Lo stato dell’editoria italiana ed il mondo degli autori esordienti

Il rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2019, pubblicato dall’Associazione Italiana Editori (AIE) e disponibile sul sito www.aie.it, stima in 3,170 miliardi di euro il fatturato del mercato del libro per il 2018.

Aumentano, rispetto al 2017, il numero delle case editrici (4.972), come il numero dei titoli pubblicati (78.875), con esclusione degli e-book usciti nello stesso periodo, che sono stati 51.397.

La lettura si conferma la principale sfida per gli operatori del mondo editoriale, tenuto conto che, secondo le ultime stime, il nostro Paese è fanalino di coda in Europa: quasi la metà degli interpellati dichiara di aver letto meno di tre libri all’anno, mentre solo il 5 per cento dei giovani ha dedicato ai libri più di un’ora continuativa al giorno.

Il mercato editoriale presenta, in questo senso, importanti criticità, ed a questo quadro fa da pendant la crescita costante dei titoli pubblicati, mentre appare prematura ogni stima circa le ricadute causate dall’emergenza sanitaria, per quanto sia presumibile che saranno estremamente importanti ed impattanti.

Desidererei ora concentrare l’attenzione sul mondo degli scrittori cosiddetti esordienti e/o emergenti, in sostanza coloro che sono alla prima pubblicazione e/o che hanno fatto ricorso al self publishing o ad una casa editrice classificata come medio piccola (secondo parametri come rete distributiva e numero dei titoli ed autori in catalogo).

In una situazione del genere, un esordiente/emergente spesso non dispone di informazioni corrette e complete, ragion per cui, senza nessuna pretesa di esaustività e premesso che tutto quel che segue rispecchia nulla di più che il punto di vista e l’esperienza personale di chi scrive, vorrei provare a disegnare un breve quadro del percorso che deve affrontare un autore poco (o per nulla) conosciuto.

Sono in tanti a chiedersi se per diventare scrittori occorra frequentare una scuola ad hoc: la risposta è assolutamente aperta. Esistono innumerevoli corsi, ed è pur vero che ci sono molti (e grandi) autori che non ne hanno mai frequentato nemmeno uno. Personalmente non amo l’aggettivo “creativa” spesso associato a questi corsi di scrittura, perché penso che si possano insegnare tecniche e regole dello scrivere, ma che la creatività risiede in ognuno di noi. Se decideste di frequentarne uno, la raccomandazione è quella di scegliere bene, affidandovi a professionisti seri, senza dimenticare mai che un bravo scrittore è prima di ogni altra cosa un assiduo lettore.

Quando l’autore ha completato la stesura del proprio lavoro, di regola, ha davanti a sé due strade se vuole arrivare alla pubblicazione: il self publishing o la casa editrice. Nell’uno come nell’altro caso mi permetto di consigliare di curare l’editing del proprio lavoro. Il lavoro dell’editor, da tenere distinto da quello del correttore di bozze (il quale si occupa, per esempio, dell’eliminazione di eventuali refusi e/o errori di battitura) investe il testo nel suo complesso e rappresenta una fase di complessiva valutazione dell’opera, avuto riguardo ai punti di forza e debolezza (pensiamo alla trama, ai personaggi, solo per fare alcuni esempi). Si tratta di un servizio che raramente viene fornito dalle case editrici; al contrario, queste ultime talvolta rifiutano di prendere in esame testi non editati, il che può rendere l’idea di come l’editing possa rappresentare un ottimo biglietto da visita per l’opera. Per fare chiarezza, va detto che un testo “perfetto ed editato” non necessariamente è garanzia di pubblicazione, in quanto possono subentrare ulteriori valutazioni da parte degli editori, che investono la commerciabilità dell’opera. In altri termini, se un libro fosse ritenuto di ottima qualità, ma di difficile vendita, l’editore potrebbe decidere di non pubblicarlo.

