Per quale ragione la città di Torino ospita il secondo museo egizio al mondo

Il museo egizio di Torino è il più antico dedicato a quella cultura millenaria, ma per quale ragione fu scelto proprio il capoluogo piemontese per ospitarlo?

Ricordiamo brevemente che si tratta del secondo museo al mondo dedicato all’antico Egitto, dopo quello del Cairo, e che ospita circa 40mila reperti e 3mila oggetti, nei 12mila metri quadri di superficie espositiva.

Nel 2019 è stato il museo italiano col maggior numero di visitatori.

Fondato nel 1824 ed aperto al pubblico circa otto anni dopo, la sede storica dell’esposizione è il palazzo denominato Collegio dei nobili, nel cuore della città, costruito nel XVII secolo sulla base di un disegno di Michelangelo Buonarroti.

A destare l’interesse per l’egittologia fu, nel 1626, l’arrivo a Torino della Mensa isiaca, antica tavoletta bronzea acquistata dal Re Carlo Emanuele I di Savoia. Nel ‘700 fu deciso l’invio di una prima spedizione archeologica in Egitto per cercare le origini storiche del reperto, che consentirono a metà secolo – per opera del botanico ed appassionato di egittologia Vitaliano Donati – di rinvenire importanti reperti, tra i quali tre grandi statue di faraoni ed antiche divinità, tutti inviati all’università torinese. A dare ulteriore impulso alla passione per l’egittologia le campagne napoleoniche, che grazie alla partecipazione dell’archeologo Jean Francois Champollion ed alla scoperta della stele di Roseta consentirono per la prima volta di tradurre l’antica scrittura egizia. Il console francese a Torino durante l’occupazione napoleonica del Piemonte, Bernardino Drovetti, raccolse una collezione di reperti stimata in 8mila pezzi, poi acquistata dal Re Carlo Felice nel 1824 assieme alla collezione Donati, che costituirono il primo nucleo del museo (alla catalogazione delle collezioni contribuì lo stesso Champollion, appositamente giunto dalla Francia).

Fin dalle origini, il museo condivise gli spazi con l’accademia delle scienze e nel tempo ha arricchito le proprie collezioni grazie a donazioni private e scambi con altri musei. Gli scavi condotti in Egitto tra il 1903 ed il 1937 da Enesto Schiaparelli (da cui prese poi il nome un’ala del museo) e Giulio Farina – che si avvicendarono nella direzione (dal 1939 il museo è sovrintendenza autonoma) – consentirono l’arrivo di circa trentamila reperti ulteriori. Durante la Seconda guerra mondiale le collezioni furono trasferite fuori città per volontà del direttore Farina (antifascista), che le salvò così dai pesanti bombardamenti. Il governo del Cairo, negli anni Sessanta, ha fatto dono al museo del tempietto rupestre di Ellesiya, come riconoscimento e ringraziamento per l’aiuto italiano per il salvataggio dei templi nubiani minacciati dalle acque della diga di Assuan. Ulteriori lavori di ristrutturazione ed ampliamento hanno interessato il museo verso la fine degli anni Ottanta e da ultimo pochi anni ro sono (con una grande inaugurazione nel 2015). Completa le collezioni la ricca biblioteca Silvio Curto.

di Paolo Arigotti