La provocazione contemporanea di Toiletpaper (Maurizio Cattelan – Pier Paolo Ferrari) in collaborazione con Martin Parr incontra la natura a Villa Medici

Dal 2 luglio al 31 ottobre 2021, le immagini psichedeliche e dissacranti della rivista Toiletpaper, nata nel 2010 dalla collaborazione tra Cattelan e Ferrari, si trasferiscono nei sontuosi giardini di Villa Medici a Roma, per una mostra dal titolo ”VillaToiletMartinMediciPaperParr”, evocativo di un connubio tra luogo ed autori.

Ad accoglierci è il Direttore dell’ “Academie de France”,  Sam Stourdzé, insieme ad Alicé Grégoire e Clément Périssé Direttore artistico e curatore dell’ evento . Con loro Pier Paolo Ferrari. In una familiare conferenza stampa ci introducono i temi e le modalità dell’allestimento della mostra, accompagnandoci nella visita, ma lasciandoci liberi nell’interpretazione.

E, in effetti, i labirintici giardini della Villa si rivelano essere cornice adatta e sorprendente di questo percorso fotografico che certifica e sottolinea in uno stile che si potrebbe definire  “dadabaroccocò contemporaneo”, l’epoca che stiamo attraversando, enfatizzando impietosamente i nostri eccessi , i nostri mali, ed incastonandoli in un luogo bucolico e teoricamente distante rispetto ad una operazione culturale di questo tipo, che invece ne decuplica l’effetto proprio per l’effetto distonico che ne deriva.

L’apparente aria di libertà che si respira in questo teatro al primo impatto, incamminandosi nelle stradine che seguono le siepi, viene sapientemente castrata nel momento in cui si girano gli angoli del percorso e ci si accorge che in effetti gli stessi sono bloccati da opere poste di traverso sul passaggio, con i primi attimi di spaesamento e riflessione, ad esempio su una mano che con estrema semplicità  fornita di pennello cancella letteralmente da un mappamondo una parte dello stesso, rimandandoci a quanto il nostro operare quotidiano, apparentemente inoffensivo, sia in realtà determinante e a volte catastrofico sul pianeta che ci ospita.

E questo modo  di  evidenziarlo, ostruendoci la strada, ci obbliga a fermarci e metaforicamente, ci indica che questo percorso non è provvisto di uscita.

Questi sentieri si aprono su delle ampie agorà racchiuse da queste siepi che trasmettono un senso rassicurante di familiarità ed accoglienza. All’interno delle stesse sono state allestite la maggior parte delle opere, ora in compagnia di antiche colonne romane, ora collocate sulle siepi stesse in un ordine museale, con la più ombrata di queste piazze “arredata” con delle sedie a sdraio , la cui tela diventa supporto per le fotografie stesse.

Ed è a questo punto del percorso, individuato l’obiettivo dell’ esposizione, che la visita diventa un’esperienza personale, perché ognuna di queste opere in realtà diventa uno specchio, nel quale puoi improvvisamente ritrovare te stesso, in una di queste manie, sbavature, debolezze, vizi od eccessi che si presentano davanti e che potrebbero non esserci totalmente estranei ; ci si imbatte ad esempio in una serie di immagini ridondanti di cibo, spesso malsano, protagonista assoluto della composizione fotografica, evidentemente rappresentato in forma ossessiva, e sicuramente questo, nelle varie sue declinazioni ( anoressia, bulimia, rifugio ) è uno dei mali della nostra epoca, passando poi per la vanità e la ricerca ossessiva della perfezione estetica, imbattendoci in donne alla ricerca dell’ eterna giovinezza, ed addirittura per osmosi il concetto stesso di vanità diventata “ equina e canina” con uno splendido puledro dotato di lunghe e bellissime extension, piuttosto che un piccolo maltese perfettamente celato dietro occhiali all ‘ultima moda.

Un assembramento di mani e  microfoni si lancia all’assalto di due probabili ( o piuttosto improbabli ) politici , che senza vergogna alcuna si presentano con due pezzi di carne tra  le mani, simbolo dell’ingordigia e dell’opportunismo.

Sono anche molto belli, tra le righe, i riferimenti ad artisti e fotografi del passato, con gli occhi che rimandano a Man Ray, e le bocche che riportano a Wasselman e Dalì.

Tra queste inquietante un’immagine che con un gioco di specchio, richiama la figura di Joker, altra riflessione possibile sulla gratuità ed assoluta indifferenza con la quale oggi si pratica qualsiasi forma di violenza.

Operazione sicuramente riuscita, che offre molti spazi interpretativi, a volte intuitivi, a volte frutto di riflessione, che sicuramente ti accompagna sulla strada del ritorno sia con qualche certezza che con qualche dubbio in più.

di Francesco Improta