Maladministration nella p.a.: il rimedio della rotazione

Ph. lentepubblica.it

Uno dei rimedi ai fenomeni corruttivi nella pubblica amministrazione è la rotazione del personale, intesa quale strumento organizzativo con cui, negli uffici ad alto rischio di corruzione, il datore di lavoro alterna i propri dipendenti nello svolgimento delle varie funzioni.

Tale istituto, infatti, è stato introdotto dalla legge n.190 del 6 novembre 2012 al fine di evitare che i dipendenti pubblici, svolgendo sempre le medesime funzioni, possano radicare nel tempo posizioni soggette a pressioni esterne e, di conseguenza, tenere condotte tutt’altro che imparziali.

Il Piano Nazionale Anticorruzione 2016 fornisce una distinzione tra rotazione preventiva (o ordinaria) e rotazione successiva (o straordinaria).

La prima viene effettuata, come suggerisce il termine, a scopo preventivo, ossia al fine di evitare che nell’esercizio di determinate funzioni o poteri il dipendente pubblico possa compiere un atto corruttivo. La seconda, invece, ha un fine cautelativo; ossia il dipendente sospettato di condotta corruttiva, avente rilevanza penale o meno, per evitare il reiterarsi della stessa, viene adibito ad altro servizio.

Per applicare la rotazione occorre innanzitutto individuare, con apposito piano triennale, gli uffici che svolgono attività nelle aree a più elevato rischio di corruzione. E’ d’obbligo poi informare le organizzazioni sindacali circa le modalità con cui tale misura verrà applicata, recependo, quindi, eventuali suggerimenti e/o proposte. Infine essenziale è lo svolgimento di un’attività di formazione trasversale del personale coinvolto, affinché sia preparato all’eventuale cambiamento di funzioni.

La rotazione è però soggetta a vincoli sia soggettivi che oggettivi.

I vincoli soggettivi sono rappresentati dai diritti spettanti ai dipendenti, sanciti da leggi e contratti collettivi, quali i diritti sindacali, i permessi, i congedi.

I vincoli oggettivi, invece, sono rappresentati dal buon andamento, dalla continuità dell’azione amministrativa e dalla formazione del personale, intesa quale trasmissione delle competenze necessarie per lo svolgimento di attività ad alto contenuto tecnico.

Anche i dipendenti aventi incarichi dirigenziali sono soggetti a rotazione. A prescindere dalla valutazione sugli obiettivi raggiunti, i dirigenti, decorso il limite minimo legale di durata temporale dell’incarico, dovrebbero esser posti a capo di altro ufficio o servizio, tranne nell’ipotesi in cui ciò non sia possibile per giustificati motivi organizzativi.

In quest’ultimo caso, la rotazione riguarderà solo il personale non dirigenziale, a partire dai responsabili del procedimento, con l’inquadramento del dipendente in altro profilo professionale con mansioni equivalenti, nell’ambito della stessa area o qualifica di appartenenza.

Cosa succede nel caso in cui la misura della rotazione non possa essere applicata a causa delle ridotte dimensioni dell’amministrazione interessata?

L’ANAC (l’Autorità Nazionale Anticorruzione) al riguardo, nel PNA 2016, prevede l’adozione di alcune misure volte ad evitare che determinate funzioni siano svolte in via esclusiva dal medesimo dipendente, ad esempio rendendo compartecipi delle stesse altri funzionari o affidando a più persone le varie fasi del procedimento amministrativo.

L’organo adibito al monitoraggio dell’attuazione delle misure di rotazione è il Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza (RPCT). Le modalità con cui tale monitoraggio dovrà essere effettuato saranno indicate da ciascuna amministrazione nel Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione (PTPC).

Il RPCT riferirà annualmente all’ANAC, con apposita relazione, il livello di attuazione delle misure di rotazione e delle relative misure di formazione, motivando l’eventuale divario tra ciò che è stato pianificato e ciò che è stato effettivamente realizzato, fornendo così all’Autorità informazioni rilevanti per l’espletamento dell’attività di vigilanza.

di Michele Pierluigi Massa