Mephisto Ballad, il disco di Antonio Aiazzi e Gianni Maroccolo

Sembra un frammento che riemerge dalla Storia. Un viaggio alla ricerca del mito fondativo, nato in quella Firenze dei primissimi anni ’80 del Novecento in cui si respirava la stessa aria di un’Europa travolta dall’ondata dark e new wave. Erano tempi cupi, compressi fra il dilagare dell’eroina e l’incubo di un’apocalisse nucleare, con ancora poche tracce di quell’ottimismo di reazione e di quel rampantismo pop che sarebbe arrivato di lì a pochissimo. E, anche se di tutt’altra natura, tempi cupi sono questi, fatti di solitudini immerse nel nuovo medioevo digitale, di umanità smarrita di fronte alle fratture della Storia, siano esse pandemie o radicali cambiamenti economici e sociali.

A 40 anni dalla nascita di una band che ha segnato la storia della musica italiana, 39 anni dopo un evento rituale e archetipico come la Mephistofesta, è uscito il 26 febbraio nei migliori negozi di dischi Mephisto Ballad, il disco di Antonio Aiazzi e Gianni Maroccolo, in vinile e cd per Contempo Records/Goodfellas e pubblicato in digitale da Ala Bianca https://smarturl.it/k50tfl

Si tratta di un faustiano “tardodiscodark” composto da otto tracce cui hanno partecipato anche Flavio Ferri ai synth e alle chitarre e Giancarlo Cauteruccio nelle vesti di diabolico corifeo.

Era il carnevale del 1982 quando a Firenze il giornalista e animatore culturale Bruno Casini e i Litfiba diedero vita alla Mephistofesta, una performance tra reale e metafisico, tra il macabro e il grottesco. Di quell’evento non esistono foto o video ma l’evento è rimasto scolpito nella memoria di una generazione e nella mitologia di quelle successive. Fu una serata onirica, con il sapore del teatro espressionista. Una festa noir cupa e ossessiva in cui la band di via de’ Bardi suonò Men in suicide, Tradimento e soprattutto la magnetica E. F. S. 44 Ethnological Forgery Series, poi pubblicata nel primo EP del gruppo. 

Da questa traccia, uno dei brani più estremi dei Litifba, sono ripartiti Antonio e Gianni, sviluppandola nella forma di una suite di oltre 16 minuti, per celebrare il lato più sperimentale della band. Senza, però, alcuna nostalgia. Piuttosto con la sensibilità di oggi, costruendo un lavoro che ruota attorno al pianoforte di Aiazzi, segnato dal minimalismo che va da Nyman a Glass, e al basso di Marok, immerso nelle atmosfere del suo attuale progetto in continuo sviluppo, il “disco perpetuo” Alone.

È una sonata in continuo equilibrio tra passato e presente, tra le oscurità e le penombre di allora e il nero abissale odierno. «Ho creato una struttura minimale e ipnotica su cui poter suonare, e d’incanto sono sbocciati nuovi intrecci armonici, diverse melodie, armonizzazioni inaspettate. Poi con Gianni abbiamo messo a fuoco i vari movimenti del pezzo e creato una sorta di ‘sonata dark’ per pianoforti e bassi saturi» ha dichiarato Antonio Aiazzi.

Mephisto Ballad è nata inizialmente dalla richiesta di Bruno Casini di sonorizzare un evento dedicato agli anni ’80 al Museo Marini di Firenze, poi annullato causa covid-19. Di quell’approccio, Aiazzi e Marok hanno mantenuto la prospettiva cinematica e teatrale, donando all’album quella perturbante dimensione di “colonna sonora di uno spettacolo, di fatto, inesistente”.

Del capolavoro goethiano, il disco evoca lungo le altre sette tracce il tema del Doppio e della lotta fra il Bene e il Male, ben evidenti soprattutto in Streben, Die Laster e Doppelgänger. Fra bassi saturi, synth analogici, distorsioni, improvvisi cambi di movimento, loop ritmici, mellotron e mandolini (Das Ende), organini malefici, poliritmie (la title-track), frammenti di canti della Chiesa Ortodossa Bulgara, atmosfere allucinogene (Die Ballade von Mephisto), citazioni de Il settimo sigillo di Bergman e omaggi agli amati Tuxedomoon (Det sjunde inseglet) e Robert Wyatt, Antonio Aiazzi e Gianni Maroccolo ri-vivono con lo sguardo di oggi l’universo espressivo che delineava l’orizzonte di allora, quando iniziava quell’esperienza che gli avrebbe cambiato la vita. Perché Mephisto Ballad riesce incredibilmente a tenere sullo stesso piano passato e presente, senza occultare tutto ciò che c’è nel mezzo, quel processo di continua trasformazione che è lo scorrere della vita.

Inoltre, è online il video della title-track ideato e diretto da Flavio Ferri. https://www.youtube.com/watch?v=sVUHH2co7Cs.

Il video è l’esplorazione di un mondo enigmatico, fatto di spazi disabitati e paesaggi alieni. Un gioco di ruolo sulla complessa relazione fra rappresentazione e mondo, che assegna a chi guarda il ruolo di Faust e ai due artisti il ruolo di Mefistofele. Aiazzi e Maroccolo sono le uniche due figure (sovr)umane presenti, forme fantasmatiche evocate e invocate per donarci la capacità di vedere oltre.

di Eleonora Marino