RAPPRESENTANZA E RAPPRESENTATIVITÀ

Presentiamo, di seguito, la sintesi della memoria predisposta dal Centro Studi CISAL, illustrata e consegnata il 26 novembre scorso alla “XI Commissione lavoro pubblico e privato” della Camera dei Deputati, nel corso dell’audizione della Delegazione CISAL composta dal Responsabile del Centro Studi CISAL Aldo Urbini e dal Vice Segretario Generale FIALP CISAL Michele Di Lullo, per l’esame delle proposte di legge C5 e abbinate in materia di Rappresentanza e Rappresentatività.
La CISAL – Organizzazione confederale autonoma nata nel 1957 – sostiene da sempre l’attuazione dell’art. 39 della Costituzione. Ritiene anzi che l’inerzia del legislatore, protrattasi per oltre sessant’anni, abbia dato luogo ad una affannosa ricerca di soluzioni del tutto empiriche e comunque ben lontane dal sistema previsto dal Costituente in tema di democrazia sindacale in genere e di rappresentanza e di rappresentatività in particolare.
Un sistema costituzionale, è bene sottolinearlo, basato sulla concezione di una società nella quale i rapporti politici dei cittadini fossero nettamente distinti e separati da quelli economici, non a caso inseriti, questi ultimi, nel Titolo III della Carta, rispetto ai primi inseriti nel Titolo IV. Ciò, evidentemente, nella chiara convinzione che nella nascente democrazia, la rappresentanza politica dei cittadini e dei connessi interessi generali dovesse essere esercitata dai partiti e dal loro democratico alternarsi al governo del Paese a seconda della maggioranza espressa dal voto popolare, a differenza della rappresentanza sindacale che, invece, non potesse né dovesse mai prescindere dalla unitarietà. Sappiamo tutti che così non è stato.
E sappiamo anche come l’ anomala situazione che ne è derivata non abbia contribuito alla crescita economico-culturale del cittadino/lavoratore in termini non solo di legittimo esercizio dei propri diritti, ma anche e soprattutto di una maggiore consapevolezza del proprio ruolo per affermarne e consolidarne una funzione sostanzialmente “paritaria” rispetto a quella delle altre componenti pur essenziali alla vita economico/produttiva del Paese. Ed il fatto che oggi – a dispetto della chiara volontà del legislatore costituente espressa da oltre sessant’anni – stiamo ancora discutendo su un’ipotesi di “legge sindacale” per di più forzosamente limitata alla rappresentanza ed alla rappresentatività, ne costituisce la prova più evidente!
Peraltro – ed è del tutto singolare – ne stiamo discutendo sulla base di Proposte di Legge i cui testi, tranne uno, omettono ogni sia pur minimo richiamo all’art. 39 della Costituzione:
una “accortezza” che, ci scuseranno i proponenti, appare sinceramente poco comprensibile se non addirittura fuorviante!
Tanto più dopo la recente sentenza 231 del 23 luglio 2013 con la quale, pronunciando su uno specifico petitumriguardante il “tormentato” art.19 dello Statuto dei Lavoratori, la Corte Costituzionale non ha potuto fare a meno di precisare che “ .. l’intervento additivo operato … nei limiti della questione sollevata, non affronta il più generale problema della mancata attuazione complessiva dell’art. 39 della Costituzione … ”; così come, disquisendo in ordine a forzose interpretazioni dello stesso art. 19, ha ulteriormente affermato che “ … risulta evidente anche il vulnus all’art.39 primo e quarto comma Cost., per il contrasto che, sul piano negoziale, ne deriva ai valori del pluralismo e della libertà di azione della organizzazione sindacale … ”. La posizione della CISAL, quindi, come affermato in apertura e come può dedursi dalle suesposte sintetiche considerazioni, resta coerentemente ispirata ai principi costituzionali ed in particolare all’art. 39, laddove afferma che “L’organizzazione sindacale è libera” e che “..ai Sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione…..” precisando, altresì, che “I Sindacati registrati possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria … ”.
Ritiene, peraltro, la CISAL che sia fondamentale, per la realizzazione di una piena ed effettiva “ democrazia sindacale ” nel nostro Paese, oltre che l’auspicata attuazione dell’art. 39, anche l’altrettanto auspicata attuazione dell’art. 46 (richiamato in una delle proposte all’esame ), anch’esso purtroppo dimenticato dal legislatore ordinario.
Un’ organica ed autonoma iniziativa del Parlamento in tal senso
– risponderebbe al dettato costituzionale;
– eliminerebbe una impropria quanto confusa congerie di norme pattizie e di interventi giurisprudenziali prevalentemente intesi a sostenere lo status quo;
– porrebbe fine ad un sistema di relazioni industriali fondato su una sorta di “conventio ad excludendum”;
– certamente favorirebbe un processo democratico di partecipazione consapevole e responsabile di tutte le sue componenti, nessuna esclusa, ad una più armoniosa crescita economica, sociale e culturale del Paese.