MANSIONISMO ? RICERCARE UNA SOLUZIONE NEGOZIALE!

Nuovo inquadramento funzionale e/o norma transitoria: è l’unica via percorribile per smuovere dall’ignavia le altre sigle e per scardinare il disinteresse del legislatore e degli enti.

Il fenomeno del mansionismo, in particolare negli Enti ex Comparto EPNE, ha assunto negli anni una rilevanza eccezionale e peraltro strutturale.
Infatti non si tratta di casi isolati di dipendenti che svolgano, per motivi eccezionali, le mansioni proprie di qualifiche superiori, ma dell’esatto contrario.
Negli Enti, l’organizzazione per processi prima e per risultati poi ha determinato, in via generale e tranne casi isolati, l’attribuzione di medesime funzioni e responsabilità ai dipendenti inquadrati nelle aree A e B, rispetto ai colleghi inquadrati in C1.
Non si tratta di singole assegnazioni straordinarie, ma di un sistema che deriva dal modello di organizzazione del lavoro, necessario allo svolgimento delle funzioni degli Enti. Come risolvere tale situazione?
Si può, ovviamente, ipotizzare un intervento del legislatore, attraverso una norma ad hoc, possibilmente concordata con i vertici degli Istituti e le organizzazioni sindacali. Ma l’attenzione del legislatore verso le problematiche del pubblico impiego, almeno egli ultimi anni, non si è certo dimostrata degna di nota, se non in ottica “punitiva”. In tal senso, è opportuno e necessario ricercare delle soluzioni negoziali a legislazione invariata.
Iniziamo con alcune considerazioni generali.
Intanto, il dipendente che svolge mansioni superiori ha diritto alla maggiore retribuzione, corrispondente al trattamento previsto per la qualifica superiore (1). Ciò, peraltro, non vuol dire che abbia diritto alla stessa retribuzione tabellare, in quanto la parificazione del trattamento retributivo può essere operata anche attraverso altre forme (ad esempio attraverso indennità).
E soprattutto non significa che, diversamente da quanto previsto per i lavoratori privati, abbia diritto all’acquisizione automatica, dopo un certo lasso di tempo, della qualifica corrispondente alle mansioni effettivamente svolte (2).

Possibile soluzione a sistema di classificazione invariato.
La prima linea di intervento, se vogliamo preliminare, risulta essere la ridefinizione dei fabbisogni dell’area C, che non possono che corrispondere, come minimo, al numero di tutto il personale impegnato nelle mansioni proprie di quell’Area, e conseguentemente attivare le procedure per i passaggi fra le Aree.
Sul punto è da sottolineare come la legge di stabilità abbia sbloccato, a decorrere dal 2015, sia i tetti retributivi dei singoli dipendenti sia la possibilità di passaggi fra le Aree.  Per l’accesso all’area superiore, però, si evidenziano due ulteriori problematiche: il titolo di studio richiesto (4) e la riserva posti per esterni.

Titolo di studio.
Ora sono due le strade percorribile per ovviare al problema del titolo di studio, attualmente previsto in particolare per l’accesso all’Area C (diploma di laurea). La prima si basa sul fatto che l’individuazione del titolo di studio non è effettuata dalla norma di legge ma dal contratto. Si potrebbe dunque ipotizzare un accordo che muti, per un periodo definito, il titolo di studio previsto per l’accesso all’Area C, sostituendo il diploma di laurea con il diploma di scuola superiore. Si potrebbe, peraltro, limitare la vigenza dell’accordo al tempo strettamente necessario per garantire l’espletamento del concorso, per poi sostituirlo con un nuovo accordo che ripristini il diploma di laurea come titolo di accesso all’Area. La seconda via percorribile interviene direttamente sugli ordinamenti professionali, attraverso la contrattazione collettiva nazionale (5).
In mancanza di nuove e auspicabili procedure negoziali, si potrebbe comunque applicare la disciplina precedente (6).

Riserva posti per esterni.
Ricordiamo il fine che ci siamo posti: portare a soluzione il fenomeno “strutturale” del mansionismo. In tal senso la riserva massima del 50% a favore dei dipendenti potrebbe creare qualche difficoltà.  Sul punto, peraltro, non si può invocare, come in precedenza, il comma 6 dell’art.52, in quanto la previsione della riserva nella misura non superiore al 50% per gli interni, è prevista non solo dal comma 1-bis dello stesso articolo, ma anche dalla legge Brunetta(7), che non fa alcun riferimento a procedure negoziali per la sua attivabilità.
Si potrebbe comunque ipotizzare, non senza difficoltà, che, nel bando pubblico, vengano considerati “a punteggio” i periodi di servizio svolti alle dipendenze di tutte le pubbliche Amministrazioni. In ogni caso, non si può ritenere che i limiti alla riserva dei posti per gli interni possano rappresentare un impedimento essenziale all’attivazione della procedura concorsuale, vista l’insostenibilità della situazione venuta a crearsi negli Enti.

La soluzione dell’insostenibile ed iniquo – per i lavoratori – ricorso sistematico al mansionismo dipenderà esclusivamente dalla volontà delle parti, ovvero governo (con gli enti) e sindacati, cogliendo l’opportunità rappresentata dalle larghe maglie lasciate dalla normativa di riferimento (8).
Una rimodulazione negoziale degli effetti del commi citati (9) potrebbe dunque aprire la strada a diversa modalità di passaggio fra le Aree. Ciò, ovviamente, sembrerebbe in contrasto con quanto previsto dal comma 1-bis, ma si potrebbe ritenere la previsione del comma 6 quale norma speciale, rispetto alla regola generale disposta dal comma 1-bis.
L’argomento è delicato e va approfondito, in particolare in considerazione della sostenuta novazione del rapporto di lavoro nel caso di passaggio tra le Aree, frutto peraltro di elaborazione giurisprudenziale.

