La probabile estradizione di Julian Assange

Una lettera sottoscritta da vari esponenti della politica (tra gli altri del PD, M5stelle, LEU, gruppo misto) e del mondo del giornalismo e della cultura (tra gli altri Beppe Giulietti e Luciana Castellina) ha chiesto al ministro dell’Interno del Regno Unito, Priti Patel (Partito conservatore), di bloccare l’estradizione verso gli Stati Uniti del giornalista australiano Julian Assange, fondatore dell’organizzazione divulgativa indipendente WikiLeaks.

A seguito della pronuncia della Corte di Westminster, spetta difatti a Patel firmare o meno l’ordine di estradizione entro i prossimi 28 giorni. In caso di trasferimento negli USA Assange rischierebbe una condanna che potrebbe superare i 175 anni di carcere. I firmatari denunziano, in caso di accoglimento della richiesta statunitense, il pericolo per la stessa vita di Assange: attualmente il giornalista è detenuto in Gran Bretagna, dove è sottoposto a misure restrittive già dal 2010.

Gli americani chiedono di processare Assange per l’accusa di cospirazione per aver diffuso sulla sua piattaforma una serie di documenti riservati sulle guerre USA in Afghanistan ed Iraq: in pratica gli scritti conterrebbero le prove di vere e proprie stragi di civili e di una strategia di manipolazione dell’opinione pubblica europea, per distogliere l’attenzione dagli scenari conflittuali. I firmatari, rivolgendosi al governo britannico,  rappresentano che valori come la tutela dei diritti umani e della libera informazione, propri di ogni assetto politico di tipo democratico, risulterebbero gravemente minacciati dalla decisione di estradare Assange.

Non è questo il primo appello per il giornalista australiano. Diverse istituzioni e organizzazioni internazionali attive nella difesa e promozione dei diritti umani hanno chiesto la sua liberazione: il 4 dicembre 2015 un gruppo di esperti Onu ha definito arbitraria e contraria alle convenzioni internazionali la sua detenzione. Nel 2019 Nils Melzer, che si occupa di tortura per conto dell’ONU, ha paventato il pericolo di trattamenti o punizioni disumane, parlando di vere e proprie torture psicologiche; di pericolo per la vita di Assange ha parlato Agnes Callamard, relatrice speciale delle Nazioni Unite per le esecuzioni extragiudiziali, ricevendo l’adesione di Michel Forst, relatore speciale per la difesa dei diritti umani. Nel 2020 il commissario europeo per i diritti umani, Dunja Mijatovic, ha sollevato molti dubbi sulla legittimità della detenzione, che mette in pericolo valori come la dignità umana e la libertà di espressione. Il 10 dicembre scorso Christophe Deloir, Segretario generale di Reporter Without Borders (RWB), ha parlato di grossi rischi per il futuro della stessa libertà.

In conclusione, non si può che rinnovare un ulteriore appello in favore della libertà di espressione.

di Paolo Arigotti