Le sanzioni (occidentali) contro la Federazione russa

In questi giorni si parla molto di “oggetti” volanti identificati e “non”.

Ma noi non vogliamo entrare nel merito di questioni militari o strategiche, meno che mai negli studi condotti dagli esperti di ufologia. Il nostro compito è di restare, coi piedi per terra, per parlarvi dei risvolti economici provocati dalla guerra in Ucraina, proprio nel momento in cui si avvicina il primo anniversario di quella per i russi è ancora la “operazione militare speciale”: ci concentreremo, in particolare, sugli effetti delle misure adottate contro Mosca dagli occidentali, le famose sanzioni. In questi giorni si sta discutendo il decimo pacchetto di sanzioni votate dall’Unione Europea contro la Federazione russa, destinato a quanto pare a colpire anche l’Iran[1]. Volendo parlare di economia è imprescindibile attenersi a dati e numeri, per cui da quelli partiremo. Il primo che vogliamo citare è il deficit nel saldo delle partite correnti della UE, riferito al terzo trimestre del 2022: circa novanta miliardi di euro, che fa da contraltare al saldo positivo di circa 74 miliardi, registrato nello stesso periodo del 2021; oltretutto si è registrato un significativo aumento rispetto al secondo trimestre, circa trenta miliardi, arrivando così a toccare i due punti di PIL (la ricchezza interna prodotta da tutta l’Unione)[2]. Per i non addetti ai lavori, il dato misura la posizione creditoria (o debitoria) di una certa realtà politica in un determinato lasso temporale[3]. Visto che il risultato è negativo, nell’ambito di un trend in discesa, diversi analisti lo stanno imputando proprio alle sanzioni votate contro Mosca. Nello stesso periodo, gli Stati Uniti hanno registrato un piccolo miglioramento rispetto al secondo trimestre 2022, pur nell’ambito di un deficit costante dagli anni Settanta[4]. Il nostro paese, secondo il bollettino di Bankitalia, è in linea coi partner europei, chiudendo il trimestre con circa 15 miliardi di saldo negativo[5]. E poi c’è il capitolo delle valute. Qualche giorno fa il Financial Times[6] ha scritto che la guerra sta mettendo a repentaglio il ruolo del dollaro quale valuta di riferimento nelle transazioni internazionali. Una possibile de-dollarizzazione degli scambi internazionali potrebbe essere indotta dalla dichiarata intenzione dei paesi dei BRICS, unitamente ad altri paesi non facenti parte del blocco occidentale, di ricorrere sempre più ad altre valute nei loro scambi. Se per la Russia questo rappresenta un metodo – sebbene non l’unico – per contenere o aggirare i meccanismi sanzionatori, la prospettiva di una de dollarizzazione interessa molto anche India e Cina. Si assiste, così, a nuove forme di regolazione dei rapporti internazionali, come avvenuto col recente accordo tra Cina e Arabia Saudita, che hanno pattuito la compravendita di petrolio in yuan. Inoltre, Russia e Cina, sempre assieme ai partner dei BRICS[7], si stanno impegnando per dare vita a un nuovo sistema di pagamenti internazionali, alternativo allo SWIFT, dal quale molte banche russe sono state escluse per via delle sanzioni. Sarebbe prematuro, però, affermare che il ruolo del dollaro come valuta internazionale sia in pericolo[8]. Bloomberg, sito specializzato in questioni economiche, scrive: “il Re Dollaro potrà ancora regnare per i decenni a venire, ma lo slancio crescente per le transazioni in valute alternative non mostra segni di rallentamento […]. E la volontà del governo statunitense di usare la sua valuta nelle battaglie geopolitiche ironicamente può indebolire la sua capacità di perseguire tali metodi in modo altrettanto efficace in futuro”. Come dire, per il momento se la caverà, ma guai a dare nulla per scontato per il futuro del biglietto verde[9]. Questa prima disamina offre già molti spunti di riflessione, ma non ci si può fermare solo a dati o valute. Si tratta, casomai, di capire fino a che punto si vorrà arrivare con la guerra economica, che si è scatenata in parallelo con quella combattuta sul suolo ucraino. Circa i riflessi del conflitto sul mercato dei cereali[10], ci limitiamo a fare rinvio al video dedicato di Nova Lectio, pubblicato qualche mese fa, soffermandoci sul mercato energetico. La buona notizia è che i prezzi del gas sono scesi[11], grazie all’inverno mite, alla contrazione dei consumi e alle fonti