L’Istituto Nazionale per gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) ha recentemente diramato i dati sulle morti sul lavoro del 2021: 677 vittime, con il sud che vanta ancora una volta il triste primato. Il dato per la verità è migliorativo rispetto al 2020, quando i morti erano stati 716 (flessione del 5,4 per cento). Nella fotografia al 31 luglio u.s. si registrano undici incidenti plurimi, per un totale di 27 decessi (contro i 12 del 2020).
Nel complesso le denunce di infortunio pervenute all’Istituto sono state 312.762, quasi 24mila in più rispetto all’analogo periodo dello scorso anno, con una flessione nel primo trimestre (imputabile probabilmente ai vari lock down) e un incremento nel secondo periodo dell’anno. Aumentano anche gli infortuni in itinere, cioè nel tragitto casa/lavoro.
I settori maggiormente coinvolti dalle denunce sono Industria e servizi, Agricoltura e Stato, mentre una flessione di circa un terzo si riscontra per la sanità. In merito ai decessi imputabili al Covid-19 lo stesso Istituto, però, invita alla prudenza “… in quanto i dati delle denunce mortali degli open data mensili, più di quelli delle denunce in complesso, sono provvisori e influenzati fortemente dalla pandemia da Covid-19, con il risultato di non conteggiare un rilevante numero di “tardive” denunce mortali da contagio, in particolare relative al mese di marzo 2020.”
Il problema di base è che nel caso della pandemia il decesso interviene dopo un periodo più o meno lungo dal contagio (e dalla denuncia), per cui i dati debbono essere rilevati in un arco temporale più ampio. Una notizia allarmante sono i sei decessi registrati in un solo giorno (27 settembre 2021), che fa emergere drammaticamente il problema della sicurezza sul lavoro, con particolare riguardo ai precari.
Le organizzazioni sindacali hanno sollevato ancora una volta la questione, chiedendo al Governo il varo di misure di contrasto al fenomeno delle morti bianche, intervenendo soprattutto su ispezioni e sanzioni.
di Paolo Arigotti