Limiti all’esercizio del diritto di sciopero

L’esercizio del diritto di sciopero, non enucleabile nell’alveo delle casistiche di inadempimento dell’obbligazione contrattuale, consiste nell’astensione del lavoratore dallo svolgimento della prestazione lavorativa, da esercitare entro i parametri espressamente sanciti  e correttamente disciplinati dall’art. 40 della costituzione repubblicana.

Nel corso del tempo tale diritto è stato un efficace strumento  propulsivo, produttivo di un sinergico e variegato sviluppo economico e sociale del lavoratore.

Anche la giurisprudenza è intervenuta a più riprese e risolutivamente per conferire a tale istituto un ruolo portante e determinante dello schema evolutivo, sociale, retributivo e contrattuale del rapporto di lavoro, rafforzandone il valore e l’incisività sociale.

La promozione dello sciopero, sia che avvenga per impulso propulsivo di una specifica  categoria di lavoratori , sia che venga sollecitato e proposto dall’attività sindacale dei suoi stessi appartenenti, è pur sempre un mero ed esplicito atto autorizzativo che ne sancisce la legittimità: trattandosi di interesse di natura collettiva non può essere promosso da singoli individui.

È un atto di autonomia privata che di norma non richiede alcun preavviso, se non nei casi in cui si debba salvaguardare la produttività aziendale  e nelle ipotesi in cui riguardi l’interruzione di un pubblico servizio.

Qualificandosi come mero diritto potestativo, nonché come diritto individuale ad esercizio collettivo, assolve alla fondamentale funzione di interruzione provvisoria del rapporto di lavoro e non si qualifica come sciopero una qualsivoglia attività, che abbia il mero intento di interrompere la prestazione lavorativa, nelle circostanze in cui colui che se ne renda partecipe voglia solo salvaguardare un  personale diritto individuale.

Con l’esercizio del diritto di sciopero, che non è comunque consentito ad alcune categorie di lavoratori (magistrati, forze dell’ordine, marittimi), viene interrotta anche la retribuzione,  interrompendosi contestualmente, automaticamente,  la sinallagmaticità che intercorre con  la  relativa prestazione lavorativa.

Esistono diverse forme di sciopero di cui è il caso di annoverare le  finalità di natura:

  • contrattuale, che si manifesta quando s’intenda compensare il dislivello tra prestazione lavorativa e controprestazione, ritenendo, a titolo esemplificativo, la retribuzione non più congrua allo svolgimento delle mansioni svolte;
  • politica, pur sempre collegato alla tutela dei diritti economici e sociali dei lavoratori, e scatta per tutte quelle fattispecie e limitazioni riguardanti lo svolgimento del rapporto di lavoro, che possono essere sanate e regolarizzate solo attraverso l’intervento del legislatore: ove riguardi solo fini politici, non riguarda la tutela retributiva e può configurarsi come illecito penale, solo ove  sia diretto a sovvertire l’ordinamento costituzionale.
  • Solidaristica, forma promossa al fine di poter sostenere le azioni rivendicative di altri gruppi occupazionali.

Nell’ambito di tale esercizio rileva il giusto bilanciamento degli interessi, messi in campo rispetto alla tutela dell’attività imprenditoriale e la legittimità è ravvisabile solo per le astensioni, che riguardino taluni reparti, la limitata durata giornaliera rispetto all’orario di lavoro, l’ancoraggio a determinate e specifiche mansioni a condizione che non rechi danni alla collettività.

Fenomeno correlato, ma di altra identificazione giuridica, è rappresentato dall’occupazione dei locali d’impresa, civilmente e penalmente sanzionato a querela di parte datoriale.

Altra condotta illecita è quella volta ad impedire fattivamente il ciclo produttivo.

Per quanto concerne, invece, l’azione promossa a difesa dell’esercizio del diritto di sciopero, spesso si assiste a fenomeni di picchettaggio, nei casi in cui si impedisca l’accesso ai luoghi di lavoro a chi non intenda partecipare allo sciopero.

Quando, infine, il datore di lavoro a tutela della produttività ricorre  a forme di crumiraggio indiretto, ovvero al reclutamento di altro personale al fine di sostituire coloro che abbiano partecipato allo sciopero, tale azione è sostanzialmente vietata dal legislatore, fatta eccezione per le situazioni in cui ciò si renda indispensabile, al fine di poter evitare consistenti danni alla produttività e coprire servizi pubblici essenziali.

di Angela Gerarda Fasulo