Rapporto Annuale INPS 2020

Alla Camera dei Deputati, il 29 ottobre 2020, il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico ha presentato il XIX Rapporto Annuale sul ruolo e le attività svolte dall’Istituto nel sistema del welfare nazionale e nell’attuale contesto socioeconomico.

Sono intervenuti il Presidente della Camera, Roberto Fico e la Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo.

Nel contesto di emergenza prolungata che il nostro Paese sta vivendo da mesi lo Stato è ritornato al centro della vita economica, dopo decenni di politiche che ne hanno ridotto progressivamente l’azione. L’intervento dello Stato si è reso necessario non solo per regolare gli aspetti sanitari, al fine di controllare la circolazione del virus Covid-19, ma anche per evitare che la crisi innescatasi a tutti i livelli si trasformasse in una incontrollabile crisi socio-economica, adottando forti misure di spesa pubblica e forme di regolamentazione del mercato del lavoro.

L’Inps ha fronteggiato in poco tempo, senza ulteriori supporti tecnologici o di personale, la gestione di nuove prestazioni di sostegno al reddito, messe in campo dal governo per mitigare le conseguenze negative della crisi sui lavoratori, sostenendo il potere di acquisto degli strati più poveri della popolazione come chiave di ripresa e maggiore sviluppo.

All’impegno dell’Istituto, che ordinariamente raggiunge circa 43 milioni di individui/utenti, si è aggiunto l’impegno straordinario che ha dato servizi ad oltre 14 milioni di soggetti per una spesa di 26,2 miliardi di euro.

Il Presidente Tridico ha analizzato le misure-argine adottate contro l’effetto Covid sull’economia, introdotte dai vari decreti-legge che si sono susseguiti, dal D.L. Cura Italia al D.L. Agosto. Molteplici sono state le misure straordinarie e quindi le prestazioni erogate al fine di coprire la più ampia parte di popolazione interessata da cadute di reddito a seguito dell’emergenza sanitaria: dai bonus baby-sitting e centri estivi all’estensione dei giorni di congedo straordinario per i soggetti titolari della Legge 104/92, dalle indennità 600/1.000 euro per molteplici categorie (lavoratori autonomi, titolari di partita IVA, agricoli, professionisti, co.co.co. stagionali, intermittenti, lavoratori dello spettacolo, lavoratori domestici e altre categorie svantaggiate) alla proroga di trattamenti di disoccupazione NASpI e DIS-COLL.

Asse portante dei provvedimenti governativi è stato lo strumento dell’integrazione salariale per sostenere imprese e lavoratori, scongiurando il tradursi immediato della crisi in un crollo dei livelli occupazionali. Si è dovuto derogare ad alcune disposizioni della normativa previgente per raggiungere una più ampia platea di imprese e lavoratori e semplificare le procedure per il pagamento, soprattutto della cassa integrazione in deroga.

Nel sistema italiano la cassa integrazione, sebbene complessa, è uno degli strumenti più efficaci e garantisti in quanto permette la ricostruzione della posizione previdenziale del lavoratore, oltre che retributiva, permettendo anche l’erogazione degli assegni familiari.

Inevitabili sono state le criticità rilevate poiché in un contesto emergenziale inedito l’Inps è stato impegnato nell’erogazione di oltre 12 milioni di prestazioni CIG in sette mesi per 6.5 milioni di lavoratori. Uno studio congiunto di Banca d’Italia ed INPS sull’utilizzo della Cassa Integrazione con causale Covid ha evidenziato, che vi hanno fatto ricorso i settori con riduzioni dell’attività più marcate, come era prevedibile. Anche però i settori in cui la produzione od il fatturato non sono diminuiti, molte aziende (20% della manifattura, 30% nei servizi) hanno utilizzato lo strumento della CIG. Su 552mila aziende che hanno utilizzato almeno un’ora di cassa integrazione, il 34% non ha subìto riduzioni di fatturato.

Il Presidente Tridico ha rimarcato che, se le istituzioni vengono spesso dipinte come sorde ai bisogni della società e del mondo produttivo, che chiedono semplicità nei rapporti e nei procedimenti amministrativi, la semplificazione non vuol dire assenza di controlli. Un welfare maturo ha la necessità di trovare un equilibrio efficiente tra gestione e controllo.

