La sostenibilità del sistema pensionistico

Tutti i Paesi ciclicamente adottano delle modifiche al sistema pensionistico per ridurre gli squilibri di lungo periodo. Questo ha causato la riduzione dell’assegno pensionistico e l’allontanamento negli anni della possibilità di accedere alla pensione.

In Italia il Presidente Draghi si trova a dover affrontare una nuova riforma, in vista della scadenza di Quota 100 che desta le preoccupazioni di tutti i lavoratori che devono affrontare lo scalone dei 67 anni previsto dalla riforma Fornero.

Il Presidente dell’INPS Prof. Tridico ha proposto l’uscita a 62 – 63 anni con la sola quota contributivo, a cui si aggiungerebbe la quota retributiva fino al 67 anno di età.

Ma Giuliano Cazzola, in un suo editoriale ha bocciato la proposta di Tridico in quanto secondo lui il Presidente dell’INPS “dovrebbe corredare la sua proposta con il requisito dei costi”. Infatti, ha ricordato che “per poter incassare la prima rata è previsto un minimo di contributi versati che i sindacati indicano con un periodo di almeno 20 anni, mentre i lavoratori, tuttora in numero prevalente, in regime misto, ovvero retributivo e contributivo, hanno nella seconda parte del montante, versamenti in generale compresi fra un minimo di 9 e un massimo di 25 anni. Quindi potrebbero verificarsi i seguenti casi: non avere abbastanza contributi per dare un minimo di consistenza alla prima rata, oppure, portarsi dietro, all’appuntamento con i 67 anni un’appendice retributiva della quale diventerebbe difficile calcolare il valore.” (Fonte Pensione Per tutti).

Le proposte dei sindacati a 62 anni e con quota 41 (anni di contribuzione) sembrerebbero ambiziose, infatti, Draghi deve fare i conti con Bruxelles che raccomanda all’Italia di dare piena attuazione alla Legge Fornero. Ma è probabile che siano accettate, infatti, il Ministero del Lavoro ha dato la sua disponibilità ad aprire un tavolo sulla previdenza, e già a luglio le previsioni sono favorevoli all’emanazione di un testo base per la riforma degli ammortizzatori sociali. I sindacati vogliono superare lo scalone della quota dei 67 anni, eliminando il concetto di quota e inserendo la pensione di vecchiaia a 67 anni con la possibilità, come sopra detto, di un pensionamento anticipato a 62 anni con quota 41.

Questo però comporterebbe comunque una riduzione dell’assegno.

Per una forma di giustizia i sindacati dovrebbero lottare anche per mantenere la pensione anticipata, senza tagli all’assegno pensionistico, prevista dalla Legge Fornero per chi ha raggiunto i 62 anni e 10 mesi di contribuzione per le donne e i 63 anni e 10 mesi di contribuzione per gli uomini. Questi limiti temporali con la riforma dovrebbero subire cambiamenti in via sperimentale inserendo l’opzione di 42 anni e tre mesi per le donne e 43 anni e tre mesi per gli uomini fino al 2026, si auspica che con questa fase sperimentale non ci siano tagli all’assegno, dopo tanti anni di lavoro!

Senza la quota 100 attualmente si potrà andare in pensione:

– Anche con solo 20 anni di contribuzione al sistema pensionistico obbligatorio e 67 anni di età;

– Con la pensione anticipata prevede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne, l’opzione sperimentale fino al 2026 sostituisce 42 anni e tre mesi per le donne e 43 anni e tre mesi per gli uomini.

Con Quota 41 per i lavoratori precoci;

Con l’Isopensione 2021, rivolta ai lavoratori delle imprese private con meno di 15 dipendenti e introdotta in via sperimentale per il triennio 2018-2020, l’art.1 co. 345 della L.178/2021 (cd. Legge di Bilancio 2021) ha esteso fino al 31 dicembre 2023 la possibilità di andare in pensione con questo strumento mediante il quale è possibile accedere al pensionamento anticipato qualora si raggiungano i requisiti minimi nei 7 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro;

Con i contratti di espansione, sempre per i lavoratori privati, strumento che sostituisce i contratti di solidarietà espansiva, che sono volti a favorire le riconversioni aziendali e le ristrutturazione degli organici, previsto dopo un periodo di sperimentazione per il 2021 dalla Legge di Bilancio 2021, l’INPS con circolare 48 del 24 marzo 2021 ha delineato gli aspetti operativi e procedurali relativi all’indennità mensile corrisposta ai lavoratori pre- pensionati. Si prevede un anticipo di uscita dal mondo del lavoro di 4/5 anni sulla pensione di vecchiaia;

Con Opzione Donna che probabilmente sarà prorogata fino al 2023;

Con Ape Sociale per disoccupati, caregivers e invalidi almeno al 74% (anche qui si è in attesa di conferma);

Con pensionamento a 63 anni di età e 36 di contributi per i cosiddetti lavoratori gravosi.

di Francesca Caracò