Le nuove misure sul Green pass: il cosiddetto passaporto sanitario

I Decreti-legge n. 105 e 111 del 2021, varati a breve distanza l’uno dall’altro, hanno rivisto e notevolmente ampliato l’ambito di operatività del cosiddetto “green pass”, tecnicamente la certificazione verde COVID-19. Ricordiamo che il documento viene emesso a seguito della vaccinazione (con i sieri riconosciuti dalle autorità preposte), guarigione dal Covid-19 (attestata dalle strutture sanitarie) o l’effettuazione con esito negativo del tampone, con durate diversificate: nove e sei mesi nei primi due casi, 48 ore dall’esame nell’ultima ipotesi. In estrema sintesi il suo possesso diventa obbligatorio per docenti e studenti universitari, mentre per il personale della scuola (in tal caso la disposizione non si estende agli studenti) viene previsto l’obbligo di esibire lo stesso documento; in carenza, i soggetti tenuti saranno considerati assenti ingiustificati e “[…] a decorrere dal quinto giorno di assenza il rapporto di lavoro è sospeso e non sono dovuti la retribuzione, né altro compenso o emolumento»; l’onere delle verifiche ricadrà sui dirigenti scolastici. Inoltre, con effetto dal 1° settembre p.v., la certificazione sarà necessaria per viaggiare su aerei, treni e navi a lunga percorrenza (in pratica per i movimenti interregionali). Ricordiamo che già dallo scorso 6 agosto il “green pass” è richiesto per accedere a vari luoghi al chiuso (bar, ristoranti, palestre, piscine, spettacoli ed eventi), mentre non è necessario per consumare al bancone; al tavolo al chiuso si può stare al massimo in sei persone, mentre nessun vincolo è previsto per le attività di ristorazione riservate alla clientela delle strutture ricettive. Al momento in cui scriviamo, sono in corso trattative tra governo e parti sociali per regolamentare l’accesso dei dipendenti (pubblici e privati) sul posto di lavoro, con una netta presa di posizione di Confindustria a favore dell’introduzione della prescrizione; i sindacati – pur non dimostrandosi contrari in modo preconcetto – chiedono garanzie contro eventuali discriminazioni e/o licenziamenti. Sono previste sanzioni a carico dei cittadini e degli esercenti che non rispettino le regole: per i primi 400 euro di multa (pagamento ridotto entro il quinto giorno dall’irrogazione della sanzione), mentre per gestori dei locali si prevede che “[…] dopo due violazioni commesse in giornate diverse, si applica, a partire dalla terza violazione, la sanzione amministrativa accessoria della chiusura da uno a dieci giorni.” Una importante precisazione riguarda i centri termali: “chi vi accede esclusivamente per usufruire dell’erogazione di prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza e per le attività riabilitative e terapeutiche non deve avere il green pass», pur essendo tenuto a presentare sempre la prescrizione del medico di base o dello specialista. Per eventi e competizioni sportive sono imposte limitazioni e protocolli di sicurezza, in assenza dei quali gli stessi debbono svolgersi senza pubblico: quando l’accesso è consentito è richiesto il green pass (stadi compresi). Il complesso delle nuove misure, che estendono notevolmente l’operatività del documento, ha causato molte discussioni, sia in ambito politico che da parte dei critici circa le misure adottate per contrastare la diffusione della pandemia. In particolare, per coloro che ribadiscono la non obbligatorietà della vaccinazione (salvo per la categoria dei sanitari), viene vista come l’introduzione di un obbligo indiretto, di fatto subordinando al possesso della certificazione l’esercizio di una serie di attività di primaria importanza, quali spostamenti, accesso a locali ed edifici scolastici, attività sportive e culturali.

Il green pass per gli stadi

Oltre al green pass negli stadi e nei palazzetti dello sport in zona bianca, il decreto prevede che «la capienza consentita non può essere superiore al 50% di quella massima autorizzata all’aperto e al 35% al chiuso», percentuale che il ministro Orlando ha fatto aumentare per andare incontro alle associazioni sportive. In zona gialla la capienza non può andare oltre «il 25% di quella massima autorizzata e, comunque, il numero massimo di spettatori non può essere superiore a 2.500 per gli impianti all’aperto e a 1.000 per gli impianti al chiuso». Restano validi i protocolli di sicurezza: ingressi e uscite separate e pre-assegnazione dei posti, con «modalità di assegnazione dei posti alternative al distanziamento interpersonale di almeno un metro». Quando non è possibile assicurare il rispetto delle condizioni previste dai protocolli, «gli eventi e le competizioni sportive si svolgono senza la presenza di pubblico».

di Paolo Arigotti

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