In Cina non esiste solo il partito comunista

Una curiosità che riguarda il sistema politico cinese, assai complesso e molto lontano dai modelli occidentali, è data dall’esistenza di altri partiti politici. Per quanto possa sorprendere e fermo restando il ruolo centrale del partito comunista (sancito dall’art. 1 della Costituzione), lo stesso Xi, parlando nel 2018 dinanzi all’assemblea nazionale del popolo, disse che: “sostenere la leadership del Partito Comunista Cinese non significa rinunciare alla democrazia, ma significa creare una forma di democrazia più ampia ed efficace”. La “apertura alla democrazia” in chiave cinese si incentra sulla Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese (CPPCC), organismo fondato nel periodo della guerra civile (1945-9) e rimasta in attività dopo la fondazione della Repubblica popolare (1^ ottobre 1949). La conferenza riunisce 2.100 delegati (che esprime un Comitato Permanente di circa 300 membri), designati da diversi partiti politici, sindacati cinesi ufficiali, gruppi professionali e commerciali, minoranze etniche e singole personalità appositamente selezionate. La CPPCC esercita funzioni eminentemente consultive e si riunisce una volta all’anno, in concomitanza coi lavori della sessione plenaria del Parlamento cinese (cosiddetti “due incontri” o lianghui), col compito di esercitare una “supervisione democratica sul potere politico”. Non occorre, però, cadere nella trappola di formule tanto altisonanti, quanto prive di reale significato. La scelta dei componenti della Conferenza avviene pur sempre sotto il controllo del PCC, così’ come il suo presidente è un uomo di apparato, che in genere siede nel Politburo: per la cronaca il nuovo presidente sarà il già menzionato Wang Huning. I partiti rappresentati nella conferenza (tutti legalmente “registrati”) sono i seguenti: il Kuomintang cinese (RCCK), fondato nel periodo della guerra civile; la Lega Democratica Cinese (CDL), composta per lo più da intellettuali e scienziati; l’Associazione di Costruzione Nazionale Democratica della Cina (CNDCA), di cui fanno parte più che altro industriali e uomini d’affari; l’Associazione Cinese per la Promozione della Democrazia (CAPD), di estrazione culturale;  il Partito Democratico dei Contadini e dei Lavoratori Cinesi (CPWDP), prevalentemente intellettuali, come la Società 3 Settembre; il Partito della Cina per la Giustizia e l’Interesse Pubblico (Zhi Gong Dang), che rappresenta  i cinesi d’oltremare tornati in patria; la Lega Democratica di Taiwan per l’Autogoverno, la voce dei taiwanesi che vivono sul continente. Tali forze politiche, chiamate “vasi di fiori” per sottolinearne l’aspetto decorativo, non hanno tanto funzione di partecipazione democratica, quanto di favorire gli interessi personali o professionali di chi ne fa parte. Il che non ha impedito a diversi esponenti di avere accesso – specie a partire dagli anni duemila – a ruoli parlamentari o incarichi ministeriali, anche di una certa importanza: è il caso di Shen Junru, noto giurista, chiamato a presiedere la Corte suprema del popolo, massima istanza giurisdizionale del paese.

di Paolo Arigotti