Hanno suscitato un certo clamore le dichiarazioni dell’ambasciatore cinese in Francia, Lu Shaye, in quale in una recente intervista televisiva ha parlato dello status della Crimea, annessa dalla Federazione russa nel 2014 senza alcun riconoscimento internazionale; ad avviso del diplomatico tale status “dipende da come si vede questo problema. C’è la storia. La Crimea era all’inizio in Russia. È stato Kruscev a offrire la Crimea all’Ucraina ai tempi dell’Unione Sovietica. […] Questi paesi dell’ex Unione Sovietica non hanno alcuno status nel diritto internazionale perché non c’è alcun accordo che concretizzi il loro status di paesi sovrani”. Il riferimento agli stati nati dalla dissoluzione dell’URSS (pensiamo ai paesi baltici o alla stessa Ucraina) sembrerebbe metterne in discussione la stessa soggettività di diritto internazionale, tanto che sono state proprio Lituania, Lettonia ed Estonia, assieme alla stessa Francia, ad affrettarsi a replicare a tali affermazioni. Se Parigi, ribadendo l’illegittimità dell’annessione della Crimea del 2014, ha espresso costernazione per le parole del diplomatico, riservandosi di chiedere i dovuti chiarimenti, il ministro degli Esteri lettone ha parlato di dichiarazioni “completamente inaccettabili”. L’Estonia ha convocato l’ambasciatore cinese parlando di uscite “incomprensibili”, mentre il ministro degli esteri lituano ha confermato la diffidenza del suo governo per una eventuale mediazione cinese nel conflitto in corso. La stessa UE, per bocca dell’alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ha ugualmente criticato le dichiarazioni, ribadendo per quanto concerne lo stretto di Taiwan, al centro di note contese, “l’impegno europeo in favore della libertà di navigazione di quest’area assolutamente cruciale”.
A gettare acqua sul fuoco sono poi intervenuti la stessa ambasciata cinese a Parigi, che ha precisato trattarsi di mere considerazioni personali dell’ambasciatore, e lo stesso ministero degli Esteri di Pechino, che ha sottolineato il pieno riconoscimento della sovranità di tutte le repubbliche ex sovietiche. Al di là delle formule diplomatiche, l’episodio denota la sempre maggiore distanza tra i due blocchi, occidentale e russo-cinese. Pur avendo la Cina mantenuto una posizione di neutralità nel conflitto, è più che evidente che il sempre maggiore avvicinamento tra i due governi (la “amicizia senza limiti” confermata dal recente viaggio a Mosca di Xi Jinping) provochi la profonda diffidenza dei paesi Nato verso qualunque ipotesi di mediazione cinese.
I dubbi circa l’imparzialità del dragone, tuttavia, non cancellano un dato di fondo: il ritorno della Crimea sotto la sovranità ucraina, obiettivo più volte ribadito da Kiev, resta un’opzione poco aderente alla realtà, e con ogni probabilità lo status della penisola potrebbe trasformarsi in uno dei prezzi da pagare per porre fine alla situazione bellica. Che questo sia ritenuto giusto o meno, è un altro discorso.
di Paolo Arigotti