Quando lo sfruttamento diventa di moda: il caso di una nota griffe

I Carabinieri del Nucleo del Lavoro di Milano hanno dato esecuzione ad un decreto di “amministrazione giudiziaria” emesso dal Tribunale di Milano – Sez. Misure di Prevenzione – su richiesta della Procura della Repubblica di Milano, a carico di una nota azienda operante nel settore dell’alta moda. A darne notizia è stato l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con il comunicato del 18 gennaio 2024.

L’azienda di moda in questione è la Alviero Martini S.p.A., specializzata in borse e accessori identificati da carte geografiche.

Il motivo dell’intervento del Tribunale risiederebbe nell’incapacità dell’azienda di ‹‹prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo, non avendo mai effettuato ispezioni o audit sulla filiera produttiva per appurare le reali condizioni lavorative ovvero le capacità tecniche delle aziende appaltatrici, tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato››.

Nel corso dell’indagine si è appurato che la casa di moda usava esternalizzare completamente i processi produttivi a società terze mediante contratti di appalto con divieto di sub-appalto senza preventiva autorizzazione.

Tuttavia le aziende appaltatrici disponevano ‹‹solo nominalmente di adeguata capacità produttiva››, dunque potevano competere sul mercato ‹‹solo esternalizzando le commesse ad opifici cinesi›› che, a loro volta, riuscivano ad abbattere i costi ‹‹grazie all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento››.

Tale sistema, si legge nel comunicato, avrebbe consentito ‹‹di realizzare una massimizzazione dei profitti inducendo, con il classico sistema “a strozzo”, l’opificio cinese che produce effettivamente i manufatti ad abbattere i costi da lavoro (contributivi, assicurativi e imposte dirette) facendo ricorso a manovalanza in nero e clandestina, non osservando le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nonché non rispettando i Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore con riguardo a retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie››.

Le testimonianze raccolte dagli investigatori e riportate dalla stampa nazionale[1] raccontano una terribile realtà lavorativa: macchinari non sicuri, lavoratori che dormivano e mangiavano negli stessi laboratori in cui lavoravano, ambienti inadatti e insalubri, retribuzioni a cottimo (1,25 euro a tomaia di scarpe) o paghe al di sotto della soglia di povertà (poco più di 6 euro all’ora). Ci sarebbe stato anche un morto sul lavoro, un lavoratore in nero, la cui posizione lavorativa sarebbe stata regolarizzata da una delle società appaltatrici solo dopo l’infortunio mortale.

Naturalmente il sistema di subappalti e sfruttamento del lavoro produceva un drastico abbattimento di costi dato che prodotti con un valore di produzione di 20 euro realizzati dagli opifici che si collocavano al fondo alla “filiera” del subappalto, una volta giunti in negozio, arrivavano ad avere un prezzo di vendita di 350 euro[2].

Durante le operazioni sono stati controllati 8 opifici, tutti risultati irregolari, nei quali sono stati identificati 197 lavoratori, di cui 37 occupati in nero e clandestini sul territorio nazionale.

Sono stati deferiti in stato di libertà a vario titolo per caporalato (e altro) 10 titolari di aziende di diritto o di fatto di origine cinese nonché 37 persone non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale.

La Alviero Martini S.p.A., per il tramite del suo legale, ha prontamente precisato di non essere oggetto di indagine per le incresciose condotte appurate dalla Procura di Milano; ha precisato, inoltre, che non era al corrente del ricorso a “laboratori cinesi”, comunque imputabile esclusivamente a sub-fornitori non autorizzati.

Al momento l’azienda e i suoi organi amministrativi, in applicazione della misura di prevenzione disposta dal Tribunale, sono affiancati da due Amministratori Giudiziari per un attento monitoraggio della filiera produttiva.

Il procedimento penale per caporalato si trova, invece, nella fase delle indagini preliminari e le responsabilità in merito saranno definitivamente accertate solo da eventuali sentenze irrevocabili di condanna.

di M. Davide Sartori


[1] Si veda (fra i tanti) Open del 17.01.2024, Avvenire del 17.01.2024, Il Manifesto del 10.01.2024.

[2] Si veda Il Sole 24 Ore del 17.01.2024.