla 26esima settimana. Per il momento ci sono solo alcune ipotesi, continua il professore, che potrebbero spiegare i dati di cui sopra: tra queste un indebolimento delle difese immunitarie dovute alle vaccinazioni ripetute; il professore critica la scelta di vaccinare i soggetti guariti, visto che l’immunità naturale offrirebbe una protezione assai più forte contro nuove infezioni. Infine, si ricorda che quei paesi che hanno fatto ricorso a vaccini tradizionali (col virus inattivato o a base proteica) – come ad esempio Cuba, Venezuela, Vietnam, Iran e Nicaragua – avrebbero conseguito risultati molto migliori, garantendo una protezione di circa il 90 per cento e assai più duratura nel tempo. Pure il capitolo degli effetti e reazioni avverse desta le preoccupazioni del prof. Bizzarri, il quale ne parla citando uno studio del MIT di Boston, che avrebbe riscontrato nella fascia under 40 un aumento di circa il 25 per cento di eventi cardiaci avversi. Nessuno mette in discussione l’importanza del progresso medico scientifico e/o quella delle vaccinazioni e delle terapie, però leggendo le argomentazioni del prof. Bizzarri non ci si può esimere dall’esprimere l’auspicio circa gli approfondimenti del caso. Per il resto, ci rimettiamo alle riflessioni del singolo lettore.

di Paolo Arigotti