Il tema dello stress lavoro correlato e più in generale della gestione dei rischi psicosociali negli ambienti di lavoro è divenuto un problema di interesse centrale e trasversale a numerosi ambiti disciplinari e di intervento: medico, ingegneristico, psicologico, sociologico.
I rischi di natura psicosociale e i loro effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori, sono diventati tra i principali temi chiave messi ufficialmente nelle agende dei diversi governi dell’UE.
Lo stress legato all’attività lavorativa è una delle principali sfide dell’Europa nella sfera della salute e della sicurezza sul lavoro (SSL) e il numero di persone che lamentano situazioni di disagio provocate dallo stress o aggravate dal lavoro è destinato ad aumentare nel tempo. Lo stress è il secondo problema sanitario legato all’attività lavorativa segnalato più di frequente in Europa, un problema che colpisce il 22% dei lavoratori dell’UE (2005). Dagli studi condotti emerge che una percentuale compresa tra il 50% e il 60% di tutte le giornate lavorative perse è riconducibile allo stress. Si è calcolato che nel 2002 il costo economico annuo dello stress legato all’attività lavorativa nell’UE a 15 ammontava a 20 000 Mio EUR (Osservatorio europeo dei rischi, European Agency for Safety and Health at Work, 2008).
Secondo l’Agenzia “per promuovere un vero benessere sul luogo di lavoro che sia tanto fisico quanto psicologico e sociale, sono necessarie nuove forme di valutazione poiché esso non si misura semplicemente con l’assenza di infortuni o malattie professionali”. (Linee guida Agenzia europea 2002-2006).
In Italia, il D. Lgs. N. 81 del 9 aprile 2008, dal titolo “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” e successive modifiche., pur non intaccando il complesso impianto della normativa precedente, ne semplifica e ridefinisce l’insieme delle norme riferite alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Con l’art.28 si sottolinea in modo esplicito che la valutazione dei rischi deve riguardare tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori, tra cui anche quelli relativi allo stress lavoro correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo del 8 ottobre 2004. L’accordo stabilisce che “Potenzialmente lo stress può riguardare ogni luogo di lavoro ed ogni lavoratore, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, dal settore di attività o dalla tipologia del contratto o del rapporto di lavoro. Ciò non significa che tutti i luoghi di lavoro e tutti i lavoratori ne sono necessariamente interessati” (art.1, comma 2). L’obiettivo dell’accordo è quello di: “offrire ai datori di lavoro ed ai lavoratori un quadro di riferimento per individuare e prevenire o gestire problemi di stress lavoro-correlato. Non è invece quello di attribuire la responsabilità dello stress all’individuo” (art.2, comma 2).
Nell’accordo, lo stress viene considerato come: “una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro” (art. 3, comma 1), inoltre “Lo stress lavoro-correlato può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione, etc. (art. 3, comma 1)”.
Viene anche evidenziato che: “…un alto tasso di assenteismo o una elevata rotazione del personale, frequenti conflitti interpersonali o lamentele da parte dei lavoratori sono alcuni dei segnali che possono denotare un problema di stress lavoro-correlato” (art. 4, comma 1).
Di conseguenza, “L’individuazione di un eventuale problema di stress lavoro-correlato può implicare una analisi su fattori quali l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro (disciplina dell’orario di lavoro, grado di autonomia, corrispondenza tra le competenze dei lavoratori ed i requisiti professionali richiesti, carichi di lavoro, etc.), condizioni di lavoro e ambientali (esposizione a comportamenti illeciti, rumore, calore, sostanze pericolose, etc.), comunicazione (incertezza in ordine alle prestazioni richieste, alle prospettive di impiego o ai possibili cambiamenti, etc.) e fattori soggettivi (tensioni emotive e sociali, sensazione di non poter far fronte alla situazione, percezione di mancanza di attenzione nei propri confronti, etc.)” (art. 4, comma 2).
In definitiva l’accordo sembra accogliere le cause più comunemente evidenziate in letteratura internazionale sul tema dello stress e tali concordanze e sovrapposizioni (cfr. Cox, Griffiths, 1994; Sauter, Murphy, 1995) indicano una coerenza sempre maggiore nell’attuale modo di pensare in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
A fronte del recepimento formale dell’Accordo Europeo sullo stress correlato al lavoro nel D.Lgs. 81/2008, al momento è necessario procedere alla completa attuazione dello stesso, avviando un processo di sviluppo che operi un profondo cambiamento culturale con l’obiettivo di realizzare interventi di prevenzione efficaci per migliorare gli ambienti di lavoro. Tale processo necessità ovviamente della partecipazione di tutte le figure della prevenzione (RSPP, Medico del Lavoro, RLS); in particolare, come si riscontra anche dalle metodologie utilizzate nei diversi paesi Europei per la valutazione dello stress lavoro correlato, dovrebbe esser riconosciuto un ruolo attivo e partecipativo dei lavoratori che, grazie alla loro esperienza diretta nell’azienda, permettono di restituire una descrizione integrale del contesto lavorativo.