La Direzione Antifrode dell’Istituto, a titolo esemplificativo, ha messo in campo un’ampia attività di controllo, volta ad evitare frodi, individuando aziende che hanno messo in atto comportamenti indebiti nella richiesta di trattamenti di integrazione salariale.

Oltre 3.000 sono stati i casi individuati di aziende fittizie, assunzioni funzionali alla sola erogazione della cassa, iscrizioni retrodatate e altri fenomeni palesemente fraudolenti bloccati nei mesi scorsi dall’Antifrode dell’Inps.

Il Presidente a questo proposito ha invitato a superare la logica categoriale, che costituisce uno dei limiti principali nella gestione dell’emergenza. Occorre pensare a strumenti unici ed universali di sostegno al reddito e di lotta alla povertà, tenendo conto delle innumerevoli sfaccettature del nostro tessuto sociale e del mercato del lavoro.

Il rapporto ripercorre anche l’evoluzione del mercato del lavoro dal 2014 al 2019. Nel 2019 il numero complessivo degli assicurati INPS è cresciuto solo marginalmente (+0,3%) arrivando a quasi 25,5 milioni di individui, ma tale incremento è riconducibile principalmente ai lavoratori extracomunitari nelle regioni settentrionali. Tale leggero incremento occupazionale nel 2019 si è accompagnato ad una stazionarietà delle retribuzioni reali. Nell’ambito del lavoro autonomo i dati ricavabili dall’archivio dell’Istituto, che riguardano principalmente artigiani e commercianti, evidenziano un declino in atto da anni, più significativo per gli artigiani ed in particolare per i collaboratori familiari.

Un capitolo del Rapporto approfondisce il ruolo e l’impatto che hanno avuto Reddito di cittadinanza e Pensione di cittadinanza, che hanno introdotto in Italia lo strumento di un reddito minimo. Molti gli studiosi da Karl Polanyi a Federico Caffè al premio Nobel Amartya Sen, ma anche economisti di forte ispirazione liberista come von Hayek e Friedman, hanno sostenuto la necessità di uno strumento di sostegno al reddito universale nelle sue diverse varietà. Proprio la mancanza di un simile strumento ha, infatti, alimentato enormi sacche di povertà durante la grave crisi finanziaria iniziata nel 2008-09. Il numero dei soggetti raggiunti dal RdC è passato da circa 2,5 milioni di individui a gennaio 2020 ad oltre 3,1 milioni a settembre 2020, con un incremento quindi del 25 % innescato dagli effetti dell’emergenza Covid. I nuclei percettori si concentrano nelle regioni del Sud e nelle isole, raggiungendo il 61% del totale, seguono le regioni del Nord con il 24% ed infine quelle del Centro con il 15%. L’importo medio mensile erogato dall’istituzione della prestazione RdC/PdC ad oggi è pari a 526 euro; mediamente vengono erogati 563 euro per il Reddito di Cittadinanza e 246 euro per la Pensione di Cittadinanza. I nuclei con minori sono 468 mila, rappresentando il 35% dei nuclei beneficiari, mentre i nuclei con disabili costituiscono il 19%. Di 3,1 milioni di persone coinvolte sono 813 mila i minorenni, una cifra molto alta che senza tale strumento sarebbe stata esclusa da aiuti mirati.

La riflessione che emerge dall’esame della prestazione riguarda tre ordini di interventi indispensabili per rendere RdC una misura di contrasto alla povertà efficace. Anzitutto è necessario, anche attraverso interventi legislativi più incisivi, evitare che il RdC finisca nelle mani di soggetti che non ne avrebbero diritto. In questa direzione si muove l’Istituto con protocolli di intesa con Aci, Ministero della Giustizia, Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza e collaborazione con la Commissione Antimafia. Importante è migliorare la condivisione delle banche dati della P.A. ed effettuare un delicato bilanciamento tra privacy e controlli. L’altro ambito in cui si rendono importanti gli interventi del legislatore è il fronte opposto: numerosità e rigidità delle soglie esistenti per accedere al RdC che insieme all’esclusione dei cittadini non italiani presenti nel Paese da meno di 10 anni, comporta l’incompleta risoluzione del problema della povertà. Come sperimentato con il Reddito di emergenza durante il periodo emergenziale, la semplificazione dei requisiti porterebbe ad un allargamento della platea dei potenziali beneficiari. Infine, è importante il collegamento con le politiche attive e con i progetti sociali utili alla collettività (PUC), coinvolgendo in misura maggiore i comuni, gli enti locali ed il terzo settore. Le politiche attive di per sé non creano posti di lavoro ma possono favorire l’incontro tra domanda e offerta. Un’attività intrapresa di recente dall’Istituto, di cui dà conto la Relazione, è “INPS per tutti” che avvicina tutti alla fruizione dei propri diritti economici, ivi inclusi anche coloro che vivono in condizioni di emarginazione ed estremo disagio sociale.