Il servizio di editing viene fornito (a pagamento) da professionisti del settore, e anche su questo punto, come per le scuole di scrittura, raccomando agli autori di valutare attentamente le persone alle quali affidare il proprio lavoro: un professionista serio effettua sempre una valutazione del testo, prima di avviare il vero e proprio editing, semplicemente perché sarebbe del tutto inutile investire tempo e lavoro su un testo ritenuto, per le più diverse ragioni, non idoneo. Badate bene che l’editor non è un correttore di bozze, ma nemmeno un ghost writer: questo significa che non riscrive il libro (questo compito spetta allo scrittore), bensì interviene – in collaborazione con l’autore – per rivedere e valutare l’opera, suggerendo interventi che ne possano migliorare la qualità e la forza complessiva.

Ipotizziamo di aver realizzato correttamente l’editing, a questo punto dovremo decidere, come dicevamo in precedenza, se ricorrere all’auto pubblicazione o rivolgerci ad una casa editrice. La scelta dev’essere, a mio avviso, di tipo personale, ci sono pro e contro per ambedue le opzioni, ma c’è un punto sul quale mi sentirei di insistere: non accettare, sotto nessuna forma, proposte di pubblicazione a pagamento (ad esempio contributi e/o acquisto vincolato di un minimo di copie). Si tratta di soluzioni che, secondo l’opinione di chi scrive, contrastano con un principio molto semplice: l’editore, in quanto imprenditore, dovrebbe investire sui suoi autori, effettuando un’attenta selezione, non mirare a vendere il libro all’autore stesso, scaricando su di lui tutti gli oneri.

Mi permetto, inoltre, di consigliare l’autore di non avere fretta né nella fase della ricerca, né in quella della decisione; occorre prendersi il giusto tempo, soprattutto per evitare che soluzioni affrettate (dettate dall’impazienza) vi facciano sfuggire migliori opportunità.

Se optate per la casa editrice, un buon metro di valutazione può essere quello di consultare attentamente il catalogo e la storia dell’editore, magari ricorrendo pure a piattaforme on line o forum di discussione (writers dream, ad esempio).

Un’ulteriore possibilità, con tutte le accortezze già viste per la scelta dell’editor, è quella di rivolgersi ad un’agenzia editoriale: si tratta di professionisti che offrono (a pagamento) servizi sia di editing che di rappresentanza, aiutando nella ricerca dell’editore e nella stipula dell’accordo: diffidate di chi promette “mari e monti” senza aver neppure visto il vostro libro, un professionista serio farà sempre una prima valutazione dell’opera e questo per un semplice motivo: chi fa questo mestiere guadagna in percentuale sulle vendite dell’opera, chi prenderebbe in carico la rappresentanza di un libro senza averlo prima visionato?

Se tutto, come vi auguro, è andato per il meglio e siete arrivati alla tanto agognata pubblicazione, inizia ora la seconda fase. Tenete presente che la pubblicazione dev’essere per voi un punto di partenza, non di arrivo, perché con quasi 80.000 titoli pubblicati e indici di lettura così bassi dovrete darvi molto da fare perché il mercato si accorga di voi. Chiaramente se riusciste a pubblicare con un nome importante dell’editoria partireste avvantaggiati (pensiamo solo alla rete distributiva più capillare), il che non toglie che dovrete impegnarvi nella promozione in prima persona, senza aspettarvi che sia l’editore o qualcun altro (compreso il vostro agente, se ne avete uno) a farlo al posto vostro.

Cosa vuol dire fare promozione? Tante cose, dalle presentazioni e firmacopie, ai contatti con librerie-istituzioni-associazioni, partecipazione a fiere ed eventi, promozione on line (creare un sito web ed una pagina sui social, preferibilmente col vostro nome). Parlando dei social, sappiamo che non si contano i gruppi ed i portali che ospitano autori emergenti e la loro utilità, assieme alla promozione, è sicuramente quella di permettere di “fare rete”, che nel caso degli emergenti può essere una strategia vincente.

Personalmente non sono a favore dello “spam” seriale, che difficilmente porta – in mancanza di una strategia efficace e mirata – grandi risultati, mentre può rivelarsi utile la partecipazione ai concorsi letterari: non solo vi metterete alla prova, ma potrete stabilire una buona rete di contatti.

L’ultimo consiglio, forse il più banale, è quello di crederci: se non sarete voi a farlo, chi lo farà?

In bocca al lupo!

di Paolo Arigotti