La stabilizzazione del personale “comandato”: mistero doloroso.

È stata definita, per la prima volta, con il D.P.C.M. dell’11.7.2003, la dotazione organica complessiva (esclusa la dirigenza) funzionale ai compiti istituzionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. È stata così distinta la “pianta organica” in due “grandezze“, stabilendo il rapporto numerico tra il “contenitore” del personale di ruolo (tabella A) e il “serbatoio” del contingente del personale di prestito (tabella B).

L’art. 2 di questo decreto pose, tra l’altro un vincolo: il contingente del personale di prestito (530 unità) doveva essere gradualmente ridotto fino a raggiungere, entro tre anni dall’emanazione del decreto, una percentuale non superiore al 20 per cento della consistenza organica dei dipendenti di ruolo di cui alla Tab. A). Non risulta che tale riduzione sia avvenuta. Anzi, il contingente del personale di prestito si è quasi triplicato.

Ciò è avvenuto per coprire vacanze organiche e per avvalersi di funzionari con professionalità specifiche non rinvenibili tra il personale di ruolo, decisione questa resasi indispensabile dalla P.C.M. per l’esercizio delle proprie funzioni istituzionali.

Fatta questa premessa storica, il primo aspetto che balza evidente è che la Presidenza – rispetto a tutte le altre Amministrazioni statali che si avvalgono di personale pubblico in possesso di “speciale competenza” – ha definito queste unità non come “personale comandato” bensì come “personale di prestito“. Ed inoltre contrariamente ai Ministeri, la Presidenza ha predisposto, come detto in premessa, un apposito ruolo ed un preciso contingente. In sostanza, con un vero e proprio artifizio lessicale-terminoligico, il termine “comando” è stato mutato con l’artata locuzione “posizione di prestito”.

Con il marchingegno delle due sub-consistenze la PCM ha così mascherato il reale dato numerico degli impiegati necessario al funzionamento dei molteplici segmenti operativi dell’Amministrazione. Ha potuto così asserire che l’organico effettivo risulta esclusivamente significato nel personale di ruolo. E ha considerato, in tal modo, il personale in posizione di utilizzo temporaneo (di prestito) una sorta di mero “supporto temporaneo”  ai colleghi di ruolo.

Ciò determina una latente frustrazione di tale categoria di funzionari, già penalizzati in termini di “carriera” perché prestano servizio in amministrazioni diverse da quelle di originaria appartenenza. Costoro continuano a sperare in interventi legislativi e/o amministrativi volti a corrispondere alle loro legittime aspettative, intese a “stabilizzare” la loro posizione di sede di servizio, anche da decenni aleatoria. È palese che la questione vetusta ed iniqua ha i connotati di una pochezza politica e insensibilità sociale.

In tale contesto, purtroppo, si deve, con rammarico, constatare che il personale di ruolo e quello non di ruolo (una sorta di Guelfi contro Ghibellini) si è creato un diaframma di contrapposte situazioni di fatto di sottesi interessi e di posizioni divergenti. Questa situazione ha posto e pone non indifferenti difficoltà da parte delle OO.SS. aziendali nel contemperare le attese degli impiegati di ruolo e gli auspici del personale in assegnazione temporanea “sparpagliati” anche copiosamente nelle diverse articolazioni presidenziali.

Ad oggi, purtroppo non si riscontra una convergenza ed una sensibilità sociale nell’apportare una sorta di “sanatoria”ad una questione che si trascina penosamente da anni.

Gli emendamenti, che di volta in volta, diversi parlamentari hanno proposto, si sono infranti dinanzi alla miopia e all’indifferenza del Governo di turno.

Ma ciò che sconcerta deriva dal fatto che con il decreto legge n. 90 del 2005 è stato consentito al solo personale comandato presso il Dipartimento della Protezione Civile (figli… di un Dio maggiore) di essere stabilizzato. Beneficio precluso ai dipendenti c.d. di prestito presso i variegati Dipartimenti presidenziali perché, evidentemente, figli… di un Dio minore.

