Museo Archeologico Lavinium: in ricordo della Prof.ssa Maria Fenelli

Professoressa Maria Fenelli. Foto Il Corriere della Città,com

La recente scomparsa della professoressa Maria Fenelli richiama l’attenzione sull’antica Lavinium, città mitica che, come molti ricordano, fu fondata da Enea, l’eroe troiano fuggito dalla sua città in fiamme, alla ricerca di una nuova patria.

Negli anni del mio corso di studi in Lettere con indirizzo archeologico, tra il 1980 e l’84, presso l’Università La Sapienza di Roma, Maria Fenelli era assistente del prof. Castagnoli, titolare della cattedra di Topografia di Roma e dell’Italia antica.

Dopo diversi anni, la stessa Fenelli avrebbe ricoperto quel ruolo.

Tra lezioni, seminari, due esami, due campagne di scavo, ebbi modo di seguire il prof. Castagnoli e la prof. Maria Fenelli, imparando molto in materia di topografia antica di Roma e d’Italia e innamorandomi di Lavinium.

Minerva Tritonia, statua in terracotta policroma del V. sec.a.C.,
Museo archeologico Lavinium a Pratica di Mare. Foto Ass. Rotta di Enea

La scoperta di tale eccezionale sito archeologico risale al 1958, quando un giovane Ferdinando Castagnoli identificò il sito di Pratica di Mare con l’area dell’antica Lavinium, dopo lunghe ricognizioni effettuate in lambretta, con l’entusiasmo e la caparbietà che lo contraddistinguevano.

Tale scoperta ebbe una risonanza straordinaria, perché il racconto mitico, riportato da diverse fonti antiche e da Virgilio nell’Eneide, non aveva mai trovato corrispondenza concreta, tracce sul territorio.

Da allora l’avventura archeologica di Lavinium non cessò di offrire nuove emozioni.

Tappa fondamentale è stata la creazione, nel 2005, del Museo archeologico Lavinium, che si trova a pochi passi dal Borgo di Pratica di Mare, presso Pomezia.

Il Borgo occupa l’acropoli dell’antico centro di Lavinium, la città sacra dei Latini.

Il museo era stato fortemente auspicato da Castagnoli, ma il suo desiderio si realizzò senza di lui.

Nel 2008, durante una cerimonia in ricordo del professore, ne parlò Maria Fenelli, ormai da anni figura accademica di riferimento, dotata di autorevolezza ed entusiasmo.

Tra le sue numerose ricerche topografiche e archeologiche, la Fenelli ha diretto a lungo la ricerca archeologica su Lavinium, giungendo anche al ritrovamento della stipe votiva del Santuario di Minerva, una delle più importanti aree sacre che coronavano e caratterizzavano Lavinium, detta la città sacra dei Romani.

Maria Fenelli si è dedicata alla ricomposizione delle statue di terracotta, trovate sepolte in pezzi nel deposito votivo e ora esposte in parte nel museo.

Si trattava di più di cento statue, a cominciare dalla straordinaria e iconica statua di Minerva Tritonia, circondata da statue di ragazze e ragazzi offerenti che si presentavano alla dea per compiere il rito di passaggio all’età adulta, recando in dono i simboli della loro infanzia (la trottola, la palla, la colomba…)

Tra i reperti più antichi esposti al museo si segnalano i corredi funebri della necropoli protostorica, con tombe datate tra il X e il VII sec. a.C. cui appartengono i monili e gli strumenti di lavoro femminili, fusi, fusaiole, pesi da telaio e rocchetti, esposti nello spazio denominato “Mundus Muliebris” insieme ad altre teste e busti che illustrano i riti praticati nel santuario.

Molto interessanti i vasi rituali a figure nere di importazione greca, fra cui la celebre coppa dei Dioscuri, del VI sec. a.C., e altri oggetti votivi rinvenuti nel santuario dei XIII altari, posto a sud della collina su cui sorgeva l’abitato.

L’ultima sala è dedicata ad Enea, l’eroe troiano; vi sono raccolti molti degli oggetti del corredo funebre ritrovati nel c.d. Heroon di Enea, monumento sepolcrale in cui fu sepolto un personaggio regale fin dal VII sec. a.C. e che ha mantenuto la memoria del Pater Indiges, cioè del capostipite Enea, personaggio mitico, reso reale da tale celebrazione.

Ricostruzione Heròon di Enea. Foto Ass. Rotta di Enea

Sono da notare, oltre al corredo personale del defunto, la spada, le lance e il coltello sacrificale, i numerosi vasi decorati da incisioni per conservare e bere il vino, i grandi spiedi con gli alari in ferro usati per arrostire la carne nel banchetto rituale ed oggetti curiosi come la grattugia bronzea del VII sec. a.C., utilizzata per “condire” il vino con cacio caprino come voleva la moda greca.

Poste al centro della sala le straordinarie porte in tufo del IV sec. a.C. che chiudevano la cella dell’Heroon nell’ultima ricostruzione del monumento.

Il Museo ha un allestimento estremamente innovativo, in cui convivono multimedialità ed esposizione tradizionale.

La sua visita si abbina bene alla visita della strepitosa area archeologica delle Tredici Are e dell’Herçon di Enea, assolutamente da non perdere.

Santuario delle Tredici Are. Foto Archeostorie

di Maria Cristina Zitelli