Il Presidente Tridico, alla luce dei dati emersi sui vigenti strumenti a sostegno del reddito operanti nell’ordinamento sociale del nostro Paese, avanza la proposta di superare la forte frammentarietà del sistema e sollecita una riforma organica degli ammortizzatori sociali. La matrice assicurativa del nostro sistema di protezione sociale è basata sul lavoro subordinato, tradizionalmente inteso e ciò comporta che molti lavoratori risultano privi dei requisiti di accesso alle tradizionali misure di welfare. Si rende necessario delineare un ammortizzatore universale e maggiormente inclusivo.

Il Rapporto 2020 ha una interessante novità, occupandosi per la prima volta in modo esteso delle prestazioni pensionistiche in chiave pluridecennale. La storia dei numerosi interventi legislativi negli ultimi 30 anni, a partire dalla Riforma Amato del 1992, ha evidenziato la necessità di assicurare la sostenibilità finanziaria nel lungo periodo. Se la sostenibilità economica del sistema pensionistico è stata assicurata con la più recente “riforma Fornero”, non pare invece conseguita quella sociale. Nel sistema contributivo, infatti, in cui il montante dei contributi versati è rivalutato secondo l’andamento quinquennale del PIL si profilano bassi importi pensionistici, laddove il tasso di crescita dell’economia non è elevato o in tempi di crisi stagnante o perfino negativo. Non hanno avuto successo, nell’integrare i futuri assegni di pensione, i fondi di previdenza complementare, perché favorevole solo per i lavoratori dipendenti a tempo determinato rispetto ai soggetti, sempre più numerosi con carriere discontinue, già penalizzati dal sistema di previdenza obbligatoria.

Un’ultima analisi è fornita a conclusione del Rapporto INPS 2020 e riguarda le misure di sostegno alla famiglia erogate dall’Istituto. La dinamica temporale negativa dei benefici alla maternità (2,7 milioni nel periodo 2012-2019) riflette il calo della natalità, sebbene in parallelo siano cresciuti il numero dei congedi di paternità erogati, con tendenza al riequilibrio nell’impegno verso la cura alla famiglia. All’insicurezza lavorativa, al tipo di contratto offerto alle lavoratrici, si associa una riduzione della fertilità, come risulta dall’analisi degli impatti del “Jobs Act”.

Le altre politiche pubbliche di sostegno alla famiglia, dalle detrazioni per carico familiare Irpef agli assegni per il nucleo familiare (ANF), sono state analizzate anche in funzione della formulazione della proposta di un “assegno unico”, stimandone l’impatto tramite un modello di micro-simulazione. In questa ipotesi, a fronte dell’abolizione delle detrazioni familiari (circa 11 miliardi) e degli ANF (circa 6 miliardi annui), il nuovo assegno pur avendo un costo in termini di saldo di finanza pubblica potrebbe, comunque, essere affrontabile, se venissero riassorbiti i vari bonus connessi alla natalità.

A conclusione della Relazione Annuale il Presidente Tridico rivendica il ruolo centrale dell’INPS nel sostenere e proteggere il Paese nella fase più acuta degli effetti della pandemia. È necessario rafforzarne la capacità di risposta e l’efficienza degli strumenti, con investimenti tecnologici per consentire la necessaria trasformazione digitale.

Innovazione, collaborazione e solidarietà sono le linee guida attraverso le quali l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale intende confermare la sua missione di ente al servizio del Paese.

di Rosaria Russo