L’angolo dell’enogastronomia

Il Lievito madre, origini e uso quotidiano

Quando andiamo in pizzeria con gli amici, quando ci rechiamo dal fornaio per comperare il pane per la famiglia, quando ci ritroviamo davanti ad una torta squisita, non pensiamo mai al lavoro di preparazione degli impasti che danno origine a queste preparazioni, pensiamo solo a gustare al più presto il piatto prescelto, ma dietro ad ogni cibo che contiene farina e acqua c’è spesso il lievito.

La sua storia

Il lievito Madre ha origine nell’Antico Egitto, intorno al 3500 avanti Cristo, in cui fu scoperta la preparazione del primo pane lievitato, usando la prima versione del lievito madre. La morbidezza della consistenza fece sì che pian piano prese il posto del pane azzimo che era cotto su pietra subito dopo essere stato impastato con semplice acqua e farina, ma era basso, schiacciato, croccante, molto duro dopo qualche ora. La scoperta fondamentale degli Egizi fu quella di lasciar riposare l’impasto per qualche ora a temperatura ambiente ed osservarono che maggiore era il tempo, più la massa aumentava il suo volume, il profumo era molto gradevole e il prodotto era morbido, fragrante e gustoso: era nato il pane!

Chimicamente come è formato e come si crea un panetto di lievito madre.

Il primo tipo di lievito, in assoluto, è stato il lievito madre, che si compone di acqua, farina e un attivatore della fermentazione che può essere o del miele, o yogurt, o dell’acqua dell’uva passa, che favorisce lo sviluppo di batteri e fermenti lattici che producono la lievitazione naturale. Il lievito madre è un vero e proprio organismo vivente che cresce, ha un sistema immunitario, può riprodursi e può morire.

Il lievito madre ha in sé una serie di lieviti e di batteri che convivono e cooperano alla lievitazione. I batteri producono acido lattico, acido acetico, i lieviti contengono l’anidride carbonica che è necessaria per la lievitazione degli impasti.

Ogni lievito madre contiene diversi batteri e diversi lieviti, i produttori di impasti per analizzare il loro lievito madre e correggere l’errore, spesso si rivolgono ad alcune aziende che si occupano dell’assistenza tecnico-scientifica per il controllo e la gestione delle fermentazioni alimentari. Questo tipo di aziende si trovano facilmente con una ricerca on line. Per vedere cosa analizzano precisamente a caso è stato aperto il sito della Food Micro Team che riporta nei servizi offerti la seguente elencazione:

1. Ottimizzazione dei processi produttivi: interventi tecnici per monitorare, controllare, gestire le fermentazioni, prevenire i problemi;

2. Risoluzione problemi di processo: risoluzione problemi di fermentazione e di contaminazione microbica (es. arresti fermentativi, scarti eccessivi, problemi organolettici, shelf life corte, ecc.);

3. Innovazione: assistenza tecnico-scientifica per fare innovazione di processo/prodotto;

4. FoodMicroBank: possibilità di genotipizzare, caratterizzare, selezionare e conservare i ceppi microbici isolati dalle singole realtà produttive in modo da disporne per condurre i processi fermentativi;

5. Assistenza per progettazione, sviluppo e ottimizzazione di alimenti, loro etichettatura, piani di autocontrollo HACCP, redazione schede tecniche, sistemi di rintracciabilità, ecc.;

6. Servizi analitici: analisi chimiche e microbiologiche degli alimenti, analisi molecolari per identificare i microrganismi a livello di specie e di ceppo, metodi rapidi di detection microbica, elaborazioni statistiche;

7. Formazione del personale aziendale addetto alla gestione dei processi fermentativi.

Il lievito madre può essere creato in tre tipi di forme: solido, semiliquido e liquido o licoli. La differenza è data dall’idratazione.

 Ad esempio per formare quello solido si comincia con 50 grammi di farina e 25 di acqua più l’attivatore che può essere un cucchiaino di miele. Si lascia in un barattolo di vetro, dopo aver fatto una croce sull’impasto, per un paio di giorni segnando con un elastico il volume iniziale per controllare il raddoppio. Dopo un paio di giorni si butta la parte secca, superficiale, si pesa e si procede al rinfresco ovvero si usa la stessa quantità di farina del peso del lievito precedentemente formato, più la metà dell’acqua (il cucchiaino di miele non serve più), e si ripone nel contenitore e così via per un mese, quando si vede che il lievito è formato bene si può procedere al primo impasto del pane, essendo un lievito giovane può rilasciare un certo sapore acido che si supera inserendo quando si scioglie con acqua tiepida il lievito madre da mettere nell’impasto un cucchiaino di miele.

Il lievito madre semiliquido è formato da farina e acqua al 75% invece della metà della quantità della farina.