Possibile soluzione attraverso la ridefinizione del sistema di classificazione.
Rispetto alla soluzione sopra individuata, che comunque corre sul “filo dell’interpretazione”, una linea di intervento probabilmente più corretta e di certo maggiormente lineare consiste nella completa rivisitazione negoziale dell’attuale sistema di classificazione del personale, teso ad una ricollocazione funzionale coerente con la realtà operativa di Enti ed Amministrazioni.
In tal senso si può ipotizzare su un nuovo sistema di classificazione del personale, sempre articolate in tre aree:
una prima Area operativa, di carattere residuale, finalizzata a consentire l’inquadramento del personale che svolga mansioni di carattere prevalentemente manuale, non inserite nei processi produttivi istituzionali o di supporto agli stessi;
una seconda Area del Funzionariato, che identifichi il personale che opera nei processi produttivi istituzionali o di supporto agli stessi. In tale area potrebbe essere ricondotto il personale attualmente inquadrato nelle Aree B e C, ex Comparto Epne, nonché il personale attualmente inquadrato nell’area A, ex Comparto Epne, che, a seguito della ricognizione operata nelle Amministrazioni, risultasse comunque inserito nei processi produttivi istituzionali o di supporto agli stessi. Le attuali posizioni organizzative verrebbero assegnate esclusivamente al personale di tale Area, eventualmente anche in relazione al livello economico;
una terza Area, delle elevate professionalità, che identifichi il personale che, pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolge funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza e responsabilità ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’Amministrazione. Al personale della Terza Area verrebbero ricondotti gli incarichi di elevata professionalità, attualmente previsti (ma mai attribuiti), prevedendosi altresì l’erogazione di retribuzioni di posizione e di risultato. In sede di prima applicazione, vi andrebbe inquadrato il personale attualmente con qualifica di Ispettore generale e di Direttore di divisione. Tale area rappresenterebbe un ulteriore sbocco per carriere che, altrimenti, rimarrebbero bloccate per decenni.

Coerentemente si dovrà procedere alla rivisitazione dei livelli economici, in un’ottica anche di progressioni orizzontali, al fine di consentire la valorizzazione di tutti i lavoratori inseriti nelle nuove Aree.

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Note:

  • In forza di quanto previsto dall’Art. 36 della Costituzione, nonché dal comma 4 dell’art. 52 del d.lgs. 165/01.

(2) Quest’ultimo caso, peraltro, sembrerebbe espressamente escluso dall’art 52 comma 1 secondo periodo. Al fine di trovare una soluzione è opportuno esaminare in ogni caso l’articolo 52, dal titolo “Disciplina delle mansioni”, nella sua interezza: 

  “  1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali e’ stato assunto o alle mansioni   equivalenti   nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle   corrispondenti   alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisiti per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a).  L’esercizio   di fatto di mansioni non corrispondenti   alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.

  1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. Le progressioni all’interno della stessa area avvengono secondo principi di selettività, in funzione   delle   qualità culturali e professionali, dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di   merito.   Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell’attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l’accesso all’area superiore.

  1. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
  2. a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
  3. b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.
  4. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
  5. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire   a   vacanze   dei   posti   in   organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente e’ assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
  6. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, e’ nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore e’ corrisposta la differenza   di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
  7. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi   contratti   collettivi   possono   regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore.”

Come si può notare, le casistiche individuate dalla norma nel comma 1 (esercizio di fatto) e comma 2 (vacanze di organico o sostituzione) in realtà non corrispondono alle fattispecie che si concretizzano negli Enti, sempre in via generale. Ed infatti negli Enti si è determinata una unificazione sostanziale di funzioni e responsabilità, che di fatto, ma non formalmente, produce una carenza di organico nell’area C ex Comparto EPNE.

(3) Legge 190/2014                                       

(4) Il comma 1-bis, sopra riportato, prevede espressamente che: “le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso.”

(5) “Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita.” (comma 6 dell’art.52, primo periodo). Tale norma si può interpretare, come già avvenuto per l’applicazione dell’art.19 del d.lgs. 150/09, nel senso   che è comunque necessaria una nuova sessione contrattuale per l’attivazione delle nuove disposizioni. Si sottolinea, infatti, che l’attuale art.52 è stato modificato proprio dal d.lgs. 150/09, che ha introdotto, fra l’altro, il comma 1-bis.

(6) contenuta nell’allegato A dell’ultimo CCNL di comparto del 2006-2009, che prevede: “1) Requisiti per l’accesso dall’esterno: requisito di base: diploma di laurea. 2) Requisiti per l’accesso dall’Area B: possesso dei requisiti richiesti per l’accesso dall’esterno o, in alternativa, titolo di studio richiesto per l’accesso dall’esterno all’Area B, accompagnato da 5 anni di esperienza professionale in B.”

(7) art. 24 del d.lgs. 150/09.

(8) Il tenore del secondo e terzo periodo del comma 6 dell’art.52, meritano un’attenzione particolare, anche in relazione a quanto disposto nel primo periodo che abbiamo esaminato in precedenza:

“ Art.52 – …omissis…

  1. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi   possono   regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore”

In particolare il terzo periodo sembra prevedere la possibilità per i contratti di introdurre, nel caso di assegnazione a mansioni superiori nei casi previsti dalla legge (non nel caso di esercizio di fatto), avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore, e ciò attraverso una diversa modulazione degli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Diversamente, infatti, risulterebbe priva di senso logico la disposizione dell’ultimo periodo (“Fino a tale data…”).”

(9) in particolare 2 e soprattutto 4.