La storia si ripete. Infatti, un emendamento governativo all’ A.S. n. 1956 (solo dopo cinque anni) consente nuovamente sempre e solo, al personale comandato presso il Dipartimento della Protezione Civile, di chiedere di transitare nei ruoli organici della Presidenza.

Sul punto, si deve rilevare che l’emendamento A.S. n. 1956 proposto dai Senatori Fleres e Alicata è stato affossato da un “parere ostativo” espresso dal M.E.F.

Fermo restando che l’emendamento precisava, tra l’altro, che il personale comandato sarebbe stato trasferito nell’Amministrazione di destinazione mediante “…l’inquadramento nell’area professionale e livello economico corrispondente a quella posseduta presso le Amministrazioni di provenienza” e che “Le disposizioni di cui al presente comma non comportano nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”.

In sostanza si tratta di un provvedimento che non ha alcuna incidenza sulle casse dello Stato perché: redatto nel rispetto del limite dell’organico complessivo esistente; è una semplice “trasposizione fotografica” della posizione giuridico economica posseduta dall’impiegato trasferito da un’Amministrazione all’altra; è un’ operazione di mero trasferimento del trattamento economico complessivo dall’Amministrazione d’origine a quella di destinazione; è interessato soltanto il personale ministeriale e della Presidenza del Consiglio dei Ministri e, quindi, una partita di giro dei trattamenti economiciomnia comprensivi (stipendi e indennità di amministrazione), tra le Amministrazioni interessate, ciò ai sensi dell’8° comma dell’art. 17 della legge 192 del 2009.

La Ragioneria Generale dello Stato, stranamente, per la prima volta, è intervenuta e si è espressa negativamente, ma soltanto  per l’emendamento (FLERES – ALICATA) relativo al personale statale in servizio presso la PCM e i Ministeri, fuorviando così le Commissioni parlamentari.   Al contrario, inspiegabilmente, nulla ha osservato con riferimento ai costi connessi dell’immissione in ruolo dei comandati presenti presso il Dipartimento della Protezione civile.

Se da un lato, non può che esprimersi apprezzamento per la soluzione del problema con riferimento ai colleghi comandati della protezione civile, si ritiene, però, sommamente ingiusta ed immotivata la disparità di trattamento perpetratasi, per l’ennesima volta, nei confronti del restante personale in comando presso le altre strutture della PCM e dei Ministeri.

Ancora una volta, si registra una colpevole dimenticanza: al personale “temporaneo”, in servizio presso gli altri Dipartimenti della P.C.M. e presso le varie strutture ministeriali viene preclusa la tanto attesa regolarizzazione della loro posizione inerente alla sede di servizio. Con amarezza, non si può non constatare, lungi dalla retorica, che le leggi e le regole non sono uguali per tutti, vige la casta, le lobby, le norme ad personam, i compromessi…

In tale quadro è riscontrabile l’increscioso discriminatorio distinguo tra il personale comandato a seconda di dove questo svolga la propria attività lavorativa. Di conseguenza è palpabile l’enorme senso di indignazione, di sconforto e di frustrazione che avverte il collega comandato, che per l’ennesima volta vede svanire l’agognata stabilizzazione.

In conclusione: il problema trattato è eminentemente politico. Storicamente, infatti, è comprovato che se vi è una volontà politico-sociale “al di là del Governo in carica” tale problema si risolve positivamente.

Ed allora occorre, in un rigurgito di saggezza, lungimiranza ed opportunità sociale superare le logiche lobbistiche e ricercare un’intesa tra amministrazione e sindacati volta a pervenire ad una Presidenza funzionale, con un organico stabile e non più “virtuale” superando l’attuale anomala situazione che vede le Amministrazioni dello Stato e della Presidenza del Consiglio dei Ministri appesantite da doppi organici fondati sull’anacronistica distinzione tra “organico di diritto” e organico di fatto“.