Retribuzione fittizia nelle prestazioni sociali indebite: assenza di sinallagma funzionale genetico del rapporto di lavoro

La retribuzione è un elemento essenziale del rapporto di lavoro, in qualsivoglia forma e modalità di erogazione determinata.

In termini gius-lavoristico-previdenziali è una nozione abbastanza chiara  e  la sua sussistenza, a monte del rapporto di lavoro risulta indispensabile, ai fini della qualificazione  del tipo di  rapporto intercorso tra le parti:  assume le sembianze di sinallagma funzionale, prodromico alla nascita dell’obbligazione contributiva e a tutto ciò che ne è il naturale corollario previsto dalla normativa previdenziale a beneficio del lavoratore.

In diritto  si identifica con  quanto, normalmente,  corrisposto o da corrispondere al lavoratore in cambio della sua prestazione lavorativa.

In ordine alle caratteristiche  di modalità di corresponsione il legislatore all’art. 36, 1 comma della Costituzione ha previsto che la stessa debba essere:

  • proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro;
  • sufficiente ad assicurare a sé  e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa;

L’obbligazione retributiva, ai sensi di quanto disposto dall’art.2094 del codice civile(“ è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”) è la prestazione fondamentale a cui è obbligato il datore di lavoro nei confronti del lavoratore.

I suoi fondamentali caratteri sono ritenuti dal legislatore elementi portanti  ed imprescindibili, richiesti a pena di nullità/inesistenza dello stesso rapporto di lavoro, in quanto  lo stesso deve necessariamente poter  garantire alla retribuzione:

  1.  la sufficienza minima a soddisfare le esigenze vitali del lavoratore e della sua famiglia;
  2. la proporzionalità della misura di correlazione della retribuzione, rispetto  alla quantità e qualità del lavoro prestato;
  3. la determinatezza e/o deteminabilità, in quanto la sua misura non può essere lasciata al caso  ad un’alea, o ad una mera circostanza virtuale;
  4. la corrispettività, ovvero l’effettiva dazione: ove ogni emolumento retributivo trova il suo corrispettivo nel rapporto di lavoro;
  5. la continuità, in quanto non può essere sospesa in concomitanza del verificarsi di  eventi oggettivi o soggettivi (calamità, riduzione di commesse, malattia, infortuni, permessi, etc);

Ove tali elementi non siano chiaramente ed analiticamente  ravvisabili o si presentino, inverosimilmente,  del tutto assenti, siamo nell’alveo delle casistiche (espressis verbis  tabellate dalla legge) di gratuità del rapporto di lavoro, fatti salvi  i casi in cui si riesca a dimostrare che tale rinuncia è frutto di un patto occupazionale occulto, finalizzato ad eludere  gli obblighi di natura contributiva mediante sfruttamento del lavoratore.

La retribuzione è espressione dell’indispensabile requisito della sinallagmaticità e si caratterizza, geneticamente, per l’onerosità del rapporto di lavoro, la quale esprime lo scambio tra la retribuzione ed il rapporto di lavoro: è base genetica dello stesso  e permane per tutta la sua durata.

Non di rado si assiste a fenomeni di simulazione dei rapporti di lavoro, ove l’individuazione o l’assenza dell’emolumento retributivo è elemento confermativo o meno dell’esistenza stessa dei rapporti di lavoro e delle sue sorti.

Il più delle volte la retribuzione è fittiziamente simulata al fine di poter eludere gli obblighi di legge, ma la congerie delle fattispecie in cui  risulta comprovabile la veridicità dell’effettiva erogazione o la sua totale assenza abbraccia un alveo di casistiche che vanno dalla totale inesistenza dei rapporti di lavoro, alla totale assenza delle scriminanti, che ne giustificano l’effettivo esonero contributivo e previdenziale.

Va da sé che quando il rapporto di lavoro dissimulato (ovvero l’effettivo rapporto di lavoro intercorso tra,le parti, per intenderci quello occulto, che di fatto è quello voluto), emerge per l’effettiva presenza di elementi che in facto lo riportano alla ribalta, non esiste alcuna possibilità per la parte datoriale di poter evadere la contribuzione nè di potersi sottrarre a tutte le conseguenze di natura civilistica, ivi compreso il dover corrispondere la giusta retribuzione maturata in concomitanza con lo svolgimento della prestazione lavorativa. Quindi i due profili, ovvero quello pubblico al versamento della contribuzione, quale atto dovuto a tutela del lavoratore nel rispetto della vigente legislazione previdenziale, e quello privato correlato al conseguente riconoscimento in capo al lavoratore di tutte le prerogative e tutele che gli vengono conferite in correlazione allo svolgimento del rapporto di lavoro, avrebbero convalida piena, abbattendo l’intento fraudolento che, sostanzialmente, va ad esclusivo beneficio della parte datoriale.

Infatti non sono isolati i fenomeni di sfruttamento dei lavoratori, circostanze a cui si assiste di frequente in tutti i settori  e che di prassi  risultano in incremento nel periodo estivo, ove il proliferarsi della produttività nazionale e l’aumento della domanda di servizi e prodotti si presta ad un più proficuo  introito aziendale, in pieno regime con una più intensa circolazione della produzione, favorita da una maggiore richiesta di fornitura e  scambio di beni e servizi.

In altri settori, invece, si assiste a fenomeni inversi, ove effettivamente, non sussistono le condizioni per la reale nascita di un rapporto di lavoro. Si pensi alle cooperative sociali alimentate da mero spirito liberale, ove l’intento fraudolento è invece rappresentato dall’ illusoria rappresentazione dell’esistenza di un rapporto di lavoro (simulato) al fine di poter vedere garantito in capo ai soci, contributi e sovvenzioni statali, oltre ad altri vantaggi, ivi comprese le indennità a sostegno del reddito,normalmente  previste e disposte in favore di categorie occupazionali deboli, in prevalenza presenti in alte percentuali nel mercato del lavoro, che sempre più di frequente sono il frutto di comportamenti illeciti e simulano la presenza di rapporti di lavoro, che la realtà fattuale dimostra fittizi.

Per non parlare della falsa dichiarazione  di giornate di lavoro dei braccianti che operano  nel settore agricolo ove l’attestazione  da parte degli imprenditori agricoli, frutto di un accordo fraudolento  intercorso con  il lavoratore,   di rapporti di lavoro inesistenti, garantisce, a fronte di un minimo di 51 giornate annuali dichiarate ai fini previdenziali, un agglomerato di benefici e prestazioni assistenziali, a tutto discapito del bilancio dello Stato, che si riverbera e ripercuote sulle reali fasce deboli,  se si considera che il più della volte i rapporti di lavoro agricolo simulato risultano totalmente inesistenti.

di Angela Gerarda Fasulo