È in atto un processo di riordino che, da molto tempo ormai, interessa tutti gli Enti Pubblici e le strutture statali in una ottica di ridefinizione di compiti e prerogative compatibili con i risicati bilanci che questo Stato mette loro a disposizione.
Particolare importanza riveste questo processo nell’ambito della Croce Rossa Italiana, sia per il prestigio che per la storia che essa incarna, allorquando il meccanismo di riorganizzazione dell’Ente (esplicitamente previsto per legge) nel corso del tempo si è tramutato in una modifica sostanziale dell’assetto istituzionale della CRI, orientandosi fortemente verso una privatizzazione della CRI e la soppressione dell’Ente Pubblico.
Il sindacato FIALP CISAL non ritiene di dover entrare nel merito delle motivazioni che suggeriscono al Governo attuale la modifica dell’assetto istituzionale della Croce Rossa Italiana, né tantomeno pronunciarsi circa le deliberazioni che l’Associazione di Volontariato Croce Rossa Italiana tramite i propri vertici istituzionali riterrà di adottare, qualora siano espresse in linea con la normativa vigente.
Certo che un servizio così delicato come quello prestato dalla CRI sottratto al controllo, alla verifica e alla responsabilità del “pubblico” garante di regole certe, lascia piuttosto perplessi.
Dobbiamo rilevare però che, qualunque possa essere l’assetto istituzionale e l’articolazione territoriale ed organizzativa che l’Associazione CRI intenda darsi, esistono degli obblighi giuridici già assunti che riguardano il personale dipendente dell’Associazione stessa, inquadrati ad oggi come dipendenti pubblici dell’Ente Pubblico non Economico Croce Rossa Italiana.
Si deve anche sottolineare che tutto il personale di CRI (sia quello a tempo indeterminato che quello precario) è stato regolarmente assunto tramite concorsi pubblici per le esigenze rappresentate nel corso degli anni proprio dai vertici CRI, siano stati essi politici che amministrativi, per adempiere alle funzioni proprie dell’Ente CRI.
Con diverse modalità sono stati determinati i contingenti relativi al personale militare di CRI, alcuni ripetutamente richiamati per anni per fare fronte alle emergenze che via via si sono succedute nel nostro Paese.
In questa ottica, nel corso degli anni, si è provveduto a rendere gli organici dell’Ente CRI aderenti a queste necessità: 4.000 lavoratori tra personale civile e militare sia di ruolo che “precario” che all’interno delle ipotesi allo studio del Governo non trovano alcuna garanzia, sia per i livelli occupazionali che per i servizi da erogare ai cittadini.
È importante fare invece alcune considerazioni circa uno dei punti nodali del Decreto presente allo studio del Parlamento, e cioè quello relativo alla situazione del finanziamento pubblico della Croce Rossa.
Il finanziamento pubblico erogato all’Ente Croce Rossa Italiana, che si prospetta (su indicazioni del MEF) su una cifra vicina ai 120 milioni di euro, viene concesso con il preciso intento di finalizzarne l’utilizzo per i compiti ausiliari in ambito sanitario svolti storicamente dalla CRI (per es. servizi di 118), così come oggi previsto dallo Statuto dell’Associazione.
Bisogna sapere che, come ipotizzato nella Bozza di Decreto, si configurerebbe un altro tipo di finanziamento alla “nuova” Associazione di Croce Rossa Italiana perché, all’interno delle convenzioni internazionali attualmente esistenti, un Governo che ritenga di costituire ed utilizzare nel proprio territorio nazionale una struttura con la denominazione “Croce Rossa” (sia essa di natura pubblica o privata), provvede al suo finanziamento in ragione dell’utilizzo del simbolo stesso di Croce Rossa, a garanzia del rispetto dei nobili principi ispiratori della Croce Rossa.
Quindi dobbiamo far rilevare che un finanziamento pubblico all’Associazione CRI potrebbe essere del tutto indipendente dall’assetto istituzionale individuato dal Governo per la struttura nazionale di Croce Rossa (erogato per l’uso del simbolo), ma non avrebbe nulla a che vedere con l’attuale contributo statale attualmente erogato all’Ente Pubblico Croce Rossa Italiana per lo svolgimento di funzioni delegate, finalizzato all’integrazione dei servizi di competenza del Servizio Sanitario Nazionale, così come disposto dalla legge 833 del 1978.
