Svilimento delle professionalità e depauperamento delle tutele assicurative negli appalti fittizi

Spesso il lavoratore non è neppure a conoscenza delle interrelazioni aziendali che sovrintendono il suo rapporto di lavoro, ragione per la quale gli vengono sottaciute una serie di rischi, di natura prevalentemente previdenziale ed assistenziale,  ai quali lo stesso si trova, suo malgrado, esposto in concomitanza con lo svolgimento del rapporto di lavoro.

Nel caso di assunzioni a tempo determinato non ha neppure il tempo di realizzare la simulazione datoriale che sussiste ed è in essere nell’ambito dell’organigramma aziendale, nel corso dello  svolgimento delle sue mansioni.

Si tratta di un fenomeno in espansione, noto come somministrazione illecita di manodopera salariale, ove il rapporto di appalto, alla base, è di natura meramente fittizia: i lavoratori vengono giuridicamente somministrati, atto possibile secondo le attuali disposizioni in materia di lavoro ma a condizione che vengano rispettate le condizioni che ne legittimano l’utilizzo ed il ricorso.

Tuttavia, di fatto, i lavoratori somministrati rimangono nel controllo datoriale dell’azienda che li fornisce e non di quella che li assume. Nel caso in ispecie, accertato l’abuso,  la legge riconosce al lavoratore il diritto ad una maggiore tutela retributiva e contributiva, dandogli facoltà di  richiedere  che il rapporto di lavoro si venga a consolidare in capo all’effettivo

Dal punto di vista tecnico e previdenziale è pur vero che in tali casi, al di là della scelta del lavoratore di adire l’autorità giudiziaria, il rapporto di lavoro viene a configurarsi in capo all’effettivo fruitore delle prestazioni, che ha concretamente esercitato i poteri datoriali nei confronti del lavoratore assunto in forza di un appalto fittizio, ragione per la quale, ove tale fenomeno venga accertato, anche attraverso le ordinarie operazioni di controllo, che di fatto mettono periodicamente in campo i soggetti titolari delle funzioni ispettive, previdenziali ed in materia di lavoro, il rapporto di lavoro simulato viene ad essere  inquadrato in capo all’effettiva azienda, che fruisce dell’operato illecitamente somministrato, con i conseguenti obblighi, a suo carico,  di natura previdenziale, contributiva e retributiva.

Si tratta di complessi processi di esternalizzazione che, sempre più di frequente, si realizzano nello stesso perimetro aziendale, ove il lavoratore si trova ad intessere un rapporto di lavoro con un’unità datoriale, la quale, di fatto, si rivela inesistente nella sua effettiva dinamicità funzionale.

Non si tratta di un rapporto di lavoro sommerso, ovvero non dichiarato ai fini previdenziali, ma di un rapporto di lavoro, che fa capo ad altra unità datoriale, regolarmente dichiarato ma con finalità fraudolente che si rivelano nel lungo, medio periodo, dannose principalmente, a causa della  carente identificazione dei riferimenti aziendali ,utili ad una possibile crescita delle professionalità in fieri.

Recentemente la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1754 del 27 gennaio 2021 ha precisato che l’intermediazione di manodopera ricorre in tutti i casi, in cui il datore di lavoro si limiti a erogare la retribuzione ed a pianificare l’assunzione e la regolazione del rapporto di lavoro sul piano meramente gestionale,  senza una reale presenza in capo all’organizzazione e direzione del rapporto di lavoro, né all’esercizio di un potere direttivo e di controllo.

E’ un  fenomeno in crescita, che danneggia fortemente il  lavoratore, depauperato, principalmente,  di  un’effettiva e corretta tutela  previdenziale oltre che di natura  professionale, rimanendo esposto, irrimediabilmente, a rapide ed inique forme di sfruttamento.

di Angela Gerarda Fasulo