Istat, disoccupazione giovanile

L’attuale tasso di disoccupazione giovanile, secondo gli indici ISTAT, risulta pesare, principalmente, sul meridione d’Italia, tant’è che è scesa al 20,3% ed è maggiormente sentita nella fascia di età dai 25 ai 34 anni. Emergono difficoltà individuali incentrate sulla chiarezza dell’attività da intraprendere. Ragioni ostative, involontarie ed oggettive sono, invece, strettamente legate alle critiche condizioni socio-economiche del mercato del lavoro. Oggi sul decremento occupazionale grava fortemente la crisi pandemica. Il crollo dei consumi ha prodotto effetti recessivi sulla domanda di lavoro ed un generale clima di sfiducia ingenerando una disoccupazione “strutturale”. Tuttavia, è pur vero che, il livello di occupazione di una nazione si misura su diverse variabili: oggettive, soggettive, motivazionali, economiche, volontarie, indotte.

Le soggettive sono le principali cause della disoccupazione giovanile, imputabili esclusivamente al comportamento ed alle scelte dei datori di lavoro che preferiscono reclutare personale preparato, dotato di esperienza e professionalità, emarginando le giovani leve a cui riescono a garantire al massimo sporadiche giornate di lavoro, tra l’altro richieste in “nero”, senza alcuna garanzia contrattuale! Questa prassi, ormai consolidata, abbatte le aspettative di crescita dei giovani, il più delle volte costretti ad arrangiarsi per “tirare a campare”. Va di moda reclutare il personale giovane tenendolo “in prova” per qualche giorno, per poi liquidarlo di lì a poco, senza erogare alcun compenso, motivando di non aver superato il periodo di prova, seppure dopo averne utilizzato, impunemente, le giovani risorse per fronteggiare emergenze aziendali da carenza di organico o per attività produttive che richiedono un maggior numero di personale occupato. Solo i più scaltri si sottraggono alla gogna del caporale di turno denunciando lo sfruttamentoall’Ispettorato del lavoro territorialmente competente. Sono ancora troppi, invece, i giovani che accettano, anche per lunghissimi periodi, penose condizioni occupazionali, nella speranza che il datore si decida a regolarizzare il rapporto. Lo scenario non cambia nemmeno quando vengono assunti, visto che i contratti di lavoro sono part-time, ma viene, normalmente, richiesto anche lo svolgimento di un orario di lavoro suppletivo, massacrante e faticoso, soggetto a turnazioni, anche notturne, a fronte del pagamento di poche ore contrattualizzate. Per non parlare degli imprenditori che si accingono alle assunzioni solo in caso di totale sgravio dei contributi. Propongono assunzioni a tempo indeterminato per poi licenziarli per giusta causa, prima della cessazione del termine di durata dell’agevolazione contributiva, ma dopo averli assunti con l’aiuto che lo Stato dà al fine di garantirgli un’occupazione per la vita.

di Angela Gerarda Fasulo