L’Unione Europea e i Balcani Occidentali

L’allargamento dell’Unione Europea ai Balcani occidentali continua ad essere un tema molto attuale e dibattuto. Diversi paesi della regione, come Montenegro, Serbia, Albania, Macedonia del Nord e Bosnia ed Erzegovina, hanno espresso il loro interesse ad aderire all’Unione Europea, segnando una tappa importante per la stabilità e la prosperità della regione. L’UE ha sviluppato una politica per sostenere la graduale integrazione dei paesi dei Balcani occidentali nell’Unione europea. Il 1º luglio 2013 la Croazia è stata il primo dei sette paesi ad aderire all’UE, mentre l’Albania, la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro, la Macedonia del Nord e la Serbia sono paesi candidati. Sono stati avviati negoziati di adesione e aperti capitoli di negoziato con Montenegro e Serbia, nel luglio 2022 sono stati avviati negoziati con Albania e Macedonia del Nord e nel dicembre 2022 il Kosovo ha presentato domanda di adesione all’UE.

L’Unione Europea ha sempre promosso la pace, la democrazia e la cooperazione tra gli Stati membri, e l’allargamento ai Balcani occidentali rappresenterebbe una testimonianza dell’impegno per una maggiore integrazione regionale. Tale processo di allargamento, tuttavia, richiede un’attenta valutazione e rispetto dei criteri di adesione stabiliti dall’UE, che riguardano la democrazia, il rispetto dei diritti umani, lo stato di diritto e la capacità di adattamento alle norme europee.

I Balcani occidentali sono stati una regione tormentata da conflitti e tensioni nel corso della storia, ma negli ultimi anni si sono registrati importanti progressi verso la stabilizzazione e la riconciliazione. L’adesione all’Unione Europea offrirebbe un incentivo e una guida per continuare su questa strada, promuovendo la cooperazione economica, lo sviluppo sostenibile e la creazione di opportunità per i giovani.

Un altro aspetto importante dell’allargamento è la possibilità di combattere la corruzione e il crimine organizzato nella regione. L’Unione Europea potrebbe offrire un supporto e una supervisione più stretta per rafforzare il sistema giudiziario e le istituzioni democratiche, contribuendo a migliorare la qualità della vita dei cittadini e ad attrarre investimenti esteri.

Tuttavia, l’allargamento non è privo di sfide e preoccupazioni. Alcuni paesi membri dell’UE si interrogano sulle conseguenze dell’ingresso dei Balcani occidentali sull’economia e sulla sicurezza europea. Inoltre, ci sono ancora numerosi problemi irrisolti nella regione, come i conflitti interetnici e le questioni territoriali, che richiedono l’attenzione e l’impegno di tutti gli attori coinvolti.

Foto elaborata da Carlo Marino

Un altro tema dibattuto è quello dell’allargamento graduale o simultaneo. Alcuni sostengono che sarebbe preferibile accettare i paesi interessati all’adesione uno per uno, garantendo così che ognuno soddisfi i criteri richiesti. Altri, invece, sostengono che sarebbe preferibile un’adesione simultanea per evitare divisioni nella regione e promuovere la cooperazione tra i paesi interessati.

Il processo di allargamento ai 6 paesi dei Balcani Occidentali langue da troppo tempo, tra alcuni, pochi, momenti di rilancio, e molti, lunghi, di stallo. La prospettiva sembra essersi spostata in un futuro sempre più incerto e lontano per i due paesi che erano, ancora pochi anni or sono, in posizione più avanzata (Serbia e Montenegro), ha fatto ben pochi passi avanti per le due situazioni da sempre più complesse e problematiche (Bosnia ed Erzegovina e Kosovo) ed ha visto continui rinvii fino al luglio 2022 per gli altri due paesi, che, dopo sforzi enormi, erano da anni per la Commissione europea pronti per l’avvio dei negoziati di adesione (Albania e Macedonia del nord), anche a causa di un ulteriore blocco di due anni imposto dalla Bulgaria verso la Macedonia del Nord, in merito a rivendicazioni storiche e culturali fatte di molto passato e poco futuro. Si è lasciato così sempre più spazio al dispiegarsi di pericolosi interessi esterni, dalla Russia alla Cina, dalla Turchia ad alcuni paesi del Golfo. Con una inevitabile frantumazione delle prospettive dei singoli paesi ed anche il ritorno di acute conflittualità in situazioni di per sé già critiche (vedi Kosovo/Serbia).

Molte speranze erano state riposte nel corso della Presidenza bulgara dell’Unione europea nel primo semestre del 2018, che puntava ad un decisivo rilancio del processo, come ribadito forte e chiaro nelle conclusioni del vertice europeo di Sofia. Stessa spinta ancora ripresa a Zagabria (2020), Brdo (2021) e Bruxelles (2022). Una relazione dunque complicata con l’Unione Europea, in cui si fatica a ritrovare nei fatti la forza di quella promessa politica di un futuro europeo di integrazione, per garantire pace e prosperità per la regione e per l’Europa stessa. Anche l’Italia sta tentando un forte rilancio della propria attenzione verso l’area dei Balcani, da sempre considerata una regione prioritaria per il nostro paese. Con l’insediamento del governo Meloni, lo stesso ministro degli Esteri Antonio Tajani ha visitato la maggior parte dei paesi al fine di “rafforzare ulteriormente il coordinamento in Europa per impostare l’agenda dell’Ue verso la nostra regione”, secondo quella che ha definito come “Diplomazia per la Crescita”, accanto alle priorità della sicurezza e della migrazione, perché per Tajani i Balcani occidentali continuano a rappresentare una regione strategica per la politica estera italiana, in quanto “da loro dipende la stabilità del nostro Paese e dell’intera Europa”. Per cui, è l’aspetto più denso del suo ragionamento, “l’integrazione nell’Ue deve essere la strada principale verso la stabilizzazione della regione”, diventata ancora più necessaria dopo il conflitto con l’Ucraina e le evidenti vulnerabilità di questa area.

Nonostante tali sfide, l’allargamento ai Balcani occidentali rappresenta una grande opportunità per l’Unione Europea di affermare la sua presenza e il suo ruolo di garante della stabilità e della democrazia in Europa. È un processo complesso e lungo, che richiede impegno, tempo e risorse da parte di tutti i membri dell’UE, ma può portare vantaggi significativi per la regione e per l’intera Unione. Le esperienze passate di allargamento dell’UE hanno dimostrato che l’integrazione europea è uno strumento valido per promuovere la pace, la prosperità e il benessere dei suoi cittadini.

di Carlo Marino