Oggi, in un’ottica di ottimizzazione delle risorse, la FIALP CISAL ritiene che si debba prevedere una reinternalizzazione dei servizi erogati in questione, mantenendo la finalizzazione del contributo ed il mantenimento della qualità dei servizi erogati, in sinergia con gli uffici erogatori dislocati a livello regionale.
Quanto sopra chiarisce anche la sempre più spesso invocata invariabilità di spesa a carico dello Stato, in quanto un qualsivoglia dipendente pubblico, nell’ipotesi di un cambio di comparto all’interno del circuito dell’amministrazione pubblica, rimane a costo invariato.
Non può essere una risposta accettabile l’apparente risparmio di un contributo statale che riduca solo il personale impiegato nei servizi di urgenza/emergenza propri della CRI, con una evidente pesante ricaduta sulla qualità dei servizi erogati ai cittadini.
La FIALP CISAL ritiene che tutto il personale di Croce Rossa Italiana, sia civile o militare, di ruolo o precario, collegato ai servizi pubblici che non possono e non debbono subire una contrazione peggiorativa (vedi servizi di emergenza/urgenza 118, Centri Educazione Motoria, Centri Identificazione Espulsione, Centri Assistenza Richiedenti Asilo, etc) debba essere trasferito agli Enti titolari dell’erogazione dei servizi stessi (SSN e Regioni), contestualmente al contributo statale precedentemente erogato, eventualmente in deroga alle norme della c.d. spending review,
Tale operazione, mantenendo una evidente invarianza di spesa, consentirebbe l’utilizzo di personale altamente professionalizzato nello svolgimento dei servizi sanitari, conservando la finalizzazione dei contributi statali e garantendo quei livelli quali-quantitativi di assistenza alla cittadinanza, senza una loro riduzione significativa.
In questa ottica, analogo percorso sarebbe individuabile anche per quel personale e quelle dotazioni strumentali correlate allo svolgimento di altre attività specifiche precedentemente individuate (per esempio la “governance” delle emergenze in sinergia con la Protezione Civile).
In merito al personale a tempo determinato, ormai in servizio continuativo presso la CRI da oltre 10 anni, va sottolineato che esso è stato assunto, tramite regolari selezioni pubbliche, per consentire all’Ente CRI di poter fare fronte ai quei compiti istituzionali di funzioni sussidiarie dei poteri pubblici relativi alle specifiche competenze sanitarie delle regioni, a seguito della legge 833 di riforma sanitaria.
Questo personale ha svolto con continuità compiti pubblici ed ha titolo alla sua stabilizzazione in quanto iscritto, nella stragrande maggioranza, negli elenchi del personale stabilizzabile all’interno delle Pubbliche Amministrazioni, così come previsto dalle Leggi Finanziarie e come anche confermato dall’Autorità Giudiziaria (oltre 46 Giudici del Lavoro e svariate Corti di Appello) nelle numerose sentenze esecutive che obbligano l’Ente CRI alla immissione in ruolo dei ricorrenti cui l’Amministrazione di CRI ad oggi, inopinatamente, non ha adempiuto.
Riteniamo indispensabile che il personale precario di CRI, altamente professionalizzato e fortemente orientato ai servizi sanitari e socio-sanitari (specialmente in riferimento alle funzioni 118 di urgenza/emergenza, alla Rieducazione Motoria ed ai servizi Centri Identificazione Espulsione e Centri Accoglienza Richiedenti Asilo), possa continuare a svolgere proficuamente il proprio servizio alla popolazione italiana.
Questo servizio di responsabilità pubblica non cesserà solo perche alla CRI si intende assegnare un nuovo assetto istituzionale ed organizzativo, rendendola di fatto privata.
Questi servizi, patrimonio professionale e storico della Croce Rossa Italiana, potranno continuare ad essere fruiti dai cittadini italiani solo se queste professionalità non andranno disperse, per esempio tramite l’assegnazione alle strutture sanitarie pubbliche di competenza territoriale, con il trasferimento sia delle competenze economiche statali, sia delle dotazioni strumentali connesse al servizio.
Dopo anni di “vacche grasse” nei quali si tendeva ad esternalizzare servizi anche primari, oggi le condizioni sono radicalmente cambiate e si sta ripensando una logica di maggior rigore che preveda una reinternalizzazione dei servizi, anche in una logica di efficienza, efficacia ed economicità, nonché di stretto controllo delle spese, con un particolare riguardo ai rapporti costi/benefici dei servizi erogati.