alternative[12], ma restano molte incognite. Una per tutte il nuovo “bando” della UE contro i prodotti raffinati russi, scattato il 5 febbraio, che rischia di scatenare una nuova spirale inflazionistica[13]. E come se questo non bastasse, ci si mettono pure gli “alleati” d’oltreoceano, che col cosiddetto Inflaction Reduction Act (IRA), un pacchetto di misure, varato dall’Amministrazione Biden e stimato in oltre 700 miliardi di dollari, pensato per ridurre inflazione e deficit,  e rafforzare la produzione interna (secondo alcuni analisti a spese dell’alleato europeo)[14], che potrebbe creare non pochi problemi al vecchio continente. L’Europa ha già perso buona parte delle fonti energetiche a basso costo di provenienza russa, ora rischia di dover fronteggiare una doppia concorrenza: quella del blocco dei BRICS, che può contare sugli approvvigionamenti russi che noi non vogliamo (quasi) più e quella degli americani, che possono disporre di fonti e materie prime proprie (salvo vendercele a prezzi elevati). In questo senso, il ribasso delle fonti energetiche potrebbe essere solo un palliativo. Non dimentichiamo che già lo scorso dicembre Vladimir Putin, di fronte alla decisione della UE di imporre un tetto al prezzo di acquisto del petrolio russo (cd. price cap), ha firmato un decreto col quale, salvo alcune eccezioni, ha disposto la sospensione delle forniture a quei paesi che stabiliscano un prezzo massimo, con conseguenze facilmente intuibili su una economia di trasformazione come quella europea. Il tanto “propagandato” effetto dirompente sulla economia russa delle sanzioni occidentali[15] – alle quali, giova rammentarlo, non aderisce il 75 per cento del pianeta[16], senza contare le molte imprese occidentali che restano operative in Russia[17] – per il momento, non c’è stato, certo non nelle proporzioni che ci si attendeva. Se è vero, come è vero, che quest’anno l’economia russa subirà una contrazione[18], le previsioni per gli anni a venire, fatte dall’FMI[19], delineano un quadro in ripresa (e lo stesso vale per la Cina). Per quanto riguarda gli europei si parla di una crescita assai più contenuta, discorso che vale tanto per la UE, che (soprattutto) per il Regno Unito. Come ha riconosciuto il New York Times, il crollo del commercio col l’Occidente (provocato sempre dalle sanzioni), ha incrementato l’interscambio russo con le nazioni asiatiche: Cina in primis, ma pure quello con numerose nazioni africane, mediorientali e latinoamericane è in netta crescita; a tal riguardo, la stessa testata ha parlato esplicitamente di un limitato impatto delle sanzioni occidentali[20]. E per restare al blocco delle nazioni non incluse nel cosiddetto blocco occidentale, visto che le materie prime russe a costi ridotti fanno gola a molti, sono diversi gli attori internazionali che hanno spostato la propria base in questi paesi, come India o Emirati Arabi Uniti (senza parlare del ruolo che sta giocando la Turchia [21] [22]), per continuare a vendere i prodotti russi anche a quelle nazioni che, teoricamente, hanno chiuso le porte in faccia a Mosca. Non mancano tra gli analisti posizioni diverse circa il reale impatto delle sanzioni contro la Russia, che andrebbe valutato nel lungo periodo. Per suffragare queste tesi si fa leva, a seconda dei casi, sulla spirale inflazionistica, sulla recessione globale e sui minori introiti derivanti dalla svalutazione del rublo e dal calo dei proventi dei prodotti energetici [23], sostenendo così che le sanzioni saranno destinate a manifestare tutta la loro efficacia solo nei mesi a venire. Come ogni altra previsione, anche queste sono attese alla prova dei fatti. Non ci soffermeremo su quanto ci siano costati gli aiuti militari alla Ucraina, argomento al quale L’indipendente ha dedicato un articolo [24]. Quello che in conclusione vorremmo ribadire è che le ricadute (vere o presunte) sulla nostra economia, alle quali tutti noi stiamo assistendo – basti pensare alle ultime bollette, agli aumenti nei generi di prima necessità o alla penuria di una serie di prodotti – non possono, né debbono essere imputate esclusivamente alle vicende belliche. Basti rammentare che molti aumenti sul fronte energetico sono precedenti al 2022[25], con la cosiddetta transizione green, accompagnata dall’immancabile speculazione, che hanno avuto, e stanno avendo, un peso molto importante.

