La partecipazione al sindacato.

In una società in rapido cambiamento, una maggiore partecipazione dei principali attori sociali al processo decisionale e all’attuazione delle politiche è una componente importante per stare al passo con i cambiamenti economici (liberalizzazione, globalizzazione), tecnologici (società dell’informazione), ecologici (sviluppo sostenibile) e sociali (maggior benessere e minori disuguaglianze).

La parola “partecipare” ha due valenze semantiche fondamentali: 1) partecipare come prendere parte ad un processo o ad un’azione; 2) partecipare come essere parte di un gruppo, di una comunità. Queste due dimensioni non variano indipendentemente l’una dall’altra perché tra loro esiste una forte associazione. Infatti la seconda è la precondizione perché la prima possa manifestarsi.

La partecipazione si presenta, di conseguenza, come un far parte che abilita ad agire per “esercitare un’influenza su un piano decisionale” .

Quindi, in senso lato, possiamo intendere con partecipazione anche e sopratutto il diritto a organizzarsi in sindacati e la libertà di intraprendere iniziative collettive in tutte quelle forme che caratterizzano le azioni portate avanti dai lavoratori organizzati (diritto di riunirsi, diritto di sciopero, ecc.).

La partecipazione sindacale, in particolare, si riferisce alla volontà di poter influenzare le decisioni politiche/organizzative che hanno una ricaduta su tutti i lavoratori.

Di conseguenza, perché i lavoratori decidano di partecipare, è importante che, singolarmente o associati, siano consapevoli di possedere dei diritti che permettano loro di influenzare le decisioni che si riveleranno vincolanti per tutti i lavoratori.

La consapevolezza dell’essere e voler far parte è importante negli stati democratici perché riflette la convinzione che un principio organizzativo della società è condiviso e cioè che, secondo precise regole, è possibile influenzare l’autorità, che deve essere flessibile e in grado di riconoscere e soddisfare le richieste (presentate secondo le forme condivise) provenienti da ogni strato della comunità.

Il concetto di sindacato è una definizione che abbraccia una pluralità di pratiche, di esperienze e di realtà differenti tra di loro spesso anche contrastanti.

Affrontando il tema del sindacato diventa fondamentale, però, parlare della questione della rappresentanza.

Tale tema è una sfida quotidiana per il sindacato anche alla luce del nuovo “decreto brunetta”, perché è proprio in questa sede che si deciderà se il sindacato potrà essere un attore protagonista nella società, anziché rimanere chiuso in una condizione di subalternità.

Il concetto di rappresentanza è una nozione modellata sul diritto comune dei privati ed è definita come quel “particolare meccanismo mediante il quale la volontà contrattuale viene formata ed espressa da un soggetto diverso da quello a cui sono immediatamente imputabili gli effetti giuridici dell’atto compiuto”. Mentre la rappresentatività è un “criterio di qualificazione o di selezione del soggetto legittimato a rappresentare” perché, si suppone, meglio degli altri. Da questa sintetica descrizione si può capire  come a volte tra rappresentatività e rappresentanza non ci sia una perfetta corrispondenza. Infatti possono esserci sindacati molto rappresentativi, ma al tempo stesso dei cattivi rappresentanti, oppure dei sindacati poco rappresentativi, ma che sappiano essere dei buoni rappresentanti nei negoziati.

 

La crisi delle forme tradizionali di partecipazione

In una recente inchiesta sui sindacati italiani è emerso che solamente un italiano su venti si sente rappresentato, è che questi ultimi hanno perso il contatto con il paese.

Adesso più che mai il sindacato si trova a rilanciare la sua sfida di rappresentanza a partire proprio dalla questione della democrazia e della partecipazione, che attualmente non può più godere di rendite di posizione o diritti di prelazione.

Dopo “l’indigestione” di politica degli anni’70, densi di conflitti politici e sociali, gli italiani (ma è un fenomeno riscontrato in tutti i paesi dell’Europa occidentale) si sono allontanati notevolmente dalla politica attiva ripiegando sul privato in tutto il periodo degli anni ottanta.

