Rapporto Italiani nel Mondo 2020 – Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana

È giunto alla sua quindicesima edizione il Rapporto Italiani nel Mondo, un importante progetto editoriale e culturale dedicato dalla Fondazione Migrantes alla mobilità italiana all’estero. La presentazione è avvenuta il 27 ottobre scorso con le nuove modalità dettate dalla situazione di emergenza sanitaria, attraverso una diretta streaming sul canale Youtube e sulla pagina Facebook della Conferenza Episcopale Italiana.

L’evento è stato salutato con una lettera del Capo dello Stato Sergio Mattarella, che ha sottolineato il pregio di questo lavoro di ricerca e studio, che ha coinvolto circa 60 autori dall’Italia e dall’estero. Mattarella ha evidenziato come tale rapporto sia divenuto un punto di riferimento importante per istituzioni, mondo accademico e società civile, per approfondire lo studio delle dinamiche del tessuto sociale, che a livello globale incidono sul fenomeno.

La pubblicazione, inoltre, per il Presidente, riesce a fornire chiavi di lettura sulle dinamiche di mobilità, che riguardano il nostro Paese, ponendo al centro dell’analisi l’umanità della persona e le complesse ragioni che spingono i singoli a spostarsi.

Sono intervenuti alla presentazione il Card. Bassetti, Presidente della CEI, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il Presidente dell’Inps Pasquale Tridico, oltre a Mons. Di Tora, Presidente della Fondazione, ospite dell’evento ed alla Curatrice del Rapporto Delfina Licata.

Risale al 2006 il primo Rapporto della Fondazione Migrantes, grazie alla felice intuizione di raccontare l’Italia che parte e che ha continuato a farlo con continuità nei decenni trascorsi, nel momento in cui invece l’opinione pubblica si concentrava quasi esclusivamente sugli arrivi nel nostro Paese.

L’annuario ha registrato, negli ultimi venti anni circa, un passaggio epocale: la mobilità umana è divenuta a livello globale “segno dei tempi”, apertura ad un mondo che non conosce confini, se non quelli costruiti artificiosamente, superati però costantemente dall’innata curiosità dell’uomo di conoscere, ma anche dall’istinto di sopravvivenza e dalla ricerca di un’esistenza felice. In questo quadro di complessità di un’umanità in movimento, anche l’Italia ha fatto la sua parte sia nel ricevere migranti di altri paesi sia nell’essere, essa stessa, nuovamente protagonista di partenze e, raramente, di ritorni.

Dal 2006 ad oggi la mobilità italiana è cresciuta del 76,6%, passando da poco più di 3 milioni di italiani, iscritti regolarmente all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero ai 5,5 milioni attuali. Una crescita ininterrotta che ha visto diminuire la differenza di genere, con un incremento della mobilità femminile (dal 46,2% al 48% sul totale degli iscritti) e anche un ringiovanimento di questa collettività, grazie alle nascite all’estero ed alla nuova mobilità, costituita da nuclei familiari con minori al seguito e giovani e giovani adulti.

Nel 2019 hanno lasciato l’Italia, almeno ufficialmente, 131 mila cittadini verso 186 destinazioni nel mondo e da ogni provincia italiana. Tra le prime 20 mete vi sono nazioni di quattro continenti diversi, ma ben 14 sono paesi europei. Nelle prime posizioni si fanno notare paesi di “storica” presenza migratoria italiana, Regno Unito, Germania, Francia, Svizzera. Sostanzialmente euroamericana è la mobilità riscontrata, ma alle traiettorie tradizionali se ne aggiungono in tempi recenti altre, il profondo Nord Europa ma anche uno sguardo ad Oriente, Cina ed Emirati Arabi, mete di destinazione per imprenditori, professionisti e specialisti di determinati settori.

Se nel 2006, in base ai dati Istat, quasi il 70 % dei residenti all’estero aveva un titolo di studio basso o addirittura non ne aveva, ad oggi si nota una crescita della scolarizzazione e formazioni dei residenti italiani oltreconfine. Un dato sconfessa la narrazione della mobilità recente, che parla di “cervelli in fuga” e che viene quindi rappresentata come quasi esclusivamente composta da italiani altamente qualificati: in realtà a crescere sempre più è la componente “dei diplomati” alla ricerca all’estero di lavori generici.

Nel Rapporto 2020 vi è un approfondimento inedito del contesto territoriale di partenza con un’analisi a livello provinciale, che si aggiunge a quella consueta regionale.

Il Rapporto Italiani nel mondo 2020
Foto: Fondazione Migrantes

Il lavoro sulle province ha consentito di evidenziare un secondo errore di narrazione della mobilità italiana odierna. Sebbene la prima regione da cui si parte per l’estero oggi è la Lombardia, seguita dal Veneto, l’attuale mobilità non è una questione del Nord di Italia. Il vero divario registrato, rispetto a quello tradizionale tra Nord e Mezzogiorno d’Italia, è tra città ed aree interne. Sono luoghi che si trovano tanto al Sud quanto al Nord, ma che nelle regioni meridionali diventa una doppia perdita di energie giovani verso il settentrione e l’estero. A svuotarsi sono i territori già messi a dura prova da spopolamento, senilizzazione, eventi calamitosi o negative congiunture economiche. Il RIM fa emergere la necessità che lo studio e l’analisi della mobilità sia sempre più centrata sui microcontesti; infatti, proprio qui si rilevano nuove modalità di vivere il territorio abitando il mondo, essendo diversamente presenti, come coloro che, pur vivendo all’estero, mantengono un legame comunitario e culturale con il luogo di origine. La fragilità dei territori compromessi dalla migrazione ha creato paradossalmente dal di dentro l’antidoto per superarla, formando generazioni fuori da questi contesti, ma che ad essi guardano come loro possibile soluzione, perché raramente le radici si spezzano davvero.

Riprendiamo la frase dello scrittore siciliano Vincenzo Consolo, che il Presidente del Consiglio Conte ha citato nel suo intervento al webinar: “l’emigrazione è il cammino della civiltà”. Tutte le grandi civiltà si sono, infatti, formate attraverso le emigrazioni. Il Rapporto tiene traccia del cammino compiuto, anche all’estero dal popolo italiano nella costruzione dei valori fondanti della propria civiltà.

di Rosaria Russo