  • All’interno delle note di testo sono riportate fonti e indicati link per approfondimenti.

di Paolo Arigotti


[1] www.confindustria.it/home/crisi-ucraina/sanzioni; it.euronews.com/my-europe/2023/02/15/von-der-leyen-il-decimo-pacchetto-di-misure-contro-mosca-colpira-anche-entita-iraniane

[2] finanza.lastampa.it/News/2023/01/11/eurozona-deficit-partite-correnti-3-trimestre-sale-oltre-90-miliardi/MTIzXzIwMjMtMDEtMTFfVExC#:~:text=Il%20saldo%20delle%20partite%20correnti,registrato%20nel%202%C2%B0%20trimestre.

[3] www.treccani.it/enciclopedia/bilancia-dei-pagamenti_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/#:~:text=Il%20saldo%20delle%20partite%20correnti,verso%20il%20resto%20del%20mondo.

[4] it.investing.com/economic-calendar/current-account-81

[5] www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-economico/2022-4/boleco-4-2022.pdf

[6] www.ft.com/content/3e05b491-d781-4865-b0f7-777bc95ebf71

[7] www.italiabrics.it/2023/02/14/i-brics-consolideranno-la-discesa-del-dollaro/

[8] www.lindipendente.online/2022/12/24/de-dollarizzazione-sempre-piu-nazioni-cercano-alternative-alla-valuta-americana/

[9] www.bloomberg.com/opinion/articles/2023-01-26/the-dollar-will-vanquish-pretenders-to-its-throne

[10] www.youtube.com/watch?v=LJzB2j6xAHs

[11] www.ilfattoquotidiano.it/2023/02/17/prezzo-del-gas-sotto-i-50-euro-al-megawattora-per-la-prima-volta-dallagosto-2021/7068337/

[12] www.agi.it/economia/news/2023-02-17/prezzo-gas-scende-sotto-50-euro-ai-minimi-da-settembre-2021-20147484/

[13] notizie.tiscali.it/economia/articoli/domani-scatta-bando-ue-carburanti-raffinati-russia-00001/

[14] www.lantidiplomatico.it/dettnews-inflation_reduction_act_leuropa_sotto_assedio_statunitense/5871_48757/

[15] www.ilpost.it/2022/03/04/sanzioni-russia-oligarchi-banca-centrale-rublo/

[16] www.metallirari.com/quanti-paesi-non-hanno-sanzionato-russia-143-paesi-su-195/

[17] www.ispionline.it/it/pubblicazione/tutti-i-buchi-delle-sanzioni-alla-russia-34533#:~:text=Oltre%20all’esclusione%20delle%20principali,UE%2C%20Regno%20Unito%20e%20Giappone; www.ilsole24ore.com/art/le-sanzioni-europee-russia-evoluzione-normativa-e-interrogativi-ancora-aperti-AEXC85nC

[18] www.lantidiplomatico.it/dettnews-leffettoboomerang_delle_sanzioni_contro_la_russia/5871_48737/

[19] www.askanews.it/economia/2023/01/31/lfmi-alza-le-stime-del-pil-italia-e-globale-per-il-2023-la-russia-evita-la-recessione-top10_20230131_074419/

[20] www.nytimes.com/2023/01/31/world/europe/russias-economic-growth-suggests-western-sanctions-are-having-a-limited-impact.html

[21] assomac.it/it/news/news-dal-mondo/il-commercio-turco-russo-potrebbe-vivere-il-suo-periodo-di-maggior-crescita-nella-storia-della-turchia/

[22] www.nicolaporro.it/economia-finanza/economia/le-sanzioni-non-funzionano-la-russia-cresce-piu-di-germania-ed-uk/

[23] www.startmag.it/economia/sanzioni-russia-tesi-porro-travaglio/; www.linkiesta.it/2023/02/sanzioni-russia-ue-economia/

[24] www.lindipendente.online/2023/02/05/la-guerra-in-ucraina-logora-chi-ufficialmente-non-la-fa/

[25] Demostenes Floros, Guerra e pace dell’energia. La strategia per il gas naturale dell’Italia tra Federazione russa e NATO, Diarkos, 2019