Macchina quanto mi costi!

Gli italiani a tutto rinunciano, fuorché alle vacanze, al calcio e alla macchina. Battute a parte, il range del costo della vita, rapportato al prezzo medio delle autovetture, può offrire qualche spunto interessante. Non parleremo degli oneri di manutenzione, assicurazione e/o fiscali, altro capitolo nero, così come tralasceremo, almeno per oggi, la polemica sulle auto elettriche e sulla cosiddetta transizione green. Atteniamoci, pertanto, solo ai prezzi di vendita, che a nostro avviso fotografano efficacemente l’aumento del costo della vita, ben al di là dei cosiddetti dati ufficiali (l’inflazione media annuale 2023 è pari al 7,9%, dati Istat).

Cominciamo col dire che è stato calcolato che dall’avvento dell’euro agli italiani acquistare un’autovettura (non di lusso) costa molto di più rispetto al passato. Se nel 2001 (tasso d’inflazione medio 2,7) con circa 6,5 mensilità di stipendio medio si poteva acquistare una macchina, a distanza di venti anni ne servono quasi il doppio. Il prezzo medio di una utilitaria – chiaramente non citiamo marche o modelli per ovvie ragioni – è passato dai circa 10.500 euro di un ventennio fa, ai 15mila attuali, per cui tenendo conto di un salario che si aggira (quando va bene) intorno ai mille euro e rotti, oggi per comprarla serve quasi un anno di stipendio. E se volessimo tornare ancora più indietro nel tempo, precisamente all’anno 1976 (tasso medio d’inflazione 16,8), all’epoca una comune utilitaria costava agli italiani circa 900mila lire, a fronte di uno stipendio medio mensile di 200mila lire: fate voi i conti. Il problema di fondo è che a non essere aumentati sono i salari, specie se rapportati all’aumento del costo della vita: è in questo senso che il prezzo delle autovetture può costituire un esempio paradigmatico, che si potrebbe estendere a molti altri beni di uso durevole. E non dimentichiamo che negli anni Settanta esisteva una cosa, chiamata “scala mobile”, di cui oggi si serba solo un lontano ricordo.

di Paolo Arigotti