Intimazione di licenziamento, forme e tutele

Nell’ambito delle dinamiche evolutive del rapporto di lavoro, il licenziamento ha, sicuramente, deleteri effetti dirompenti.

Normalmente è lo stesso datore di lavoro ad intimarlo, a meno che non deleghi tale adempimento ad un suo rappresentante o ad altri soggetti, che in virtù dei poteri individuabili nell’organigramma aziendale ne siano parimenti legittimati.

Ne deriva, pertanto, che lo stesso sarà annullabile su azione del datore di lavoro, ove sia intimato e disposto da soggetto non qualificato all’esercizio di tale potere,  a meno che l’unità datoriale non ritenga di convalidarne e ratificarne gli effetti ai sensi dell’art.1399 c.c.

Il licenziamento, normalmente, viene comunicato con forma scritta, a pena di invalidità del medesimo e contiene le ragioni che lo hanno determinato: talvolta, soggiace ad ulteriori formalità, in base al contratto collettivo di appartenenza.

È preceduto da congruo preavviso, o da indennità sostitutiva dello stesso.

È prevista una procedura a tutela del lavoratore, che deve poter esperire le proprie legittime  azioni difensive, ove lo stesso venga disposto per giustificato motivo oggettivo.

Più in dettaglio il datore di lavoro ha l’obbligo di notificare per iscritto l’eventuale violazione comportamentale al dipendente, che ha facoltà di fornire, entro il termine massimo di 5 giorni, ogni idonea giustificazione a tutela.

Decorso infruttuosamente tale termine ed ove il datore di lavoro non valuti  idonee le giustificazioni del dipendente,  procederà ad effettuare il licenziamento.

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo –  disposto all’interno di un complesso datoriale che abbia i requisiti dimensionali rientranti nell’ambito della tutela reale – per avere validità giuridica dovrà essere preceduto da una fase preventiva da svolgere davanti all’Ispettorato del lavoro, ove si tenterà una conciliazione al fine di poter trovare delle alternative utili ad evitare il licenziamento: la stessa darà al lavoratore il diritto di accesso alla NASpI solo in caso di risoluzione consensuale.

di Angela Gerarda Fasulo