Smart working: cumulo numerico dei lavoratori nel computo dell’organico da impiegare, ai fini del calcolo delle quote per i disabili

Il periodo pandemico ha dato l’avvio ad un nuovo scenario occupazionale flessibile, lo smart working, intorno al quale ancora ruotano tanti dubbi e perplessità, relativi alla corretta collocazione dell’occupazione lavorativa in linea con i contratti collettivi in essere, trattandosi di una disciplina nuova ed in continua evoluzione.

La questione sorta da tempo riguarda la loro posizione numerica, ai fini del calcolo delle assunzioni obbligatorie  dei soggetti con disabilità, tant’è che con l’interpello n 3/2021 il Consiglio nazionale dell’ordine dei Consulenti del lavoro ha richiesto chiarimenti all’INL (Ispettorato nazionale del lavoro),  in ordine alla  corretta quantificazione del computo dei dipendenti in smart working nell’organico aziendale, utile ai fini del calcolo del numero dei  lavoratori da assumere con disabilità, come da vigenti disposizioni normative contemplate nella legge 68/1999.

L’istanza d’interpello prende avvio dal raffronto della nuova dislocazione lavorativa (per intendersi quella in smart working) con quella del lavoratore assunto con telelavoro, conformemente alla disciplina contenuta nelle  disposizioni normative previste dall’art. 23 del d.lgs. n 80 del 2015, che esclude dal computo dei limiti numerici suddetti i lavoratori in telelavoro sia con orario di lavoro pieno che  a tempo parziale, ma limitatamente, residuando tale ipotesi per le sole ore di lavoro ammesse in telelavoro.

 La parametrazione dello smart working al telelavoro è decisamente doverosa ed inevitabile,  ricorrendo, in entrambe le discipline ampi margini di  flessibilità operativa,  rapportabile ai conseguenti benefici che ne derivano in capo al lavoratore, ivi compresa la possibilità di conciliare le esigenze personali con quelle lavorative.

Sulla questione l’INL ha ribadito  il dispositivo normativo citato in favore delle assunzioni obbligatorie, che in ordine a ciò prevede espressamente,  che ai fini della  quantificazione del  numero delle persone affette da disabilità, da assumere, occorre che nel calcolo siano considerati tutti i dipendenti assunti con contratto di lavoro subordinato.

Sul punto il Consiglio Nazionale dell’ordine ha espressamente precisato:… si evidenzia che ai sensi dell’articolo 23 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 80 – che codesto Consiglio Nazionale vorrebbe applicare in via analogica allo smart working – i datori di lavoro privati che si avvalgono del telelavoro per esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in forza di accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali, non computano i lavoratori ammessi a tale istituto agli effetti della determinazione della quota di riserva ai sensi della citata legge n. 68 del 1999. L’esclusione dal computo dei limiti numerici è, pertanto, vincolata alla sussistenza di specifiche condizioni di legge.

L’INL ha chiarito che la ratio della disposizione è da rinvenirsi nell’intento del legislatore di incentivare quanto più possibile il ricorso ad un importante strumento di conciliazione tra vita privata e lavorativa che, per quanto introdotto dall’anno 2004, nel tempo si è rivelato residuale.

Lo smart working, invece, scaturisce da una realtà differente in quanto il lavoratore ha a disposizione strumenti da remoto, che hanno una precisa collocazione temporale e legislativa, regolamentati dagli articoli 18-23 della legge n. 81/2017.

Uno strumento introdotto a tutela della salute pubblica, risultato essere propositivo e positivo, ai fini della complessiva opera di ripristino della normalità in periodo pandemico.

Pur evidenziando palesi affinità, in effetti si tratta di istituti diversi, in quanto lo smart working presenta una maggiore elasticità e flessibilità, dovuta in particolare ad un’organizzazione dell’attività per fasi, cicli e obiettivi e all’assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro, fatti salvi i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.

Inoltre, il ricorso a tale modalità lavorativa da parte dei datori di lavoro pubblici e privati ha registrato un incremento esponenziale, dovuto al perdurare della situazione emergenziale determinata dalla pandemia da Covid-19, ravvedendosene l’utilità principalmente a tutela della salute pubblica e della tenuta della capacità produttiva delle aziende.

Pertanto, l’INL si è espresso in favore del cumulo numerico dei lavoratori in smart working nel computo della determinazione dell’organico da impiegare, ai fini del calcolo della quota delle assunzioni riservate alle persone affette da disabilità.

di Angela Gerarda Fasulo