Lo studioso di scienze sociali, Albert Hishman, nel suo lavoro “Felicità privata e felicità pubblica” ha indagato le dinamiche del comportamento collettivo nelle società moderne e ha tracciato un andamento che è ciclico, mediato e orientato dai cambiamenti economici. Hirshman, studiando il rapporto tra crescita economica, benessere e partecipazione, individua un sostanziale ripiegamento nel privato quando le economie delle società sono in fase di espansione. Infatti, il cittadino investe tutte le proprie energie in una sorta di trance agonistica da “acquisto della felicità”, ma, quando, dopo questa prima fase di entusiasmo, il cittadino si rende conto che la felicità attesa non è arrivata, nonostante l’aumento dei beni materiali, la delusione per il privato innesca meccanismi che facilitano un ritorno all’impegno pubblico.

La chiave di lettura fornitaci dall’autore ci può aiutare, almeno in parte, a comprendere ciò che è avvenuto in Italia nell’ultimo ventennio. Infatti, gli anni ottanta sono stati caratterizzati da un progressivo allontanamento dalla vita politica attiva, ma negli anni novanta è iniziata un nuova fase di riavvicinamento dei cittadini, con caratteristiche del tutto differenti rispetto a quelle dei movimenti degli anni Sessanta e Settanta.

Questa fase vede anche un’importante fenomeno e cioè la nascita di nuove forme di partecipazione, comunemente definite “non istituzionalizzate” o “non convenzionali”, cioè forme di partecipazione “di protesta” completamente estranee ai partiti politici anche ha causa del progressivo processo di delegittimazione delle istituzioni.

In questa nuova forme di partecipazione, il cittadino agisce nel sociale, perché mosso da motivazioni personali e non più a seguito di direttive provenienti da organismi a lui sovra ordinati. La necessità di agire nel sociale, indipendentemente da ogni bandiera ed ideologia, è testimoniata anche dallo sviluppo molto rapido dell’associazionismo non politico ma culturale (ad esempio il volontariato). Infatti operare attraverso associazioni non ideologizzate dà agli aderenti la possibilità di agire attivamente come attori principali e secondo forme scelte autonomamente.

Le nuove forme di partecipazione quindi sono caratterizzate da modi di coinvolgimento che vedono un maggiore spazio ad una personalizzazione del contenuto partecipativo del singolo.

La sfida per il sindacato oggi è di conseguenza nel richiamare la felicità di sentirsi partecipe in uno sforzo finalizzato alla produzione di cambiamenti, contrastando un atteggiamento ormai dominante di osservare e comprendere la realtà, accompagnato però dalla tendenza a prenderne le distanze e, quindi, accettando passivamente la realtà così com’è, con scarsa partecipazione, rilegandosi sempre di più in ruoli da gregari.

La partecipazione può essere intesa come un’azione per l’appartenenza, per essere parte ma anche come investimento di energie per produrre cambiamenti all’interno della propria realtà organizzativa attraverso soggetti “autori” che la costruiscano, la modifichino.

La partecipazione sindacale diventa, secondo quest’accezione, un’azione collettiva seguendo non valori individualistici ma un lavorare per costruire un mondo migliore, lavorare per l’altro e anche lavorare per sé.

L’articolo presentato ha voluto porre l’accento sulla possibilità di una partecipazione equilibrata (intesa come diritto di “far proposte”) e più efficace, essendo il presupposto per una società democratica attiva. La partecipazione è di conseguenza uno strumento importante che può servire a conciliare il miglioramento delle prestazioni economiche e della competitività con maggiore equità, solidarietà sociale, pari opportunità, sviluppo sostenibile e qualità della vita.

In conclusione è necessario porre l’accento sull’impegno da mettere in atto per migliorare il coinvolgimento della base (cittadini e lavoratori) in modo da mettere l’accento sulla responsabilità, la trasparenza e la democrazia e studiare soluzioni più efficaci, che possano essere attuate con maggiore efficienza.