Il viaggio finisce la sera tardi ed un altro inizia l’imminente indomani.
Il pendolare che torna a casa la sera, dopo un viaggio snervante, per attese, ritardi, imprevisti vari sempre più frequenti, si avvia verso la vita familiare, nel tran tran di abitudini ed inquietudini che nulla hanno a che fare con il lavoro se non per il fatto che costituiscono un crudo, faticoso, corredo esistenziale, che talvolta si appesantisce proprio a causa di ritmi stenuanti e gravosi che vedono ormai, un’accresciuta fetta di lavoratori, in età giovane e non, veicolarsi tra andamenti routinari stressanti, talvolta avvolti in un quotidiano scorrere e periodico, di percorsi chilometrici, inevitabili per poter avviare la giornata lavorativa in presenza.
Ogni giorno il rito si ripete con la stessa cadenza e periodicità, ragione per la quale migliaia di persone si spostano dalle loro abitazioni per raggiungere i luoghi di lavoro.
A questi si aggiungono i pendolari del week-end che decidono di non viaggiare tutti i giorni, ma di permanere e dimorare con distinte abitazioni nei luoghi in cui svolge la propria attività lavorativa, per poi ritornare, solo il fine settimana a casa, sperando che ciò arrechi meno stress e riduca il senso di inquietudine ancestrale legato alla mobilità, abbatta parzialmente, in estrema sintesi, quella raccapricciante consapevolezza dell’inutile, infruttuoso scorrere del tempo necessario per potersi recare a lavoro.
Il viaggio del “pendolare” diventa sempre più estenuante, stremante e doloroso permeato da complessità e problematiche di ogni sorta, perché al rientro diventa sempre più difficile conciliare le esigenze lavorative con quelle familiari per quelle problematiche insite in ogni contesto e ciò aumenta le inquietudini.
Il tempo che rimane è talvolta poco ed appena sufficiente a ritemprare le perdute energie vitali, che si spera di recuperare per il domani, ma di fatto si soggiace ad un inevitabile sovraccarico esistenziale, di perdita energetica senza possibilità di recuperi.
Qualunque sia la condizione e lo status cui si appartiene, in tutti i casi c’è sempre un lauto prezzo da pagare a fronte del cammino che si percorre per recarsi a lavoro.
Se si hanno figli, si perde quel prezioso collegamento fisico e temporale che consente di coadiuvarli nelle importanti fasi della crescita ed accompagnarli assiduamente e proficuamente verso la fioritura delle loro scelte, sempre più spesso osservate a distanza, al rientro dal doloroso “viaggio” di ritorno dal lavoro.
Se, invece si è ancora in famiglia o si hanno genitori da assistere, la lontananza settimanale da casa riduce i costanti ordinari spazi emozionali, perdendo definitivamente l’attimo di rara eccezionalità di un evento, depauperati della possibilità di poter enucleare ed assorbire le fasi intermedie motrici che richiedono soluzioni immediate.
Purtroppo poi nel fine settimana in cui si corre a casa con la propria auto oppure con mezzi pubblici affollati di pendolari, che vivono le medesime vicissitudini, rimane ben poco tempo da dedicare allo svolgimento di tutto ciò che è stato svolto per proprio conto da altri, residuando la speranza di poter assorbire qualche dose di affetto, che serve da supporto per ritemprare mente e spirito.
Di fatto, nel corso della settimana, ogni cosa che nei contesti familiari e sociali, richiede ausilio, presenza o compartecipazione da parte dell’ordinario “lavoratore pendolare” è per forza di cose, necessariamente, affidato alla cura di altri, e richiede un impegno suppletivo la ricerca di soluzioni alternative, immediate, inevitabilmente da delegare.
di Angela Gerarda Fasulo