Il licoli o liquido, usato moltissimo in Francia, ma sta prendendo piede ultimamente in Italia, è al 100% di acqua rispetto alla farina, rapporto 1:1.

Le farine diverse e la loro forza utilizzata per prodotti diversi

Sui grandi lievitati, come Pandoro, Panettone, Colomba, i grandi maestri si dividono: per Igino Massari e per Rolando Morandin e la figlia Francesca il lievito deve essere solido, anche se alcuni chef moderni stanno dimostrando che anche con il licoli questi grandi impasti vengono bene.

C’è poi il rapporto della forza della farina indicata con una W e le proteine della stessa, si, perché non tutte le farine sono uguali, ma proprio mediante la forza si possono ottenere impasti che possono realizzare i grandi lievitati, rispetto alla semplice torta di mele o biscotti per la colazione.

Le farine sono composte all’incirca dal 64-74% di amidi e da un 8-15% di proteine. Grazie alle proteine le farine possono assorbire l’acqua e di creare la maglia glutinica che consente di formare un impasto forte per fare ad esempio il pane. Solitamente la prima cosa che si deve fare prima di impastare il pane è formare il glutine, quindi si bagna grossolanamente la farina con una parte dell’acqua che va nella ricetta, per poter avviare il processo del glutine. Dopo un’ora si può procedere alla ricetta.

Le due proteine contenute nella farina sono la glutenina e la gliadina. La prima forma, come sopra detto, la maglia glutinica che rende l’impasto elastico e capace di trattenere gli amidi e i gas durante la lievitazione, la seconda lo rende estensibile. La quantità di proteine contenute nell’impasto determina dunque la forza della farina.

Generalmente le case produttrici di farina scrivono nella busta della farina la forza W della stessa, quindi per i grandi lievitati la farina deve essere fortissima, si compra quindi la W380, certo, una farina più debole come una W 180 o 240 sarà adattissima a creare un impasto per un dolce, una torta, dei biscotti.

Possiamo dividere quindi la forza della farina per le varie tipologie d’impasto:

Per dei grissini, biscotti, pasta frolla la farina deve avere una forza fra W 90 e 180

Per alcuni tipi di pane e focaccia deve avere una forza fra W180 e 240

Per la pizza e il pane deve avere una forza fra W 240 e 340

Ma se il produttore non inserisce, come spessissimo capita, la forza della farina nella busta, l’acquirente può ricorrere alle proteine che sono sempre indicate nella tabella nutrizionale inserita nella busta della farina.

La Tabella qui di seguito riportata, presa da internet, dà la percentuale di farina che può essere utile ad individuarne la forza:

La farina con l’8-9% di proteine avrà una forza che oscilla tra i 90 e i 180 W (BISCOTTI, FROLLA, GRISSINI, PANATURE)

La farina con il 10-12% di proteine avrà una forza che oscilla tra i 180 e i 240 W (PASTICCERIA, PASTA, ALCUNI TIPI DI PANE, PASTELLE)

La farina con il 13-14% di proteine avrà una forza che oscilla tra i 240 e i 320 W (PANE, PIZZA E FOCACCE)

La farina con il 14,5% di proteine avrà una forza che oscilla tra i 320 e i 380 W (GRANDI LIEVITATI, PANETTONE, BABA’)

Il lievito madre in questo periodo di pandemia è stato molto utile, perché alcune persone costrette a casa per lungo periodo, si sono adoperate per farsi il pane.

Il lievito di birra

Altro tipo di lievito è il lievito di birra, che attualmente è più citato nelle ricette anche perché è utile per prodotti adatti a celiaci o intolleranti al glutine.

Questo lievito è molto più giovane del lievito madre, in quanto è stato scoperto nel 1680: utilizzando un microscopio, Leeuwenhoeck osservò i globuli del lievito di birra per la prima volta. Ma è stato solo nel 1857, grazie al lavoro dello scienziato francese Pasteur, che il processo di fermentazione è stato compreso. Pasteur era convinto che gli agenti responsabili della fermentazione fossero i lieviti: è riuscito a stabilire il ruolo chiave del lievito come microrganismo responsabile della fermentazione alcolica.

Conversione del lievito

Comunque chi vuole trasformare una ricetta con il lievito madre utilizzando al suo posto il lievito di birra e viceversa, può utilizzare una comoda tabella qui sotto riportata e ripresa dal sito Giallo Zafferano:

Sotto la tabella è scritto che con l’utilizzo del lievito madre variano anche le quantità di acqua e farina, in pratica si devono sottrarre 100 ml di acqua e 100 grammi di farina dalla ricetta.

Concludendo si può affermare che il lievito madre e ciò che gli gira intorno costituisce un vero e proprio mondo affascinante che può essere tramutato in una passione, attraverso la quale si esprimono i ricordi ancestrali dell’uomo.

di Francesca Caracò